Jan Steen -
The Village School - circa 1665 - National Gallery of Ireland, Dublin - public domain
Nato francese
Carlo III detto il buono succedette a Filiberto II di Savoia nel 1504.
Considerato un debole ripetto al fratellastro a cui era successo alla guida del ducato,
si avvicinò alla Spagna attirando l'attenzione della Francia nel 1515.
Ma la Spagna del suo aveva ancora la migliore fanteria d'Europa, con il glorioso e famoso "tercio", e la Francia una politica
di ingerenza nel ducato. Le guerre e le armate dei rispettivi paesi si susseguirono
nell'invasione del ducato e il re Francesco I di Francia aspettava solo l'occasione per annetterlo al suo regno.
Questo avvenne nel 1523 quando Francesco I decretò l'occupazione del ducato,
prontamente invaso da un esercito francese.
Carlo III non aveva molte scelte, la sua diplomazia era scarsa, il ducato
non era militarmente in grado di competere con l'aggressore senza l'ausilio della Spagna.
Dopo un tentativo difensivo del Duca, Torino cadde il 3 aprile del 1523.
Carlo III si rifugiò a Vercelli continuando la lotta,
ma da vivo non vide il suo stato libero dai francesi.
E' in questo contesto, sullo sfondo della guerra tra Spagna e Francia, che nascerà Barthelemy. Le truppe
francesi avevano già occupato la Savoia e Francesco I ne era il sovrano quando Barthelemy
vide la luce. Nato quindi francese e sottoposto alle leggi ed editti di Francesco I solo nel 1564
sarà a tutti di effetti un suddito del rinato ducato di Savoia.
Enrico II re di Francia
Enrico II di Francia
Enrico II di Valois nacque a Saint-Germain-en-Laye il 31 marzo 1519 e morì a Parigi il 10 luglio 1559.
Re di Francia dal 1547 al 1559, secondogenito di re Francesco I e di Claudia di Francia.
Sposò Caterina de' Medici. Essendo morto il fratello divenne l'erede al trono (Delfino) e duca di Bretagna
(la madre aveva ereditato questo titolo da Anna di Bretagna).
Diana di Poitiers, sua amante, e il duca Anne di Montmorency influenzarono decisamente la sua politica.
Enrico continuò la guerra contro Carlo V seguendo le orme del padre;
Con lui il regno annettè i vescovati di Metz, Toul e Verdun, strappò il Piemonte e la Savoia agli spagnoli.
Prese il titolo di "protettore delle libertà tedesche", appoggiando la causa dei protestanti in Germania,
riuscendo in questo modo a intromettersi negli affari interni dell'Impero di Carlo V.
Annesse il Marchesato di Saluzzo nel 1549.
Strappò Calais e Guînes agli Inglesi che si erano alleati alla Spagna
facendoli perdere gli ultimi possedimenti in Francia, 1557-1558.
A San Quintino nel 1557, la Francia fu sconfitta e la guerra con la Spagna subì una inaspettata battuta di arresto.
La vittoria degli Spagnoli, guidati da Emanuele Filiberto di Savoia, comandante delle truppe di Filippo II di Spagna
portò al trattato di Cateau-Cambrésis del 1559. Enrico rinunciò ai suoi possedimenti in Italia,
anche il ducato di Savoia venne restituito a Emanuele Filiberto.
Enrico da fervente e intollerante cattolico negli ultimi anni di regno perseguitò gli ugonotti, protestanti francesi
che si erano cresciuti nel paese così da spaventarlo e farlo pensare che il suo potere fosse in pericolo.
Durante i festeggiamenti del 1 luglio, seguiti alle firme del trattato di Cateau-Cambrésis e al matrimonio della figlia
primogenita Elisabetta col re di Spagna Filippo II, Enrico II venne ferito in una giostra dalle schegge della lancia del conte di Montgomery.
Dopo dieci giorni di agonia, morì.
A lui succedettero uno dopo l'altro i suoi tre figli.
