The captains of the Boring Nering, Amsterdam, 1643, SK-C-394 The captains of the Boring Nering in Amsterdam in 1643, seated in chairs around a table
Claude il procuratore fiscale
Il figlio del mercante Mathieu Didier Junior e di Salomea Des Olles, Claude, sarà procuratore fiscale del Vescovo di Moriana,
carica che con il fisco come lo intendiamo noi c'entra molto poco, essendo in realtà un pubblico ministero.
Le toghe all'epoca contano moltissimo.
Claude e la consorte Angelique Varcin
Claude Didier
Claude: cenni biografici
IV CLAUDE (batt. a St. Jean de M. Notre-Dame il 13 Ottobre 1663; morto a St. Jean de M. St. Cristophe il 10 Giugno 1704). Spect. Egr Notaio a Saint Jean de Maurienne, procuratore fiscale episcopale nel 1698. Sposa il 6 Giugno 1687 Angélique Antoinette Varcin, batt. a St. Jean de M. il 3 Agosto 1668, figlia di Pierre, procuratore fiscale del duca e Antonia Cristin. Angélique veuve egr. François Michaelis
Note:
8 naissances de 1688 à 1703
fils de Mathieu
Morte
inventaire 1705
Note di famiglia
Nota dell’individuo: Claude
st Jean 01/02/1715 Partage entre les 3 fils héritiers universels Jacques, Barthelemy et Claude, citant la veuve Angélique Varcin
Nascita
Matrimoni Angélique VARCIN
Angélique veuve egr. François Michaelis
8 naissances de 1688 à 1703
Angelique Varcin
Anegelique Varcin: Cenni biografici
Angélique Antoinette Varcin, batt. a St. Jean de M. il 3 Agosto 1668,
figlia di Pierre, procuratore fiscale del duca e Antonia Cristin.
Angélique sposa in prime nozze l'egr. François Michaelis di cui rimane vedova.
Angelique Sposa in 2 nozze il 6 Giugno 1687 Claude Didier, procuratore fiscale del vescovo.
Suo fratello era Antoine Varcin, Juge-maje, giudice maggiore di Maurienne,
e sposato a Julliet Cuillerat, che rimasta vedova dovette affrontare un lungo processo per evasione fiscale.
Professa nel monastero di Sainte Claire de Moutier, dove muore.
Quella casa in rue de l'Orne che sa di pane fragrante
La casa di Claude, in Saint Jean de Maurienne, odora sempre di pane fragrante per via del panificio vicino, ha grandi scuderie, stalle, giardino e un grande salone con un maestoso letto a colonne.
A questo si aggiunge un patrimonio di proprietà terriere.
Un piccolo bauletto prezioso.
In un piccolo baule prezioso che Claude tiene nella camera da letto ordinaria (Il grande letto a colonne
nel salone serve per ricevere e impressionare gli ospiti), sono conservate le preziose pergamene. La nomina a procuratore fiscale e altre
nomine del genere. Il suo benefattore è il Rerendissimo signore Messere Francois-Hyacinte de Valpergie Masino, vescovo e principe di Moriana,
abate di Saint Pierre au Mont, della città di Chaumot, commendatore dei Santi Maurizio e Lazzaro
Il principe Vescovo François-Hyacinthe de Valpergue de Masin
François-Hyacinthe de Valpergue de Masin, in italiano Francesco Giacinto Valperga di Masino, è nato il 3 aprile 1656 a Torino
e morto il 7 settembre 1736 a Torino. Vittorio Amedeo II di Savoia lo nominò vescovo di Maurienne il 12 maggio 1739.
Prese possesso della sua sede nell'agosto dello stesso anno.
Il re Luigi XIV lo ordinò priore dell'abbazia di Saint-Pierre di Chalon-sur-Saône.
Ricevette anche la nomina da Vittorio Amedeo II di Comandante dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Dopo la morte senza erede del fratello Conte Carlo Franco Giuseppe,
il Vescovo Francesco Giacinto chiese di essere investito della baronia e della contea di Masino,
e di beneficiare dei diritti, delle giurisdizioni del suo defunto fratello.
Diventò così principe del Sacro Impero.
In Maurienne dovette affrontare un lungo periodo di conflitto tra il regno di Francia
e gli Stati di Savoia che portò diverse invasioni e occupazioni.
A lui si deve la costruzione nel 1753 del seminario maggiore di Saint-Jean-de-Maurienne,
come il restauro della sacrestia della cattedrale Saint-Jean-Baptiste di Saint-Jean-de-Maurienne.
Le sue armi erano: "fascé d'or e rosso di sei pezzi, con il" gambo di canapa strappato verticalmente che si sgretolava "su tutto".
Francesco Giacinto Valperga di Masino morì il 7 settembre 1736, nel suo cinquantesimo anno da vescovo.
Lasciò in eredità alla cattedrale un grande crocifisso d'avorio.
Il suo corpo è depositato nella cappella Saint-Joseph della cattedrale Saint-Jean-Baptiste di Saint-Jean-de-Maurienne,
già di Gesù, proprio come il suo successore Ignace-Dominique Grisella de Rosignan.
Quest'ultimo in realtà non venne designato alla sede di Saint-Jean-de-Maurienne, lasciandola vacante Sede fino al 1741.
Claude come dimostra un atto del 1697, con il Vicario dell'abazzia di San Antonio di Ranverso in Italia,
appartenente all'Ordine di Sant'Antonio nel Delfinato Francese e che fa risalire le sue origini a Guigue Didier de la Motte,
avrà il titolo di "Sieur" signore.
11.Maggio Procura fatta dal Signor Vicario di Sant’Antonio di Renvers, Canonico D. Giambattista Artaud,
in capo del Signor Claudio Didier Procuratore e Cittadino di Moriana per tutte le cause di detti Padri.
Una ben avviata attività notarile
Claude è noto per la sua attività di notaio. I suoi clienti erano in genere alti nobili che occupavano cariche alla corte
del Duca di Savoia, davanti a lui passavano atti di matrimonio, regolazioni di beni. Ma anche tra i clienti vi era gente senza notorietà alcuna
e tra di loro persone incapaci di scrivere o firmare. Così apprendiamo dal suo "minutaire" come veniva chiamato l'indice degli atti che redigeva.
Forse
il più importante di questi atti è stato il Processo verbale dell'Assemblea dei nobili di Moriana per nominare dei deputati
per la "capitationne", una imposta eguale per tutti, ordinata dal re di Francia Louis XIV che occupava allora la Savoia.
L'Assemble si tenne
nella sala della Maison de Ville de Saint Jean de Maurienne in presenza di M. Deniest, cavaliere di San Luigi, capitano
dei granatieri, comandante il regimento de Tierache, il 10 febbraio 1695
Il lavoro di procuratore fiscale, ha poco a vedere con il Fisco essendo un pubblico ministero di oggi.
Abraham Bosse, 1602-1676. [The prosecutor’s study]. [Paris] : Le Blond, [not before 1633]. Folger ART 230- 993
Un pubblico ministero in piedi dietro una scrivania in un angolo del suo ufficio, parlando con una donna che tiene un documento in mano. Due uomini sono in fila dietro la donna con il documento, un'altra donna entra dalla porta e un altro uomo è visibile oltre la porta nell'atrio principale. Un ragazzo è chino su un cesto posato per terra. Il cestino ha uno schienale alto e dritto e una cinghia attaccata. Un coniglio morto è appeso alla schiena e un mucchio di frutta è sul pavimento alla sua base. Sulla scrivania ci sono fasci di carta e utensili per scrivere. Foglietti di carta sono attaccati al muro dietro la scrivania insieme a un almanacco per l'anno 1633. Alle pareti sono appesi anche sacchi etichettati contenenti documenti e uno scaffale pieno di libri. Due galline e un cesto di uova riposano alla base della scrivania del pubblico ministero.
Il lavoro di Procuratore Fiscale
Il procuratore fiscale equivaleva al pubblico ministero, rappresentante dell'azione pubblica.
Questi uomini costituivano la composizione ordinaria della sede della giustizia,
senza contare i necessari ausiliari e scagnozzi, impiegati e sergenti (ora ufficiali giudiziari),
avvocati, notai, ecc.
Per i giudici inferiori vi era una competenza feudale, una competenza civile estesa e alcune attribuzioni amministrative o di polizia;
Per i tribunali di mezzo, riconosce anche una certa giurisdizione penale, una più ampia giurisdizione di polizia e una giurisdizione informale.
La protezione dei Santi all'epoca conta moltissimo
I Santi protettori della famiglia, sono quelli degli antenati recenti, San Francesco di Assisi, San Francesco di Sales.
Le loro immagini, come quelle del Vescovo e di Cristina di Francia sono ben in vista nel salone della casa di Claude.
Manca il ritratto del duca di Savoia. I Didier erano stati partigiani più di Enrico IV re di Francia, che del Duca di Savoia Vittorio Amedeo II
e del suo illustre predecessore Carlo Emanuele II di Savoia.
Claude intrattiene gli ospiti mostrando loro con orgoglio i grandi volumi della Bibbia Vulgata stampata in latino, che erano già di suo padre. Parla volentieri di teologia, tra i suoi libri ci sono testi messi all'indice, roba da rogo.
Al contrario della politica Ducale, nei tempi impegna in una spietata guerra ai calvinisti e Valdesi, i pensieri dei Didier sono più aperti, San Francesco di Sales insegna, il dialogo deve prevalere sull'intolleranza.
Dove abitava Claude
Rue de L'Orme
Scendiamo alla principale e meglio
conservata delle antiche vie della città,
allora la più trafficata, ora la più deserta.
Nei documenti dell'epoca porta nomi
diversi da: rue tendant à l'Orme, de l'Orme, rue du
Plâtre (1), rue du Four-du-Plâtre, nel mezzo
della strada era, in fondo a un vicolo, la casa e
la roccaforte del nobile Sauvage (proprietà Grange).
Rue de l'Orme porta a Place du Marché.
Era allora la rue o place du Bornel-de-la-Pierre, più piccola di oggi;
la fontana ha mantenuto questo nome e la sua acqua era rinomata, perché
non provenendo da Bonrieu, aveva un gettito
costante e non si trasformava in fango
annacquato, come quella di altre fontane, quando
pioveva da qualche giorno. Questo posto
prosegue via rue Beauregard, ampliata alcuni anni fa;
in fondo c'erano i palazzi
Baptendier e du Pont e la chiesa di Saint-Christophe.
(1) Carreria Plastri seu Ulmi
Rue de l'Orme
La rue de l'Orme segnata in una antica mappa di Saint Jean de Maurienne
La rue de l'Orme segnata in una moderna mappa di Saint Jean de Maurienne.
Rue de l'Orme
Collegio Lambert, ospedale e pellegrinaggi
Collegio Lambert come appariva agli inizi del novecento
Un pellegrino del XVII secolo
×
Collegio Lambert e pellegrinaggi
La città di Saint-Jean era adornata da un collegio dove
insegnavano belle lettere e filosofia. Fondato dal
Vescovo de Lambert, dai sigg. Canonici Bonjean, Collomb e
M. Jovencel, dal parroco di Pont, che ne affidò l'amministrazione
ai reverendissimi vescovi, a due degli antichi canonici
e ai tre amministratori comunali. Con il nuovo sistema
studi, ispirato all'assolutismo, il re nel XVIII secolo lo pose, come gli altri collegi, sotto la
giurisdizione del riformatore dell'Università di Torino, e stabilì
un riformatore nella provincia, che aveva il compito d'ispezionare
tutto ciò che era del buon ordine degli studi.
Ospedali per pellegrini e ospedali per malati
Esistevano dodici o tredici ospedali nella diocesi per
pellegrini e malati; quello di Saint-Jean era il principale,
ricco di più di L. 5.000 di rendite, sotto la direzione di una
confraternita e del Juge Maje, dell'avvocato fiscale, del guardiano dei cappuccini, di due sacerdoti,
un avvocato e sette od otto consiglieri, oltre al priore della
confraternita. Era stato il juge-maje Varcin, nemico giurato del
Reverendo Vescovo e del Capitolo, che lavorò alla
disposizione di questa direzione e fatta approvare con
decreto del Senato del 15 aprile 1698. È ancora da notare
come l'amministrazione degli ospedali e degli altri
luoghi pii dipenda in tutto dal potere secolare e di come
Vescovo e Capitolo e autorità ecclesiastiche ne siano esautoriati.
Ospedale per pellegrini
L'ospedale
fu fondata il 10 gennaio 1535, per testamento del nobile Jean - François
Dupont, signore di Villaret. C'erano ospedali per pellegrini, e
i pellegrinaggi cessarono alla fine del 1600. I pellegrini, che
prima attraversavano la Maurienne, sempre mendicando,
portavano un cappello basso ad ali larghe, indossavano una pellegrina di tela cerata sulle spalle, abbottonata sul davanti e rifinita con uno o più
diverse file di conchiglie Al centro del vestito pendeva un
crocifisso più o meno grande. Il pellegrino teneva in mano un lungo bastone,
ferrato all'estremità inferiore, munito di chiodi di ferro o di ottone per tutta la sua lunghezza e sormontato da un oix. Portavano anche una piccola borsa
sulla schiena come i soldati e una gourde in satoire. Lo scopo di questi
pellegrinaggi, come risultava dai lasciapassare di cui erano sempre forniti i pellegrini, era o il compimento di un voto che era loro personale, o era stato fatto da un membro della loro
famiglia, impossibilitato a fare il viaggio, o a chiedere la grazia
Divina. Andavano a visitare i luoghi santi, la tomba di San Pietro in
Roma, la Madonna di Loreto, Santiago de Compostela in Spagna
ecc. Ricevevano ospitalità molto facilmente. Spesso loro
non l'avevano nemmeno chiesto, la gente la offriva a loro, perché piaceva ascoltarli raccontare i loro viaggi. Questo costume severo e allo stesso tempo bizzarro nascondeva spesso uomini di grande intelligenza e di alta distinzione.
Erano generalmente molto sobri, non soggiornavano quasi mai e viaggiavano indiscriminatamente sotto la pioggia o il sole. Tutti assistevano alla messa prima di partire e di solito facevano la comunione lì. Tornati al loro alloggio per riprendersi la borsa, la borraccia e il bastone, ringraziavano la famiglia che li aveva ospitati e riprendevano
il cammino, sempre a piedi.
Pellegrinaggi e fede
Per tutto il medioevo i pellegrinaggi erano importanti e anche se non prescritti come obbligatori erano
parte essenziale del cristianesimo. Non un pellegrinaggio in un luogo solo, come La Mecca prescritto
da Maometto, ma per i cristiani era importante un pellegrinaggio o più pellegrinaggi in luoghi differenti.
Forse oggi sorprende tanta ardore religioso e che proprio come i Mussulmani anche i cristiani partissero
con grande rischio della vita. Ma un tempo la fede era essenziale.
L'ufficio della carità
A Saint Jean de Maurienne esisteva anche un ufficio dedicato alla carità:
L'ufficio di benevolenza o carità fondato il 14 ottobre 1647.
Credits: Questo articolo in sunto è tratto da
Per una biografia completa vedi:
I pellegrini che tornavano da Gerusalemme, portavano con se come souvenir anche modellini del Santo Sepolcro, smontabili
per vedere l'interno. Chi era il misterioso pellegrino che portò questo souvenir del Santo Sepolcro nel XVII secolo? Non possiamo dirlo
con certezza. Possiamo solo affermare che da allora restò in possesso della famiglia a ricordo del viaggio.
I santi protettori: Francesco, di Sales e Francesco di Assisi
San Francesco di Sales
Francesco di Sales, in francese François de Sales nacque a Thorens-Glières il 21 agosto 1567 e morì a Lione il 28 dicembre 1622.
Di antica famiglia Savoiarda, era il primogenito del signore di Boisy,
ricevette una educazione raffinata. Suo padre voleva per lui una carriera giuridica,
per questo lo mandò all'Università di Padova. Laureatosi, decise di diventare sacerdote.
Venne ordinato il 18 dicembre 1593 per poi essere mandato nella regione del Chiablese,
dominata dal Calvinismo. Predicatore, predilesse sempre il dialogo: inventò i cosiddetti «manifesti»,
in questo modo anche i fedeli più lontani attraverso gli scritti affissi venivano raggiunti dalle sue parole.
Santo dal 1665 proclamato dal papa Alessandro VII è uno dei dottori della Chiesa.
.
Come vescovo santo era innamorato della bellezza e della bontà di Dio.
La più celebre delle congregazioni ispirate al suo nome è la Famiglia Salesiana fondata il 18 Dicembre 1859
da San Giovanni Bosco, la cui missione è la crescita e l'educazione dei giovani,
volgendo una cura particolare ai figli delle classi meno abbienti.
A Thonon fondò la sezione locale della Congregazione dell'Oratorio.
E proprio attraverso l'Oratorio Francesco svolse una grande attività apostolica
perché secondo lui la "santità" deve essere un impegno di tutti i cristiani.
Il culto di San Francesco, patrono del Piemonte, si sviluppò in Piemonte quanto quello di San Carlo Borromeo in Lombardia
per questa ragione i piemontesi lo considerano il San Carlo del Piemonte.
Guido Reni - Saint Francis in Ecstasy - 1621- Italy, Campania, Naples, Girolamini Church
San Francesco di Assisi
Francesco d'Assisi, il cui nome alla nascita era Giovanni di Pietro di Bernardone venne alla luce ad Assisi tra il 1181 e il 1182 e morì in Assisi il 3 ottobre 1226.
Santo della Chiesa Cattolica e dalla Comunione anglicana , religioso e poeta fu diacono e fondatore dell'Ordine Francescano che proprio da lui prese il nome.
"il poverello d'Assisi" così Francesco era conosciuto per via della sua scelta di spogliarsi di ogni bene materiale.
Ascetico volle condurre in un tempo dove la ricchezza girava e la classe alla quale apparteneva era dominante, una vita minimale per essere a diretto contatto con lo spirito.
Francesco fu autore anche del Cantico delle creature, è per questo riconosciuto come uno degli iniziatori
della tradizione letteraria italiana.
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, eletto Papa nel conclave del 2013, volle assumere il nome pontificale di Francesco
in onore del santo, e fu il primo a farlo nella storia della Chiesa
Uno degli episodi più famosi de I fioretti di san Francesco è quello della predica agli uccelli.
Ebbe luogo come racconta la tradizione sull'antica strada che congiungeva il castello di Cannara a quello di Bevagna.
Una pietra sita in località Piandarca nel Comune di Cannara è stata posta nel luogo dove compì il miracolo.
Le agiografie descrivono così l'avvenimento:
«...et venne fra Cannaia et Bevagni.
E passando oltre con quello fervore,
levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via,
in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli.
E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch'erano in terra;
e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi,
mentre che santo Francesco compié di predicare (...)