I nazionalismi non esistevano, sono una invenzione comoda del XIX secolo
In questo tempo, intorno agli anni di metà 1500, la Savoia appartiene ancora al re di Francia. In una epoca come quella attuale gremita di patriottismi e nazionalismi, non possiamo
assolutamente renderci conto di quanto gli uomini del medioevo, dove i nazionalismi non esistevano, era più felici. Essere un suddito del re
di Francia o del Duca di Savoia non rivestiva quella grande importanza, era più importante essere nati in quel villaggio piuttosto che
in un altro, essere soggetti a questo signore feudale che a quell'altro. Non c'era il concetto di patria ma un massimo campanilismo, come più tardi per l'Italia
illustrerà molto bene il Tassoni con il poema "La secchia rapita".
La battaglia di Lepanto, quasi una farlocca dei media di allora
La battaglia di Lepanto (artista sconosciuto). - H. Letter, raffigurazione della Battaglia di Lepanto;
Londra, Museo marittimo nazionale. - Pubblico dominio
Per cosa le campane di Saint Sorlin d'Arves, come quelle dei paesi vicini suonavano a festa nel 1571? E di cosa si rallegrava
in quell'anno stesso la famiglia di Barthelemy? Ma della vittoria dei cattolici contro i Turchi a Lepanto. E' una vittoria dei
cattolici soltanto, perché le grandi nazioni protestanti si guardarono bene dall'inviare navi. E il regno di Francia, già alleato dei Turchi, non desiderando
che il re di Spagna diventasse il campione dei Cattolici, fece altrettanto, nessun aiuto. I Turchi erano pessimamente
considerati anche dai Protestanti, ma a queste nazioni lo spirito jahdista e Crociato caratteristico dei Cattolici non interessava.
Di più il papa, assolutamente contrario ai Turchi, aveva convinto la Spagna ad unire le sue forze con quelle, invero tenui, di una
forte confederazione di stati cristiani che si odiavano tra loro. Il re di Spagna sapeva bene che finita l'impresa quelle
stesse nazioni lo avrebbero abbandonato, ma decise di parteciparvi egualmente, purché il comando fosse dato a uno spagnolo.
La battaglia di Lepanto servì poco ai Cattolici, mai come questa può essere definita una vittoria di Pirro,
anche se fu ben venduta ai vari popoli come un'impresa miracolosa dove lo stesso San Pietro era intervenuto da cielo. In realtà
dopo aver annientato la flotta Turca, questa a distanza di pochi mesi era perfettamente ricomposta e pronta
nuovamente a combattere. E le terre perse dai Veneziani, restarono ai Turchi. I Turchi, questi erano odiati di per se stessi
e se catturati, fatti schiavi senza possibilità di liberazione, anche con la conversione al Cristianesimo restavano asserviti
ai loro padroni. E venivano imbarcati a vogare sulle galere inesime ai volontari e ai carcerati. Regole severe ma meno di quelle che colpivano
gli ebrei cercavano di limitarne la libertà il più possibile. Erano considerati pericolosi tanto che sulle galere per sicurezza
venivano accostati ai cristiani condannati. Tuttavia quando non vogavano ed erano a terra riuscirono ad aprire piccoli commerci
e luoghi frequentati spesso anche dai cattolici, riuscendo a vivere un poco in fraternità. La situazione degli schiavi Cristiani,
con i quali a volte venivano scambiati, presso i Turchi era diversa se questi si convertivano all'Islam facendosi Musulmani.
Un mito che dura ancora
Ancora oggi spesso si legge : la battaglia di Lepanto
(1571) nella quale la Lega Santa sconfisse l'Impero ottomano, scongiurando il pericolo di un'invasione islamica in Europa.
Piace a una certa retorica dimostrare come Lepanto o ad esempio Poitier siano punti culmine di una imminente invasione
debellata, mentre furono solo nella realtà due battaglie. A Poitier poi con Carlo Martello fu una vittoria su una scorreria
atta a razziare non a occupare. E non fu nemmeno l'unica vittoria poiché in Spagna i feudatari avevano già ottenuto in antecedenza
delle vittorie sugli Arabi, ma non sono mai state così celebrate. Fu senza dubbio una grande battaglia e i cronisti della Spagna Islamica
lamentarono il gran numero di morti, dicendo che la strada era costellata di martiri. Lo stesso governatore
della Spagna cadde e tutto il bottino razziato venne abbandonato. Il pericolo Islamico, che piace tanto evocare come una minaccia alla cultura
Occidentale di allora cosa avrebbe poi portato? Nella Spagna Araba i cristiani vivevano normalmente con clero e culto, cosa che ai Musulmani
non era permesso fare allora in Europa, e la stessa cultura Islamica tanto temuta, era stata accolta dagli Arabi studiando
i Latini e i Greci nello spezzone delle terre conquistate all'Impero Romano. La stessa cultura Latino-Greca che venne
faticosamente recuperata dagli Europei. In quanto alle radici cristiane dell'Europa tanto evocate, bhe, il cristianesimo era un culto Orientale
e quando divenne religione, era in prevalenza una religione Asiatica, visto che aveva centro nella odierna Turchia. Ma ai popoli viene spesso
propinata l'eroica resistenza di un gruppo di arditi, basti pensare alla celebrazione di Stalingrado da parte dei Sovietici,
dove i Nazisti non presero la città perché i generali della Wermatch avevano da impiegare meglio le loro forze in
altri luoghi che a Stalingrado.