Finalmente compiuta la predicazione,
santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi;
e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti,
e poi secondo la croce c'aveva fatta loro santo Francesco si divisoro in quattro parti (...)
e ciascuna schiera n'andava cantando maravigliosi canti»
(da I fioretti di San Francesco d'Assisi cap. XIV )
Le aspirazioni di Claude si infrangono con la sua morte prematura, che lascerà la consorte Angelique Varcin vedova per la seconda volta. Angelica da parte sua, proviene
da una famiglia in transizione nobiliare, con il fratello Scudiere della Città di Saint Jean de Maurienne.
Quando Claude muore Angelique si ritrova con i figli orfani ancora da crescere.
Angelique, la vedova di Claude è vedova per la seconda volta. Si sarà chiesta se Dio avesse forse un progetto di vita diverso, per lei,
oltre al matrimonio. Rimasta vedova ancora giovane una prima volta dell'Egregio François Michaelis, ha sposato Claude di ritorno, complice
anche il fratello Antoine,
per assicurare un futuro più solido a se stessa e alla primigenia prole.
Sempre sarà guidata dal fratello, il nobile Antoine Varcin, nemico giurato del Vescovo e del Capitolo, "Juge Mage" di Maurienne
e Scudiere della città, che ne segue attentamente le mossa.
Angelique, vedova per la seconda volta e la scelta della monacazione
Alla morte di Claude, Angelique piangerà miseria e chiederà aiuti per mantenere un degno tenore di vita. Non è una affarista non sa vendere e comperare, investire, come sapeva fare Salomea Des Olles.
Angelique per tutto si affida al fratello e a Pierre, un fratello del marito Claude, canonico. Questi saranno i suoi fidi consiglieri.
Angelique assolverà il suo compito di crescere i figli e poi presa da mania religiosa si chiuderà in monastero.
Un caso più unico che raro in questa famiglia che conta pochissimi religiosi.
Nelle Clarisse Urbaniste di Moutieres
Nelle Clarisse Urbaniste
Le clarisse uscite dalla regola voluta da Santa Chiara sotto la direzione di San Francesco componevano due
branche, le clarisse povere e quelle urbaniste. Presso queste ultime il reclutamento si faceva sopratutto nei ranghi della
nobiltà urbana e rurale. Esse diventano sovente delle grandi e ricche proprietarie terriere.
Le clarisse arrivarono a Moutiers il 25 novembre 1627 installate in una casa situata in vicinanza del
prato comune, fecero in seguito erigere il convento , posa della prima pietra il 1 settembre 1644, che si trovava
sul luogo dell'odierno tribunale e il loro spazio chiuso copriva l'attuale piazza delle Vittorie.
La Regola urbaniana e la divisione delle clarisse
La Regola di santa Chiara non viene accettata da tutti i monasteri,
Gaetano Orsini protettore dell'ordine e cardinale, compose una nuova regola che il papa Urbano IV il 18
ottobre 1263 approvò a Orvieto. Questa regole è detta regola urbaniana:
"Datum apud Urbem Veterem, decimo quinto kalendas novembris, pontificatus nostri anno tertio".
Alle religiose è permesso di possedere beni in comune,
in contrasto con il privilegio della povertà concesso da Gregorio IX il 17 settembre del 1228
che la regola approvata da Innocenzo IV aveva recepito.
L'Ordine si scisse e nacquero due congregazioni: le damianite, dette semplicemente monache clarisse,
fedeli alla regola del 1253, e le urbaniste, fedeli alla nuova regola del 1263.
Successivamente sorsero altre congregazioni di clarisse:
le colettine, sorte nel 1403 e le cappuccine, fondate a Napoli nel 1535.
Le monache clarisse
Ordine monastico claustrale le clarisse si dedicano prevalentemente alla preghiera contemplativa.
Una badessa eletta a tempo determinato regge il monastero;
che resta sottoposto alla giurisdizione vescovile ed è legato sul piano spirituale all'ordine maschile.
Si riconosce nella famiglia francescana.
La badessa delle Clarisse di Moutiers, ai tempi di Angelique era Francesca del Carroccio, nata nel 1690.
Jacques Didier, il primo nato della prole, erediterà anche un titolo clericale, ceduto ad un terzo fratello, Claude, che così potrà farsi prete e avere una rendita dignitosa.
Jacques l'Aine e la consorte Marie Francoise Gavend
Jacques l'Ainè
Jacques Cenni biografici
2 Jacques Ainé (batt. a St. Jean de M. St. Cristophe il 12
Marzo 1692; morto ad Argetine nel marzo del 1755 età 64
anni). Rg 3 -enseigne régiment Piedmont 1715 . Praticien
notaire collégié & bourgeois de st Jean. 1719 st Jean Me
Jacques Didier est notaire collégié à st Jean
Notaio, reintegrato nel suo impiego di Consigliere della città di St Jean il 25 Ottobre 1737. Noi troviamo, alla data del 1746, negli archivi de l'Hòpital, una procura segnata de Vlieger du Plisson e Scherdley, con la quale egli donava pieno potere a M. Didier l'ainé "de conclure et arbitrer la transaction qu'il y aura à passer avec MM. de Rive, Capson et associés, tant pour dépenses qu'ils pourraient prétendre avoir faites, occasion de batiments che essi hanno fatto costruire, sia in rapporto alle miniere di Sua memoria nel 1748, alla partenza degli Spagnoli, indirizzata a Torino sui diversi fatti di cattiva amministrazione in Savoia. [Mémoire de M. Didier aîné... (cf. n. 230). 249. AST, PS, LP, S 54] Tesoriere della provincia di Tarantasia il 20 Dicembre 1748. Ottiene in censo l’antico feudo di Hurtieres (titolo di sieur) già dei Castagneri.
Sposato nel 1717, Saint Jean de Maurienne, con Marie Françoise GAVEND
Padrino di marie François Brunet Nata il 14 dicembre 1727 - Saint-Jean-de-Maurienne , figlia dell'Honorable
Catherin Brunet, Honorable
et Marie Grange 1702
Nota dell’individuo :Jacques l'Ainé
Décède en 1755, légue à l'hôpital général de Chambéry les
mines de st Georges d'Hurtières vendues 90 000 livres.
Il était depuis 1740 fermier des revenus du fief d'Hurtières
puis peu à peu propriétaire des fosses.
15/12/1774 vente de son argenterie
Aiguebelle 18/08/1749 Jacques fils de feu sieur Claude
Didier, fermier & procureur du seigneur comte des Hurtières
ascense ...
Aiguebelle 07/06/1751 Vente de filon de st George
d'Hurtiere à sr Jacques Didier
Aiguebelle 04/08/1752 il achete 1/8 d'une mine de fer &
Cuivre à St George
Aiguebelle 15/11/1753 il habite présentement Argentine où il
tient les fabriques de cuivre
Aiguebelle 20/02/1755 Jacques Didier & Sebastien Grassis
finalisent leurs dettes respectives
Testament 1755: il y cite son feu père, sa femme Françoise
Gavend usufruitière sauf pour les mines & fabriques,
son frère sr Barthelemy commandant & capitaine de la
Venerie feu Benoît Didier (cousin germain fils de Pierre?)
héritier universel l'hôpital de Chambéry
Codicille le lendemain: il précise que ses effets personnels
vont à sa femme,
que l'administration de la fabrique sera assurée par Jean
Dupuy jusqu'à ce que l'hôpital s'en charge,
il précise les dettes vis à vis de sr Berard, Alexis Salomon, sr
Bastien, Mathieu Donnet et Catherin Brunet.
4 jours plus tard il décède.
25/08/1755 Acte d'état des maisons de feu Jacques Didier à
St Jean, villargondran
Morte
1755
28/02/1755 Testament
01/03/1755 Codicille
16/06/1755 Inventaire de son hoyrie incluant plein de titres & contrats
Note di famiglia
Matrimoni Marie Françoise GAVEND
CM 09/09/1717 St Jean Me Chosalet
Augment de dotte 11/03/1734 Me Tognet
Marie Francoise Gavend
Marie Francoise Gavend Cenni biografici
...
note Gavend
Marie Françoise GAVEND
Nata il 13 settembre 1697 - Saint Jean de Maurienne,
Deceduta il 21 novembre 1766 - Saint Jean de Maurienne, all'età di 69 anni
Rg 4 -
Genitori
Antoine Egr. GAVEND 1654-1738
Marie GUILLE
( intevration Gavend: Antoine Egr. figlio di Jean Jacques Me GAVEND
o Antoine Egr. 10 feb 1654-25 apr1738 (St Jean de Maurienne)&1717 Petronille Pernon "Martinel?" MARTINET
o Joseph 1722-1725
o Félix †1765 &1745 Marie Dorothée OLLIER †1761
o Félix †1765 &1761 Marie Jacqueline LAMBERT †
o Marie Josephe 1763-
)
Matrimoni
Sposata nel 1717, Saint Jean de Maurienne, con Jacques "Aîné" Me DIDIER 1691-1755
Fratelli e sorelle
M Jean Jacques Egr. GAVEND †1754
M Esprit Joseph GAVEND 1688-
F Adrienne Andrea GAVEND 1702-1742
F Esprite GAVEND †1759
F Françoise GAVEND 1691-
F Petronille GAVEND 1694-
F Marie Françoise GAVEND 1695-
M Jean GAVEND 1700-
M Jean Baptiste GAVEND 1704-
M Joseph GAVEND 1705-
M Antoine GAVEND 1708-1754
Fratelli e sorelle per parte di un solo genitore
Dalla parte di Antoine Egr. GAVEND 1654-1738
con Petronille Pernon "Martinel?" MARTINET
M Joseph GAVEND 1722-1725
M Félix GAVEND †1765
Note
Nota dell’individuo
st Jean 09/02/1734 émancipation de hble (Marie?) Françoise Gavend fille de Me Antoine, femme de Me Jacques Didier, par son père. 37ans ?
st Jean 11/03/1734 augment de dot par son mari Me Jacques Didier via sr Henry Guille
Nascita
fille de Me Antoine
Morte
1758
Note di famiglia
Matrimoni Jacques "Aîné" Me DIDIER
CM 09/09/1717 St Jean Me Chosalet
Augment de dotte 11/03/1734 Me Tognet
Vittorio Amedeo II Duca di Savoia e re di Sardegna
Vittorio Amedeo II Duca di Savoia re di Sardegna
Vittorio Amedeo II di Savoia il cui nome completo era Vittorio Amedeo Francesco di Savoia nacque a Torino il 14 maggio 1666
e morì in Moncalieri il 31 ottobre 1732.
Re di Sicilia dal 1713 al 1720, poi re di Sardegna, duca di Savoia, marchese di Saluzzo e duca del Monferrato,
principe di Piemonte e conte d'Aosta, Moriana e Nizza dal 1675 al 1720.
La Francia e la Spagna avevano influenzato la politica dei Savoia, Vittorio Amedeo II cercò di barcamenarsi tra queste due potenze
mantenendo il proprio stato indipendente. Ebbe fortuna e riuscì nel suo intento, l'assedio di Torino ne è testimonianza
Le promesse dei generali di Luigi XIV in questa guerra si rivelarono infondate e si risolse nella disfatta per una accurata imperizia.
Fu l'esercito Austriaco a salvare il re in quel momento. E i progetti di Vittorio Amedeo II di diventare da duca a re si realizzarono.
Durante il suo regno ripresero le persecuzioni dei valdesi. Luigi XIV per l'influenza che i Valdesi
potevano avere sui suoi territori chiedeva che questi fossero eliminati
Al tempo delle guerre dei Principisti e dei Madamisti anche per Madama Reale, l'intero assetto politico
del ducato era asservito ai consigli, che erano in sostanza dei diktat dalla Francia.
In Piemonte arrivò, con il consenso di Vittorio Amedeo II un grosso contingente francese per cacciare i Valdesi.
Questi vivevano nelle loro valli intorno a Torre Pellice. A questa notizia, sentendosi giustamente minacciati,
i Valdesi si trincearono in Val d'Angrogna. La persecuzione iniziò nel 1686 e ci furono come sempre episodi di ferocia,
dai quali riuscirono a salvarsi in pochi. Le condanne e le incarcerazioni a Torino e Cherasco si susseguirono.
I prigionieri tenuti in condizioni durissime e privati di ogni conforto spirituale
Solo per intercessione dei Cantoni della Svizzera i prigionieri vennero liberati.,
che accettarono di accoglierli come profughi.
Ma poco tempo dopo la Grande Alleanza cercherà di portare Vittorio Amedeo nella sua orbita separandolo dall'alleanza con Luigi XIV
che ne sarebbe stato così indebolito. Questo provocò un cambiamento drastico
del clima politico. I Valdesi superstiti, sotto il comando di Giosuè Janavel e del pastore Arnaud ritornarono
nelle terre del duca. Questo episodio viene ricordato come il "Glorioso rimpatrio". U Valdesi cercarono lo scontro
contro i francesi, ma evitarono di affrontare le truppe ducali, che d'altra parte si mossero a vuoto cercandoli solo dove erano
sicuri di non trovali.
Politica interna
Annessioni del Piemonte sotto Vittorio Amedeo II
Con Vittorio Amedeo II il sovrano diventa accentratore a modello francese di Luigi XIV.La sua politica
è rivolta a unire le istituzioni nelle sue mani, di ridurne o abolirne le autonomie. Mise in atto una schietta politica
antinobiliare basata sulla frantumazione dei feudi. Vittorio Amedeo II ordinò al suo ministro Andrea Platzaert una
ricompilazione delle vecchie leggi che riformò. Le Leggi e costituzioni di Sua Maestà, furono redatte nel 1723 ed ebbero
una ulteriore revisione nel 1729.
Abolì i dazi interni e tassò fortemente l'esportazione di seta greggia per favorire la produzione interna,
attuando in questo modo una politica mercantilistica. Riordinò la burocrazia con creando un governo centrale.
Fissò un'imposta generale su tutti i redditi, abolì quindi molti privilegi fiscali regionali e delle classi privilegiate.
Durante il suo regno si organizzò un'accademia militare e l'università di Torino fu laicizzata.
Da notaio a Tesoriere passando per portastendardo e segretario comunale
Jacques, chiamato l'ainè (primonato), comincia come notaio, nonché alfiere portastendardo del reggimento di Piemonte (era un individuo altissimo), diventerà trafficante, industriale (gestirà le fonderie di Argentines), finirà persino in prigione, ma per pochi giorni, accusato di peculato, era consigliere della città di Saint Jean de Maurienne, e di aver fatto affari con gli Spagnoli che occupano la Savoia per di più ricavandone profitto.
Definito "Uomo capace di tutto" nel senso negativo che si attribuiva a questo termine, capitano d'industria, (Il mito del miliardario buono è ancora da nascere)
Redigerà un memoriale, diretto al re, sulla cattiva amministrazione in Savoia durante l'occupazione Spagnola. In questo memoriale vengono
messi in evidenza, tra l'altro, la cattiva istruzione dei Sindaci del tempo. A Jacques, che viene da una famiglia in cui l'istruzione
è fondamentale e dove si masticava Latino fin dai tempi del bisnonno Humbert, non sembrava possibile che si potesse accedere alla carica di sindaco
o di amministratore o a simili cariche pubbliche senza una solida educazione di base e una cultura.
Terminerà la sua carriera pubblica come Tesoriere di Tarantasia.
A lui tocca il titolo di Sieur, gìà sfiorato e attribuito in qualche documento al padre Claude. Sieur, signore, non è ancora nobile ma si avvicina.
Del resto è agente particolare del re, ha l'appoggio dei Carignano, un ramo secondario dei Savoia. E sopratutto ha il possesso dell'antico feudo di Hurtieres, con le sue preziose miniere e fonderie già degli indebitati Castagneri. Fonderie che perfezionerà studiando nuove tecniche.
L'uomo che aveva una contea
Jacques ottine come censo il possesso della contea di Hurtieres completa di fonderie e delle miniere di Argentines. Questo feudo,
la contea di Hurtieres, da dirsi in Italiano Urtières, era un feudo in Maurienne, e comprendeva i paesi di St.Pierre de Belleville,
St. Albon d'Urtières e St.Georges d'Urtières. Il titolo era di Conte. Titolari erano i Savoia, i fratelli Marchetti di Torino aventi causa dal
conte Marchisio di Ivrea, credenziere dei signori Castagneri, che portavano il titolo.
Le miniere dei Castagneri
Nelle miniere di Hurtieres il ferro era abbondante e di buona qualità, il rame che aveva preso grande sviluppo grazie
all'utilizzo nell'artiglieria del cannone in bronzo si trovava in misura minore ma abbondante.
Dalla fine del medioevo
le miniere erano sotto il dominio del conte di Savoia e del signore di Hurtieres. La famiglia Castagneri, originaria
di Lanzo, che si occupava della trasformazione dei metalli, ottiene
il titolo di Barone di Chateneuf e acquista nel 1687 la baronia di Hurtieres dai Savoia-Carignano.
Il debito contratto all'acquisto con i Savoia-Carignano
non è ancora pagato quando Francois Castagneri muore nel 1715 e il debito
arriva al banchiere Marchisio che lo riscatta.
Jacques lega i suoi beni all'ospedale di Chambery
I diritti di Marchisio sono ripresi da Jacques Didier,
tesoriere di Tarantasia, ma la famiglia Castagneri conserva una parte dei
diritti di sfruttamento. Prima di morire Jacques Didier lega tutti i suoi beni all'ospedale
di Chambery che li vende a un certo Dumier. Quest'ultimo crea la società Villant.
Il diritto dei paesani
A fianco di questi diritti di sfruttamento, bisogna tenere conto di quelli dei numerosi paesani.
Nei multipli processi che oppongono tutti questi
pretendenti, l'argomento di un "diritto dei paesani"
è in effetti regolarmente invocato. Il primo atto conosciuto concernente les Hurtieres,
la Transazione del 1344 che è concluso contro il conte di Savoia e il signor d'Hurtieres precisa che
"i diritti e i privilegi concessi dal sovrano e i suoi predecessori ai possessori e coltivatori di dette
miniere saranno mantenuti intatti". Gli abitanti di Saint Georges non mancheranno mai d'invocare questo
documento. Le miniere di Hurtieres sono ereditarie e soggette al commercio per contratto tra vivi,
come tutti i beni rurali delle altre parrocchie. Ma agli inizi del XVIII secolo una legislazione mineraria più stretta
viene varata.
Una gruviera
Con queste condizioni lo sfruttamento sembra a una corsa ai minerali tra i diversi aventi diritto
che ricercano il profitto immediato. Ai visitatori la montagna di Hurtieres assomiglia a una
gruviera dove le gallerie si scavalcano per non incrociarsi e si assiste regolarmente a delle risse tra minatori
C'è lavoro
Il lavoro da a una massa di paesani locali, minatori, casseurs, portatori, carbonai, boscaioli.
Ma anche a una manodopera di mestiere, caporali di miniera, carbonai e siderurgici, sovente bergamaschi,
e a mulattieri.