Jan Steen -Prince’s Day -1660 Rijksmuseum, Amsterdam, Netherlands -public domains
Il giorno del prezzo. Interno di una locanda con una compagnia che celebra la nascita di
Guglielmo III d'Orange il 14 novembre 1650. La gente beve, mangia e ride a tavola.
A sinistra un uomo sta leggendo da un pezzo di carta.
Sulla parete sopra un letto è appeso un ritratto del principe.
Sopra il tavolo è appeso un lampadario di rame con un ramoscello d'arancio e una campana.
Antiche origini: non sono brava gente
Da dove provenivano questi Didier? Non lo sappiamo. Si sa che tenevano in Saint Sorlin D'Arves con altri comuni dei beni dei De la Chambre, una potente
famiglia che dominava la Maurienne. In Savoia esistevano diverse famiglie Didier, i Didier di Landry in Tarantasia ai confini con la Valle D'Aosta, antichi nobili con i quali questi non hanno nulla
da spartire. I Didier di Saint Michel de Maurienne, dei quali si può tracciare una geneologia dal XIII scecolo e che hanno
anche un ramo di feudatari, ma con questi Didier non hanno nessuna attinenza. I Didier di Mont-Denis, presso Saint Jean de Maurienne, una famiglia borghese anche essa di antiche origini.
Ma i Didier dei quali trattiamo, forse venivano da Argentine, una cittadina vicina a Saint Jean de Maurienne. Un indizio
importante dovrebbe essere quello di vedere citato in un atto il cognome Didier insieme a quello di una
famiglia di Saint Sorline D'Arves.
Professione : masnadiere
Cosa facevano? Nei tempi erano diventati masnadieri, vivevano prepotenti taglieggiando
protetti dall'autorità dei conti Savoia.
Non erano nobili, ma poiché esercitavano in nome e per conto del Conte di Savoia
l'autorità manu militari, cioè l'ordine pubblico, avevano destrieri corazzati e armi, oltre che ronzini tenuti pronti per dare manforte al conte di Savoia
quando chiamava per la guerra.
Questi masnadieri protetti dall'autorità comitale non risparmiavano con le loro prepotenze
neppure i nobili. Tanto che tenevano l'ordine nel mercato di Aiguebelle, dove Pierre e Thibeaut, fratelli, attaccarono rissa col nobile Pierre de Corlenovo
e la sua scorta.
E le condanne per risse, ferimenti, malversazioni continuano a tutto il XIV secolo. Per esempio Pierre
uccide il cane di Guglielmo Escossier, probabilmente perché gli era di disturbo nell'invadere la terra del detto Escossier.
Per non
dire che rubavano persino ai morti: nel senso che facevano impiccare la gente per impossessarsi delle loro sostanze.
Certo ogni tanto
arriva un bando dal Conte di Savoia, ma pagando, tutto si risolveva. Il più noto tra loro fu Jacques guardia del corpo del Conte
a Chambery, quando i Savoia si trasferirono da Aiguebelle a Chambery
Questi atteggiamenti oggi sarebbero sanzionati col carcere per associazione Mafiosa
e il 416 bis non glielo toglierebbe nessuno.
15. Una ricerca difficile senza dimenticare la schwa
Jan Steen, The fat kitchen - about 1650-1655 - Cheltenham gallery- public domain
Poche fonti per risalire alle origini
I nobili avevano genealogie ben conosciute, ma dei paesani sappiamo poco, anche perché
al contrario della vicina Italia nella Savoia del XVI secolo non ci sono molti registri di battesimo, di matrimonio e di morte.