Argentine: nel dominio della famiglia dei baroni Castagneri
Nella piccola chiesa parrocchiale di Argentine vi erano le tombe dei Castagneri. Qui, sotto il lastricato del
pavimento vicino all'ingresso volle essere seppellito Jacques.
Vista interna della chiesa.
Jacques su capitale, lavoro e intervento pubblico
Il pensiero di Jacques l'aine sul rapporto tra istituzioni e lavoro è chiaro. Io do il
lavoro (è un capitalista ante litteram) ma la legna per scaldare gli operai
durante l'inverno ce la mette voi. Inteso i villaggi che li ospitano.
Con la sua morte, senza discendenza, questo notevole patrimonio andrà in eredità all'Hospital de Chambery, con accurate istruzioni e l'obbligo di destinare una parte dei fondi agli orfani.
La baronessa de Warens
Jacques mentre copriva la carica di Tesoriere di Tarantasia pagò i debiti della baronessa de Warens, cifre
che si era dimenticata di pagare. La somma era piuttosto notevole ma a Jacques non mancavano di certo i fondi,
probabilmente i Savoia erano in qualche modo i finanziatori. Madame de Waren, una nobildonna francese, era stata la mantenuta di Vittorio Amedeo
II re di Sardegna, e una sua spia.
La baronessa de Warens era conosciuta per essere stata amante e benefattrice di Jean-Jacques Rousseau.
La baronessa de Warens
Françoise-Louise de Warens, nata Louise Éléonore de la Tour du Pil (Vevey, 3 marzo 1699 – Chambéry, 29 luglio 1762) , conosciuta col nome di Madame de Warens, è stata una nobile francese nonché amante e benefattrice di Jean-Jacques Rousseau.
Barthelemy alias Bartolomeo, da Saint Jean de Maurienne in Italia
Il fratello cadetto di Jacques, Barthelemy Didier, sarà militare. Dragone di Piemonte, e soldato semplice nel reggimento d'Albi, reggimento sovvenzionato dal fratello, poi marechal de logis, spedito prima in Sicilia dove combatte nell'Assedio di Messina (1718), poi in Sardegna, a Sassari.
Bartolomeo e la consorte Caterina Domanica Bordoni
Barthelemy alias Bartolomeo
Barthelemy Cenni biografici
V Barthelemy (batt. a Saint. Jean de Maurienne. Notre Dame il 4 Aprile 1693; morto nel Maggio 1763)
Dragone nel Reggimento Dragoni di Piemonte Compagnia D' Alby il 28 Giugno 1711;
Brigadiere nel 1718; Maresciallo di Logis Compagnia De Challant nel 1721.
Piccolo scudiere della scuderia di S.M. il 24 Marzo 1726.
Capitano del Castello della Venaria Reale il 22 Giugno 1730.
Cavaliere (14 febbraio 1744) e Commendatore (29 Gennaio 1749) di SS. Maurizio e Lazzaro,
governatore della Venaria, insignito del titolo di Marchese della Venaria.
Sposa il 26 Gennaio 1727 Domenica Caterina Bordon (nata a Venaria il 18 Ottobre 1710, morta il 7 Dicembre 1784),
figlia di Michele Antonio (nato nel 1668; morto a Venaria il 13 Marzo 1727) e Caterina.
Domenica Caterina Bordon
Domenica Caterina Bordon: Cenni biografici
figliazione:
1 Vittorio Amedeo Francesco (VI)
2 Maria Angelica Maddalena (nata a Venaria il 24 Marzo 1736; morta a Venaria il 13 Settembre 1738).
3 Claudio Pancrazio (nato a Venaria il 16 Settembre 1739; morto a Torino SS. Stefano e Gregorio il 4 Luglio 1754).
Citato : Claudio Pancrazio Didier della Venaria Reale
Orazione, e poesie per la faustissima nascita di S. altezza reale ...
1751
4 Giuseppe Antonio Vincenzo (nato nel Marzo del 1746; morto a Venaria il 4 Luglio 1747).
5 Giovanni Battista Augusto (nato a Venaria il 19 Novembre 1749).
Da Livorno a Messina con i Dragoni di Piemonte
Messina, precedente al terremoto del 1783- pubblico dominio
Messina
Messina la città dove il reggimento Dragoni Piemonte dopo essersi imbarcato con truppa e cavalli,
venne messo a presidio e subì l'assedio degli Spagnoli sbarcati all'improvviso in Sicilia.
La politica di Vittorio
Amedeo II in Sicilia, quale nuovo re, non fu gradita dalla nobiltà locale.
I nobili Siciliani avevano orbitato per molto tempo intorno alla corte spagnola,
e Vittorio Amedeo II per dare forza alle sue dissanguate finanze non trovò soluzione diversa che tassare anche loro.
Così sperava di mettere ordine al fenomeno
delle rivolte un po brigantesche che serpeggiavano nell'isola e sopratutto renderla sicura dagli attacchi dei corsari Barbereschi, che muovevano dal bey di Tunisi.
A Utrecht del 1713, patrocinato dall’Inghilterra,
che voleva impedire che l’isola andasse in mano ai Borboni tanto meno agli Asburgo,
per preservare il suo ruolo di prima potenza nel mediterraneo,
il regno di Sicilia venne offerto al duca di Savoia Vittorio Amedeo II.
Per circa setti anni l'isola fu dominio sabaudo.
Dopo una breve riconquista parziale spagnola, durata 23 mesi,
un trattato internazionale del 1718 sanciva il passaggio a Vittorio Amedeo II della Sardegna in cambio della Sicilia.
Nonostante mantenesse il titolo regio,
il dominio della Sicilia veniva trasferito all’imperatore Carlo VI della casa d’Austria.
A Palermo arrivarono i Piemontesi e nella città come nel resto dell'isola. Il clima mutò, gli Spagnoli avevano portato
una raffigurazione del potere densa di sfarzo e cerimonie pubbliche tipiche per altro della fine del XVII secolo e di
questa ne era intrisa anche la religiosità.
I nobili passavano il tempo guardando grandi spettacoli pubblici,
andando a teatro dove si recitava in prosa, dilettandosi di musica
e con solenni e festose processioni.
Fu un barocco piuttosto effimero che era già moribondo nel primo trentennio del ‘700.
Il parlamento nel 1714 chiese e ottenne la “prammatica contro il lusso”.
L’austerità che piomberà sulla vita siciliana causerà malcontento;
Per di più il Papa aveva rifiutato di riconoscere l’investitura siciliana di Vittorio Amedeo II.
La Sicilia dal 6 maggio 1720 è austriaca e lo diventò per conquista e non per consenso,
nonostante il tutto sia sancito dal trattato dell’Aja del 20 febbraio 1720.
THE ARAGONESE CASTLE was built around 1330 h
watercolor by Simone Manca (XIX secolo)
Sassari
Sassari, dove Bartolomeo venne dislocato dopo Messina
Vittorio Amedeo II ebbe il possesso della Sardegna nel 1725.
Convintosi sin da subito che la Sardegna per la sua posizione geografica, e per le risorse fosse
di valore minore della Sicilia, fu alquanto deluso dallo scambio imposto
Nei primi anni di governo lasciò
che si continuassero a utilizzare sia la lingua che le tradizioni spagnole e
i privilegi dati dagli Spagnoli alla borghesia furono tutti mantenuti
Povertà e arretratezza albergavano nell'isola, banditismo, abigeato, dilagavano.
Il re non riuscendo a scambiare l'Isola con altri possedimenti si rassegnò
e cercò di porre fine al banditismo mandando un esercito di uomini per il controllo del territorio.
In breve questo tentativo di repressione portò ad arresti e perquisizioni.
La popolazione si alleò con i banditi, clero nobiltà continuarono a fare i loro comodi
e nelle città che governavano continuarono i soprusi e gli arresti sia a Sassari come
nella Sardegna tutta.
Calendario Nizza Cavalleria Dragone Piemonte edizione 1930
I Dragoni di Piemonte
Il dragone è un componente di una unità militare terrestre in essere dal XV secolo. Inizialmente il termine si riferiva ad un archibugiere a cavallo e più tardi servì a designare un militare appartenente a una specialità della cavalleria.
Per l'utilizzo a cavallo dell'archibugio, eruttante una vistosa emissione di fuoco e fumo, questo corpo militare venne idealmente accomunato ai draconarii, signiferi a cavallo dell'esercito romano che portavano un vessillo con una testa di drago. Da draconarius discende il termine "dragone".
I Dragoni di Piemonte sostituirono le vecchie cornette del 1713
(la colonnella era probabilmente di colore bianco, con forse le Grandi Armi
del regno al recto e al verso l'arma di Piemonte in uno scudo di foggia barocca sormontato da corona;
l'ordinanza era di colore cremisi) già nel 1723.
Il reggimento ricevette una colonnella e un'ordinanza nel 1746.
Queste ultime bandiere (e forse anche quelle del 1723) sono simili a quelle dei vari album:
anche in questo caso però i vari disegni del verso sono differenti.
Un aiuto inaspettato nella ascesa sociale: Sua Maestà Vittorio Amedeo II
Ritornato in Piemonte con il reggimento Dragoni Piemonte, troverà nel re Vittorio Amedeo II un aiuto inaspettato. Il re infatti lo conosce come maresciallo de logis e lo porterà a corte. Barthelemy finalmente sì avrà la nobiltà personale, non trasmissibile, riuscendo a diventare cavaliere commendatore dell'Ordine di Santi Maurizio e Lazzaro. Non c'è da stupirsi, data la vicinanza al re che lo aveva nominato Piccolo Scudiere e poi per un infortunio Capitano della Venaria Reale.
Bartolomeo come viene conosciuto in Italiano, alto e biondo, viene descritto come un opportunista, che, tra l'altro, usò la sua influenza presso il nuovo re, Carlo Emanuele III per piazzare in un impiego il figlio Vittorio Amedeo Francesco.
Carlo Emanuele III re di Sardegna
Carlo Emanuele III
Carlo Emanuele III di Savoia soprannominato dai piemontesi Carlin nacque a Torino il 27 aprile 1701
e morì aTorino il 20 febbraio 1773.
Re di Sardegna, duca di Savoia dal 1730 al 1773.
Regnò per quarantatré anni, durante i quali il regno si alleò alle grandi potenze nelle guerre di successione polacca e austriaca.
In seguito a questo ottene diversi territori e i confini del regno arrivarono al Ticino.
Comandante militare male stimato dal padre Vittorio Amedeo II, si circondò di militari a cui conferì le più alte
cariche dello Stato.
Assolutistica in politica cercò di concentrare ogni potere sotto di lui.
Così limitò le autonomie locali e alla Valle d'Aosta furono abrogati i particolari privilegi di cui godeva.
Limitò fortemente la libertà di stampa, per questo ebbe il disappunto dell'Alfieri,
del Bodoni, del Lagrange, costretti a pubblicare all'estero le loro opere.
Carlo Emanuele III morì il 20 febbraio 1773.
Tumulata nella basilica di Superga,
la sua tomba monumentale è situata all' opposto rispetto a quella del padre.
Alla Venaria Reale, una vita intensa tra cavalli e incidentati
Bartolomeo, sposatosi per interessi nel 1730, le proprietà terriere piacevano molto, avrà una consorte adolescente estremamente intelligente. La loro casa diventa un pronto soccorso dove, quando capita, e capita sovente, sono trasportati gli incidentati.
Bartolomeo avrà dalla consorte dei figli, ma tra i maschi solo uno, Vittorio Amedeo sopravviverà.
La morte del talentuoso Pancrazio
Dopo la morte a 17 anni del talentuoso Pancrazio, fratello minore di Vittorio Amedeo, Bartolomeo forse pensando di perdere anche lui e di non avere eredi,
cercherà ancora di avere dei figli dalla giovano consorte, ma inesorabilmente moriranno in tenera età.
Claudio Pancrazio, la fine di una mente ingegnosa
Claudio Pancrazio
Claudio Pancrazio, il fratello di Vittorio Amedeo Francesco muore a solo 17 anni in Torino. Nonostante la giovane età
viene ricordato come un giovane brillante negli studi e di notevole ingegno. Studiò come il fratello sotto la direzione
del canonico Gianfrancesco
Guenzi.
Nel 1751 fu tra gli studenti che recitarono l'Orazione e le poesie per la nascita di Carlo Emanuele di Savoia
Orazione e poesie per la faustissima nascita di S. altezza reale Carlo Emanuele Ferdinado Maria ... dette in Torino dagli studenti di rettorica sotto la direzione del canonico Gianfrancesco Guenzi
Erano quelli i tempi in cui i Didier erano
menzionati per l'acutezza di mente e la riuscita negli studi. Questi Didier sono ben diversi dai successivi, che
avranno una mediocre carriera militare, data anche la difficoltà ad aumentare di grado nell'esercito Sabaudo,
e di poi ancora quella impiegatizia.
La Venaria Reale, la Reggia e il borgo
Stefano Merli - https://www.flickr.com/photos/panic01/27224575324/- CC BY-SA 2.0
Reggia della Venaria Reale
“I giardini sono molto grandi [e] ho visto le scuderie: sono belle e
somigliano per grandezza a quelle del Duca, a Chantilly; ma dovrebbero
formare un quadrato, e solo un lato è fatto. Anche l’aranciera è molto
bella”.
Charles Louis de Montesquieu,
scrittore, 1728
Il complesso della Reggia della Venaria
La reggia della Venaria Reale si incastonò nei dintorni di Torino a creare poi quella complessa scenografia delle regge Sabaude che sfociò con Moncalieri
e Stupinigi in una forte manifestazione del potere dei Savoia sul territorio. L'apparecchio scenografico vi regnava sovrano e celebrava i fasti
di un Regno troppo recente e alquanto minuscolo per essere preso in seria considerazione dagli altri sovrani
regnanti. Tuttavia queste regge sono piccoli gioielli.
La cappella di Sant'Uberto era funzionale alla corte e ai suoi servitori, questo fu spesso motivo di conflitti di giurisdizione ecclesiastica
con la parrocchia della Natività.
Il borgo della Venaria
Il borgo della Venaria
Questo era l'aspetto del vecchio borgo della Venaria Reale, come probabilmente lo trovò Bathelemy al suo arrivo. La reggia era
l'epicentro e la presa scenografica era suggestiva. Questo nonostante i danni subiti dai cosacchi che ne avevano incendiato le sale.
Il borgo antico, con la parvenza di edifici ordinati doveva riestrae anche lui nella celebrazione della Reggia e di Casa Savoia.
Barthelemy aveva alloggio in un'ala del palazzo reale che dava sulle scuderie, e ancora oggi è visibile. Era il luogo destinato
al Capitano. Barthelemy aveva anche casa nel borgo.
Progettata dall'architetto Amedeo di Castellamonte, la reggia della Venaria Reale venne
commissionata dal duca Carlo Emanuele II che intendeva farne la base per le sue battute di caccia
nella brughiera torinese.
Venatio Regia, questo sono i termini in latino dal quale deriva il nome.
Si unirono poi al borgo originario preesistente e agli abitanti molte case di operai e maestranze ma anche di cittadini
attirati dalla Reggia e dal lavoro che la fabbrica dava o dagli impieghi di cui essa bisognava.
Travail au pilier unique (l'instruction du roi en l'exercice de monter à cheval - ed 1625)Livre d'Antoine de Pluvinel, gravures de Crispin de Pas- public domain
Il lavoro di Bartolomeo
Ma in cosa consisteva esattamente il lavoro di Barthelemy? Inizialmente come Piccolo Scudiere
era responsabile di tenere in ordine la piccola scuderia, cioè di accudire i cavalli reali. Non lo faceva di persona,
ma solo sovraintendeva, aveva stallieri e garzoni vari.
Tavola 17: In giro per un palo; William Cavendish, primo duca di Newcastle, in piedi al centro e istruisce il capitano Mazin in otto movimenti di dressage a cavallo, usando pali e un muro come ausili per l'addestramento; due cartigli inscritti negli angoli superiori; dopo Abraham van Diepenbeeck; illustrazione a pagina 76 di "La Methode et Invention nouvelle de Dresser les Chevaux" di William Cavendish. c.1657
Incisione con acquaforte -1657 - British Museum
Abile con i cavalli
In pratica era un abile cavallerizzo che con i cavalli ci sapeva fare, probabilmente imparò fin da giovane nelle scuderie
paterne dove i sauri non mancavano. Doveva scegliere i cavalli del re, occuparsi di loro, aiutare le principesse reali a salire a cavallo, perché la rigida etichetta di corte non permetteva
a nessuno di mettere le mani sulle principesse o regina, anzi quando accadeva che lo facesse uno stalliere o un garzone finiva a frustate.
Aveva anche il compito d'insegnare l'equitazione ai vari principi e principesse della casa Reale.
Melchior Hamers - The Court's departure for the hunt from the Venaria Reale - 1665- public domain
Uscite del re
Inoltre quando il re andava in guerra doveva portare il suo cavallo a piedi fino alla reggia di Torino. Altro compito era di far salire a cavallo il re,
di cingerlo della corazza e dargli la mano quando saliva su una carrozza. La Piccola scuderia comprendeva i paggi, i valletti a piedi e quello che riguardava cocchieri postiglioni
sellai e palafrenieri. Il Superiore di Barthelemy era il Grande Scudiere, un nobile di grado elevato e di antica nobiltà
Bartolomeo come Capitano della Venaria
Il lavoro di Capitano del Palazzo
Dopo l'incidente che gli impedì di fare il suo lavoro, il re lo promuove Capitano della Venaria. Una specie
di Governatore del palazzo. In questo caso il suo compito era sovraintendere agli ospiti del sovrano
e anche il compito di tenere pulito
il palazzo reale della Venaria, delegando ai sottoposti il lavoro.
Inoltre aveva il compito di riceve il re e la corte quando si recavano alla Venaria
o gli ospiti importanti nonchè sovraintendere al comando della truppa di guardia al palazzo, che del suo aveva a
comandarla gli ufficiali svizzeri. I Savoia come molte altre corti avevano una buona dotazione di guardie Svizzere
e un drappello era delegato alla guardia del Palazzo.
Ecco come sono descritte le mansioni di Capitano della Venaria alla fine del XVII secolo.
Subordinato a questo viene un altron Officiale col
titolo di Capitano della Venaria Reale con stipendio, 6 obbligo
di farvi residenza, e questo sovraintende alle cose famigliari & ecconomiche del Palazzo. Questo posto
presentemente tiene Fabritio Maulani uno delli aiutanti di Camera di S. A.R.
La vita di corte
Presentarsi a corte
Alla Venaria a volte la corte risiedeva stabilmente. Ma come ci si presentava a corte Bartolomeo? L'etichetta
era semplice Bartolomeo era capitano di cavalleria e quindi si presentava vestito da capitano dei dragoni di Piemonte,
il suo
reggimento di appartenenza. Non doveva nemmeno spendere per farsi confezionare l'abito dei servitori di corte, che consisteva
nella livrea con i colori reali. Ma è pensabile che Bartolomeo avesse fatto anche confezione questo abito per determinate occasioni.