La tendenza è quella di applicare il dettato del Concilio di Trento con molta lassezza. Anche i censimenti sono rari. Del resto con il tipo
di scrittura dei documenti del periodo la schwa (e) si applica di continuo.
Le galleria di ritratti dei nobili
Don Rodrigo si arrovella davanti ai ritratti dei propri antenati (1831)-
Autore:Bartolomeo Pinelli-1831 Roma -(Roma 1781 - Roma 1835)-
Archivio di Banca Popolare di Sondrio. Fonte: https://www.popsoarte.it/TemplatesUSR/Site/IT/TemplatesUSR-Site-img/opere/PS_DSC7971_mix-50-perc_cmyk.jpg
..
I nobili di antica data e di un certo lignaggio potevano anche vantare una galleria di ritratti dei propri antenati,
a volte abbastanza di fantasia altre volte con riscontri reali. I contadini non avevano ritratti anche se i notai, gli avvocati, i mercanti
e gli ecclesiastici il ritratto se lo facevano fare, seppure esercitavano la volgare "ars mechanica", che così ribrezzo faceva alla nobiltà
e dalla nobiltà li escludeva assolutamente.
Tra il serio e il faceto riportiamo un brano dei "Promessi sposi" di Alessandro Manzoni, dove sono meticolosamente
descritte le sensazioni di don Rodrigo, che nobile lo era da diverse generazioni, e anche di grande lignaggio, di fronte
ai suoi antenati esposti in galleria.
Don Rodrigo si arrovella davanti ai ritratti dei propri antenati (1831)
Lo sguardo terribile e severo dei propri antenati, magistrati e capi militari, accresce in don Rodrigo l’inquietudine
e il rovello per l’oscura profezia scagliatagli dal frate («Verrà un giorno»), tramutandoli in orgogliosa volontà di
emularne la potenza nella malvagia soddisfazione del proprio prepotente capriccio. Corazze, mazze e scudi, tutti segni dell’interiore sogno di potenza che germoglia nel petto di don Rodrigo.
I Promessi Sposi, cap. VII, ed. 1840
Don Rodrigo [...] misurava innanzi e indietro, a passi lunghi, quella sala, dalle pareti della quale pendevano ritratti
di famiglia, di varie generazioni. Quando si trovava col viso a una parete, e voltava, si vedeva in faccia un suo
antenato guerriero, terrore de’ nemici e de’ suoi soldati, torvo nella guardatura, co’ capelli corti e ritti,
co’ baffi tirati e a punta, che sporgevan dalle guance, col mento obliquo: ritto in piedi l’eroe, con le gambiere,
co’ cosciali, con la corazza, co’ bracciali, co’ guanti, tutto di ferro; con la destra sul fianco, e la sinistra
sul pomo della spada. Don Rodrigo lo guardava; e quando gli era arrivato sotto, e voltava, ecco in faccia un altro
antenato, magistrato, terrore de’ litiganti e degli avvocati, a sedere sur una gran seggiola coperta di velluto rosso, [...] macilento, con le ciglia aggrottate: teneva in mano una supplica, e pareva che dicesse: vedremo. [...] Alla presenza di tali memorie, don Rodrigo tanto più s’arrovellava, si vergognava, non poteva darsi pace, che un frate avesse osato venirgli addosso, con la prosopopea di Nathan.
Per i ritratti della famiglia trattata, si è cercato tramite modelli
di ricostruire come potevano apparire i vari personaggi.
Se è vero che grazie alla genetica sappiamo che il DNA trasmesso per linea paterna,
cioè solo per linea maschile, riproduce una serie di tratti del volto che si trasmettono
unici di padre in figlio, e questo vale anche per prova della filiazione nei tribunali come quella dello stesso DNA,
e pur vero che anche così
queste elaborazioni restano immagini di pura fantasia, fatte per riempire dei vuoti
che sarebbero stati noiosi a vedersi se non colmati dall'immaginazione.
Seppure dove è
stato possibile, le immagini sono corroborate con descrizioni parziali che all'epoca o a posteriori
sono a noi pervenute.