La corte a volte arriva da Torino per le battute di caccia, dopo un lauto pranzo con ottimo vino consumato a Torino,
sul mezzogiorno si spostava alla Venaria
dove trovava pronto tutto l'apparato per la caccia, sempre che non si trovasse già sul luogo.
La chiesa parrocchiale della Natività della Beata Vergine in Venaria Reale
Chiesa della Natività della Beata Vergine
In questa chiesa parrocchiale si celebrarono gli atti più importanti della vita di Bartolomeo. Il suo matrimoni, la nascita
dei suo figli e le ultime esequie di alcuni dei suoi figli, ma non le sue e quelle della moglie. I concorrenza con la chiesa
di Sant'Uberto, riservata alla corte e a chi lavorava a corte, questa chiesa è mutata poco dall'originale come si poteva
vedere nel secolo XVIII.
Matrimoni
1727
Bartolomeo
Battezzati
1710 caterina Bordonis
1730
Victorius Amedeus Franciscus
1736
Maria Angelica
1739
Claudius Pancratius
1749
Joannes Baptista Augustus
defunti:
1739 Didiè Maria Magdalena 2 anni e mezzo
Macarius Joannes Bernardinus (poi consorte di Bartolomeo Didier)
1747
Joseph Antonius Vincentius di 16 mesi
1767
d. Hyacinthus. figlio Vittorio Amede
Come si può vedere il primogenito di Bartolomeo, Vittorio Amedeo e la moglie Rosalia Cavalleris, si trovavano alla Venaria Reale
nel 1767 dove è registrato l'atto di morte del figlio Giacinto.
Interni della chiesa dell'Annunziata già Parrocchia della Annunziazione della Natività della Beata Vergine Maria
La comunità della Venaria Reale
Nel 1703 il 25% della superficie comunale serviva agli interessi della corona, patrimoniali ed economici, erano curati dal capitano della
Venaria, questi era tenuto a risiedervi stabilmente. Due
sindaci e dei consiglieri eletti periodicamente rappresentavano la comunità di cui Bartolomeo faceva parte ed era consigliere,
ma le decisioni erano subordinate a quelle della corona. Secondo una prassi comune, attraverso la cooptazione si escludevano ingressi indesiderati nel Consiglio: non
a caso le famiglie più antiche del luogo mantennero il controllo delle cariche di sindaco e consigliere ancora per molto tempo
Per approfondire vedi:Terra e popolazione in un luogo di cacce
Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
Davide De Franco,
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’.
Venuti da fuori, grazie al servizio per la corte
Nel 1696 tra i principali proprietari allodiali si segnalavano un membro appartenente a una
famiglia originaria di Altessano Superiore. Tutti gli altri provenivano da fuori e le loro fortune
provenivano dal servizio alla corona: vi si contava il conte Gerolamo Galleani, imprenditore della seta, attività che godeva della protezione di Vittorio Amedeo II
ed era un prezioso bene del Piemonte, il figlio di questi e Fabrizio Mulandi, capitano della Venaria, carica della quale più
tardi sarà insignito Bartolomeo, anch'egli venuto da fuori. Nativo i Sospello nel Nizzardo, Mulandi divenne ben presto il più
influente uomo del territorio, grazie al suo servizio per la corte. Mulandi intermediario agevolato tra la comunità del borgo
e la corte svolse quel compito di equilibrio tra gli interessi sovrani e quelli della comunità senza entrare in urto
con questa.
Per approfondire vedi:Terra e popolazione in un luogo di cacce
Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
Davide De Franco,
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’.
Il feudo della Venaria Reale
Il rapporto tra territorio e corona fu un continuo intrecciarsi d'interessi facenti capo alla corte.
Non bisogna dimenticare che Venaria era un feudo, quindi apparteneva al sovrano il quale delegava
un giudice a esercitare i diritti che ne derivavano, come i residui diritti che i sudditi potevano godere su caccia e pesca dove non
rientrassero nelle prerogative regie.
Una parte di rilievo era coperta dal Gran Cacciatore, in quanto oltre a sovraintendere l'organizzazione delle cacce sovrane era
Governatore con i poteri a questa carica inerenti. Al capitano della Venaria spettava invece
un generico controllo anche l'esecuzioni degli ordini che il Gran Cacciatore impartiva. Il suo
compito era restato invariato dai tempi del Mulandi avendo il compito di mediatore tra Gran Cacciatore e borgo e più in generale
con la comunità. Palese l'esempio della doverosa richiesta di licenza, dopo averne fatta una relazione, che l'amministrazione del borgo nel caso
si organizzasse qualche festa o ballo la sera prima dell'evento.Come al capitano spettava l'affissione dei manifesti emessi dal governatore
riguardanti la pubblica utilità.
per approfondire vedi :Terra e popolazione in un luogo di cacce
Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
Davide De Franco,
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’.
Le relazioni tra la comunità della Venaria e il sovrano
Tra la comunità e il sovrano le relative relazioni altalenarono
tra partecipazione agli eventi della corona
a momenti di tensione. Nel 1741 nel palazzo di Venaria la regina Elisabetta di Lorena mise al mondo
Benedetto Maurizio, suo secondogenito. Volendo il consiglio comunale solennizzare un giorno con tutta la pompa possibile,
con una messa nella chiesa parrocchiale, fuochi artificiali e illuminazione del borgo,
a cui fece seguito a soli pochi giorni di distanza il lutto per la regina, morta a seguito dei postumi del parto.
Tempo dopo annunciate le nozze dell'erede al trono, che sarà Vittorio Amedeo III e Maria Antonia Ferdinanda
di Borbone, il Consiglio volle celebrare il felice avvenimento ponendo 600 lumi
a illuminare le facciate poste sulla via maestra, spari di mortaretto e fuochi detti di gioia.
La coppia reale giungeva al Palazzo della Venaria e per questo
venne deciso dal consiglio comunale l'imbiancatura delle facciate
di quei palazzi che fossero rivolti verso la contrada maestra.
Il sovrano volle contribuire alla ricostruzione della parrocchiale che era crollata nel 1753
Lo stesso Carlo Emanuele III la mattina del 6 settembre pose la prima pietra con una medaglia d'oro
sul quale era incisa l'effige del casato. Così si inaugurò il cantiere
che portò alla costruzione della chiesa come progettata dall'architetto Benedetto Alfieri.
Era questo un modo per celebrare con un'architettura posta nella scenografica via principale
il fasto sabaudo e pareggiare la costruzione che gli stava in faccia con mirabile simmetria.
Per approfondire vedi :Terra e popolazione in un luogo di cacce
Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
Davide De Franco,
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’.
La comunità esentata dal pagare il tasso
Esentata dal pagamento del tasso, la comunità restava obbligata a fornire una
corrispettività dei carriaggi, e somministranze.
L'intendente di Torino ricevette l'ordine da Carlo Emanuele III nel 1757 di sciogliere il Consiglio comunale
per aver negato su consiglio di certi avvocati di Torino, la fornitura settimanale di carne al capitano della Venaria
e che era destinata quale
privilegio al Gand Veneur.
Il macellaio coinvolto nella controversia venne processato.
A livello ecclesiastico si ebbero non pochi contrasti
tra la Parrocchia della comunità, dedicata alla Natività di Santa Maria,
e la cappella di Sant'Uberto si acuirono. Questa ultima era stata istituita nel
1728 con Breve del papa Benedetto XIII, dopo tutta una serie di vicissitudini e contrasti con la Curia
romana. La regia cappella in verità dipendeva con i suoi ecclesiastici dal
grande elemosiniere, che svolgevano gli uffici religiosi nell’ambito della corte, intesa
sulla famiglia reale e la nobiltà e il personale di servizio.
Per approfondire vedi :Terra e popolazione in un luogo di cacce
Venaria Reale tra Sei e Settecento: percorsi di ricerca
Davide De Franco,
Università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’.
Scene di caccia
Large Landscape Wild Boar Hunting Oil on Canvas 18th Century - Descrizione: Grande paesaggio con scena di caccia al cinghiale
Olio su tela. La scena è ambientata ai piedi di una montagna sulla sponda del fiume dove un pescatore sta pescando
(nel frame è stato tagliato fuori) e il focus è su un gruppo di cacciatori vestiti da cavalieri antichi, forse Romani e armati di spade e lance che stanno sferrando il colpo
di grazia ai selvaggi già feriti e morenti cinghiale con l'aiuto dei cani. -Time: XVIII Century - from 1701 to 1800.
- Fonte: https://www.dimanoinmano.it/fr/cp147370/arte/pittura-antica/grande-paesaggio-con-scena-di-caccia#&gid=null&pid=3
Come era tradizione di allora anche Bartolomeo partecipava alle battute di caccia. Non era certamente la caccia alla volpe in uso
poi presso gli aristocratici del sette-ottocento Inglese, e che si protrasse come sport fino alla sua abolizione. La caccia
era ad animali di una certa mole, cervi, caprioli, cinghiali.
La sciabola da caccia prediletta da Bartolomeo.
Con un'arma in tutto simile a quella illustrata, ma meno decorata, Bartolomeo partecipava al rituale delle cacce.