Jean Steen - Drinker-
(Currently @ Musée Barrios, Bar-le-Duc, France.)
Case di sassi con i tetti ricoperti di paglia che si cambiava ogni anno, e con stalla annessa.
Barthelemy, il capostipite della famiglia abita in una casa di pietre dal tetto di paglia con inglobata la stalla.
Nelle abitazioni tipiche della zona questo elemento era realizzato per sfruttare nell'inverno il calore animale.
Se avessimo chiesto ad un abitante come trovava queste case, ci avrebbe risposto che erano
molto confortevoli. E in effetti a loro dovevano sembrare una perfetta comfort zone.
Certamente avevano la percezione
che le abitazioni nobiliari, in castelli o i palazzi fossero il top del comfort, ma perché nei castelli e nei palazzi si trovavano molti servitori
che lavoravano di continuo per la comodità dei nobili. Servi che portavano l'acqua, che imbandivano mense, che cucinavano. Qui la vita
era invece organizzata in modo patriarcale e i parenti aiutavano, anche se troviamo anche qui, seppure in numero molto
ridotto, camerieri, cameriere, servi, che in genere nel censimento della Gabella del Sale del 1561 sono indicati senza nome e cognome
insieme agli animali.
Tuttavia la casa, con le sue robuste mura, era un riparo sicuro dalle intemperie. La paglia, il focolare, gli animali domestici
servivano a riscaldare l'ambiente nel cuore dell'inverno. L'acqua era conservata in borracce o in botti ma se la si voleva fresca
si andava al vicino torrente o alla fonte. Che cosa desiderare di più, se non si aveva visto l'acqua corrente e il riscaldamento
centralizzato, e i racconti degli anziani sostituivano la tv di oggi?
E Internet e i social? Bastava andare alla taverna o uscire
di casa e si era connessi ogni giorno, perché le voci correvano più in fretta di quanto possiamo pensare oggi, che consideriamo
nell'antichità, tutto lento e disorganizzato.
Un tipo di riscaldamento ecosostenibile, era quello animale, giunto al focolare e alle ceneri raccolte messe in vasi di bronzo magari da tenere sotto gli abiti
quando si usciva nelle rigide e corte giornate invernali, era quanto di meglio si potesse avere per riscaldarsi.
Le case tradizionali di Saint Sorlin D'Arves.
Le vecchie abitazioni come ci vengono descritte oggi
I muri delle vecchie case erano molto spessi, costituiti da due pietre a secco piramidali separate da
uno strato di terra per l'isolamento termico.
Generalmente, variano da 1,1 ma 1,2 m di spessore e 0,7 m nella parte superiore.
Un tempo tutti i tetti erano di paglia, tuttavia molti incendi devastavano i villaggi.
Ardesia e lamiera zincata hanno sostituito la paglia.
La tettoia protegge ampi balconi sui quali venivano utilizzate cataste di legna per la preparazione dei pasti.
Il riscaldamento era fornito dal calore degli animali.
Sulla strada fino al fraîtage c'è il fienile che ospita le riserve di fieno, grano,
paglia (per svernare una mucca sono necessarie tre tonnellate di fieno).
L'orzo e la segale raccolti a fine estate davano ristoro in inverno (dall'alba al tramonto):
l'aia è nella stalla vicino alla porta. Il pignone è ad arco intrecciato per consentire una buona aerazione del fieno.
La farina di segale si usava per fare il pane in forno una volta al mese, l'orzo si usava anche nella dieta la paglia
di segale si usava per le coperture, la paglia d'orzo per riempire i materassi dei letti.
Vestiario, sale, cereali e quant'altro temesse l'umidità venivano custoditi in piccole soffitte in legno o isolate
in locali dotati di fienili interni.
Una visita a Barthelemy e al villaggio
E' una bella giornata di primavera, il terribilmente gelido inverno del 1561 è ancora dilà da venire. Proviamo ad entrare
nella casa di Barthelemy. Già da fuori ci sembra un pò spartana, ma solida e massiccia. E' più grande delle altre case, e si trova in
località Le Pre. Barthelemy è andato all'osteria dei Tre re , e la sua famiglia è fuori, probabilmente accudiscono
le 5 mucche e le capre perché nella
stalla interna, oltre alla porta dove cìè l'area del pollaio e dove starnazzano delle galline, vediamo solo qualche animale.
Scopriamo un monolocale con una cucina molto rustica che poi
sarebbe più che altro un angolo cottura. Una parte dello spazio è adibita a camera per i bambini. Vediamo una coppia di cassapanche,un
tavolo, il tutto in stile rustico, un letto in noce con delle trapunte. Ma non ci sono tende, anche perché le finestre sono piccole
e sembrano più a feritoie. Ah dimenticavo, c' è anche un buffet. Ma i letti per i figli sono solo quattro e ci sono cinque figli, più due
altri che sono i parenti della moglie purtroppo morta da pochi anni. Sedie? Poltrone? Neanche a parlarne. Ci sono due panche. Gli
utensili da cucina non sono molti, due griglie, un calderone, una pentola in ghisa per
cuocere le carni, un "vaso per impastare il pane". Nessuna traccia di piatti.I tavoli sono di abete, il legno è povero.
Ci sono diversi attrezzi per lavori vari, coltellacci, accetta per spaccare la legna. Adesso la legna accatastata sul grande
balcone ben coperto dalla paglia del tetto,
è poca ma all'inizio dell'inverno doveva essere molta. Sappiamo, per averlo letto nei documenti del tempo, che il legno manca e qui a Saint Sorlin è prezioso. La foresta
d'Olle è stata quasi interamente estirpata.
Incuriositi da un oggetto appeso alla parete, un corta lancia con un cordellino decorativo, chiediamo a Bernard, un vicino di Barthelemy,
a cosa serve. "Par Dieux ma ou venez ax pais dez alloc?" ci chiede, prima di spiegarci che serve per la caccia al lupo.
Veniamo così a sapere che Barthelemy come suo padre era particolarmente eccellente in questo tipo di caccia e che dava
volentieri una mano a quelli del villaggio, quando era più giovane, nel cacciare i lupi. Chiediamo se da queste
parti sono feroci. Abbiamo in mente "La Bete du Grisvaudan", la bestia del Grisvaudan che due secoli più tardi terrorizzerà
la popolazione nel territorio del Delfinato Francese. Il nostro interlocutore, che sembra non ha nulla da fare, ci spiega che sono molto feroci e grossi, tanto che uccidono
i cani se gli vengono aizzati contro, o li spaventano così da farli fuggire. Hanno zanne affilatissime e morsi che non perdonano.
Siamo un pò dubbiosi, come affrontare un animale del genere solo con una corta lancia? Ma veniamo a sapere che c'è di
peggio. Gli orsi si affrontano sì con la lancia, ma più spesso bisogna affondare nel loro petto un grosso
coltello, perché finiscono con lo spezzare la lancia o disarmare chi li attacca. Abbiamo capito che gli abitanti di qui non sono
animalisti e non hanno rispetto della natura. Ma sembrano saperlo, infatti l'uomo da noi interrogato
ci spiega come i lupi siano forti e coraggiosi. Poi conclude dicendo che per lui gli uomini hanno solo
fatto del male alla terra e agli animali, ma questa è la nostra natura.
Fonte: https://vk.com/photo-20619378_278098162
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Una vocazione prevalentemente pastorale
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Pieter Brueghel the Elder (1526/1530–1569) (I) q:it:Pieter Bruegel il Vecchio-
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Pieter Brueghel the Elder: The Hay Harvest (early summer June/July)-
Date 1565-
Collection
House of Lobkowicz wikidata:Q302413-
References
https://www.wga.hu/html/b/bruegel/pieter_e/07/12july.html Edit this at Wikidata-
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https://archive.is/Iy5v3/77829be0b0be73d3ab55f7d17c08bf458090357f.jpg
Allevamento, una attività predominate
Nei villaggi di montagna come quello di Saint Sorlin D'Arves, l'allevamento era prevalente. Capre, che richiedevano poco lavoro
perché mangiavano di tutto, pecore da cui ricavare pelli e formaggi e mucche da latte.
A Saint Sorlin D'Arves si poteva trovare una popolazione dedita alla pastorizia ma anche necessariamente ai lavori agricoli che
essa richiedeva. Stoccare il fieno per nutrire gli animali durante i lunghi inverni, e prima ancora mieterlo.
David Teniers the Younger - Shepherds and Sheep - 1650 - Metropolitan Museum of Art - public domain