Oggi gli animalisti troverebbero da censurare o almeno molto da ridire su questa passione della caccia. Era senza dubbio una
brutalità che non si addice più ai nostri tempi, ma per allora era considerato un sano passatempo. L'uomo ha
sempre provato gusto nel prendersela con gli animali, anche quando non vi era necessità di nutrirsi. Questo perché gli animali
non sono in grado di difendersi oltre un limite basilare, non hanno a disposizione fucili automatici, e se in un universo
parallelo questo fosse possibile, l'uomo, trovandosi ad armi pari, perderebbe tutto il suo vantaggio. La caccia è appassionante anche
senza preda. Ma il cacciatore che agisce onestamente, rispettando gli animali che caccia, è senz'altro encomiabile se poi
si nutre di ciò che ha cacciato. Un macello, che è una mattanza di animali inermi fatta per nutrirci senza fatica, non regge al paragone.
Rapporti con la gente del villaggio
Barthelemy molto ben voluto a corte ma aveva un carattere deciso e risoluto, si faceva rispettare e pretendeva puntigliosamente
il dovuto. Quando gli amministratori del borgo a seguito di un consulto con gli avvocati di Torino negarono la quantità di libbre di carne che erano destinate al Grand Veneur, ebbe un duro scontro con essi
.
Piacevole alla corte, al di fuori di essa non era una persona con cui ci si sarebbe intrattenuti volentieri, soprattutto
se si aveva qualche dissenso.
I rapporti matrimoniali all'epoca
Il rapporto di Bartolomeo con la consorte Caterina era quello di un uomo del suo tempo. Raramente ci si sposava per amore, il matrimonio era sopratutto
un affare che poteva portare una ricca dote. Le donne dovevano fare molta attenzione nelle loro "liason" per non renderle pubbliche
e suscitare così uno scandalo. Gli uomini in questo erano più liberi, ma dovevano stare attenti a non provocare le lagnanze dei
parenti della consorte. Va anche aggiunto che un marito vendicativo non piaceva troppo. Si può dire che l'epoca degli amori eroici
per quanto riguarda la corte, era terminata ai tempi di Luigi XIV, più o meno con Vittorio Amedeo II di Savoia.
Alla ricerca di un padrinaggio, tra nobili e cacciatori
Piuttosto ambizioso,Bartolomeo alla nascita del suo primo figlio avrebbe voluto per padrino il re, ma dovette accontentarsi del Governatore in seconda
della Venaria reale, Carlo Amedeo di San Martino di Agliè Marchese di Rivarolo, Gran Veneur nonché Gran Croce dell'Ordine di Santi Maurizio e Lazzaro,
che delegò i coniugi Vietto. Rivarolo pochi anni dopo sarà nominato Vicerè di Sardegna e riceverà il Collare dell'Annunziata. Era un nobile
feudale di antica data e avere un padrino simile aveva un certo peso in chi nobile non lo era o comunque lo era di piccola nobiltà.
Abdicazione di un re
Il re Vittorio Amedeo II che del suo faceva di nome Vittorio Amedeo Francesco, abdicò il 3 settembre 1730 ritirandosi in Savoia, dove
venne raggiunto dal Rivarolo, anche lui abdicatario dalla carica di Governatore della Venaria. Nel settembre del 1730 Vittorio Amedeo II cercherà
di tornare e di riprendersi il trono. Ma ai tempi "dell'Ancien regime" un sovrano che abdicava poteva solo usare la forza per riprendersi il potere, un Mattarella bis
non era permesso ne consentito dall'ordinamento.
Rivarolo venne arrestato per ordine diretto del nuovo re, forse perché sospettato di voler consegnare
Torino al vecchio sovrano. Chiuso nella Cittadella venne poi mandato al confino nei suoi feudi, per essere poi richiamato pochi anni
dopo la morte del vecchio re da Carlo Emanuele III che nel 1733 rimise al suo servizio l'anziano nobile.
Maria Angelica: un altro padrinaggio illustre, il nobile Francesco Grassi, siciliano
Il 25 marzo dalla coppia Bartolomeo e Caterina Bordon nasceva la figlia Maria Angelica, e come padrino ebbe l'Illustrissimo Francesco Grassi, siciliano, della nobile famiglia Grassi
L'abito da commendatore dei Santi Maurizio e Lazzaro
Commendatore di Santi Maurizio e Lazzaro
Così doveva apparire il commendatore Bartolomeo, con il suo abito ben confezionato da qualche sartoria illustre di Torino.
Questo abito lo avrebbe usato solo per le funzioni ecclesiastiche, cioè quando si doveva recare in chiesa con gli altri
appartenenti all'ordine per le cerimonie in uso. L'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
al quale era attaccata la commenda acquistata da Bartolomeo, era inferiore di rango a quello dell'Annunziata, l'Ordine
per eccellenza di casa Savoia, destinato a premiare unicamente i grandi nobili o i grandi Ministri
del Regno. All'ordine di Santi Maurizio e Lazzaro si era ammessi
dopo prove di nobiltà o per chi non poteva vantare antenati nobili di tre generazioni, per grazia Sovrana.
Ma con la restaurazione furono ammessi individui dei quali non era propriamente provata la nobiltà, piuttosto per
meriti. Se ordini analoghi che volevano essere più aperti anche ai nobili non di rango o antichi, in altri
paesi fallirono questo obbiettivo, finendo per diventare un esclusivo ricettacolo per la nobiltà di lunga data,
non così fu per Santi Maurizio e Lazzaro. Agli appartenenti a questo Ordine era comunque fatto obbligo
di portare l'insegna della croce.
Le prove di nobiltà per essere ammessi nell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
Prove Nobiliari di un cavaliere di Giustizia - Fonte: https://www.ordinidinasticicasasavoia-lombardia.com/category/ordini-di-casa-savoia/ordine-militare-e-religioso-dei-ss-maurizio-e-lazzaro/
Le prove nobiliari presentate a Torino dal Cavaliere di Giustizia dell’Ordine dei Santi Maurizio Nob. Don Cosimo Canelles di Cagliari nel 1789
Emanuele Filiberto, per l’ammissione nell’Ordine, fisso’ delle regole molto precise e severe, delegando due Cavalieri ”anziani” affinché vigilassero,
ascoltassero i testimoni giurati presentati dal candidato e assumessero informazioni segrete sui seguenti requisiti :
”Se nato di legittimo matrimonio, non abbia origini da Giudei, Marrani o Saraceni; non sia criminoso di lesa maestà
divina o umana; non sia colpevole di gravi delitti; non sia dotato d’infamia; sia sano e ben disposto di mente
e di corpo; non sia minore di 17 anni; la sua persona non sia obbligata ad alcuno; non sia gravato di debiti;
provi la nobiltà di quattro quarti, cioé di padre, di madre, avolo e avola paterni e materni,
i quali abbiano sempre vissuto nobilmente, non abbiano fatto esercizio alcuno vile per il quale abbiano pregiudicata
la nobiltà; che mostri l’arme sue e dei suoi, colorite; i testimoni siano nobili o almeno di buona vita, condizione
e fama, e in difetto, si producano scritture autentiche.”
Visto con l'occhio di oggi i criteri sono molto discutibili se non censurabili, ma quando
l'ordine era stato rifondato, da Emanuele Filiberto nel XVI secolo questi erano requisiti
molto importanti. La legittimità dei natali era una classica richiesta della nobiltà,
anche se i Savoia stessi ebbero molti discendenti illegittimi e non mancarono mai di attribuire loro nobiltà
e feudi. Non essere Giudei era un pallino comune di allora poiché il Giudei o gli ebrei
praticavano il prestito a usura e questo era riprovevole, salvo poi che l'usura nei fatti veniva
praticata anche dai nobili seppure in altra forma. Anche l'essere Saraceni non ne permetteva l'ingresso
di Giustizia, perché i Saraceni erano stati il nemico giurato dei cattolici di allora, un altro
pallino dei jihadisti crociati. Vengono poi altri fatti negativi e di positivo si stabiliva l'ingresso a 17 anni,
quindi quando un individuo poteva ragionare. Il colore richiesto alle armi era per essere sicuri che
fossero armi nobiliari e non di altro tipo che non portavano colore. Ma si potevano produrre scrittura autentiche
se non si fossero trovate armi colorate, che molte volte, ancora oggi per chi ricerca in materia araldica non si trovano
in tecnicolor.
I requisiti per l'ingresso nell'ordine non ci sono, le prove di nobiltà sono parziali o mancano
Bartolomeo non aveva prove di nobiltà sufficienti per essere ammesso come cavaliere "di Giustizia" nell'ordine. Il re dovette
emettere un ordine di "Grazia" perché venisse ammesso. Questo escamotage permetteva ai borghesi o ai patrizi che non avevano
nobiltà dimostrabile per tre generazioni passate, di venire ammesse. Era perciò un ordine aperto
per quanto fosse il concetto di "aperto" per l'epoca. E il re ne traeva vantaggio nel premiare così i funzionari
o coloro che ne erano meritevoli negli impieghi, indipendentemente dal loro lignaggio. Era un ordine tradizionale di casa Savoia,
il cui principe e titolare nominale del Regno d'Italia ancora oggi ne approva o varia gli statuti e ne concede la decorazione.
Quando i re hanno la memoria lunga, Vittorio Amedeo III
Nel 1789 il re Vittorio Amedeo III si ricorderà ancora di Bartolomeo Didier quando il figlio di questi, Vittorio Amedeo Didier, il Riformatore,
rivolgerà una supplica al sovrano per ottenere che suo figlio il nobile Carlo Didier venisse esentato dal servizio dopo che aveva
combattuto contro i Francesi. E il re scriverà di concedere i gradi e la giubilazione al giovane Carlo per riguardo al suo servizio
e valore e per riguardo all'ormai defunto Commendatore capitano di cavalleria Bartolomeo oltre che per riguardo a Vittorio Amedeo Didier