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57. Nell'Italia Umbertina





Reparti dell’esercito presiadiano piazza del Duomo a Milano (“Illistrazione popolare – Giornale per le famiglie” 8 maggio 1898)






Maurizio e il fratello Giuseppe, due conti per un titolo





Alla morte di Gabriele, nel 1884, ci sarà un dissenso interno. Il conte Maurizio che morirà nel 1886 appena due anni dopo Gabriele, lascerà il titolo al figlio Antonio, ufficiale di Pubblica Sicurezza, che brevetterà negli anni 1920 un lucido da scarpe.

Questo sarebbe il ramo legittimato a portare il titolo di conte della Motta, almeno stando agli almanacchi militari. Ma vedrà la concorrenza del ramo di Giuseppe, un altro dei molti figli del cavaliere Gabriele.






Antonio e la consorte Giulia Weber






Antonio Maria Gabriele Giacchino





Antonio Cenni biografici

6 conte della Motta X ANTONIO MARIA GABRIELE GIOACCHINO (nato a Torino, Carmine il 17 Agosto 1858) delegato di P.S. Sposa Giulia Weber a Torino, il 24 Maggio 1884, figlia di Enrico, nativa di Torino. Brevetta (1920) a Firenze un preparato per rendere impermeabile il cuoio. (ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO-Brevetti Marchi-Fascicolo 19213-Data Deposito 2/02/1920-Titolare:Didier Della Motta Antonio e Rocca Umberto –Mandatario: A. Mannucci - Firenze - Descrizione: DR Contraddistingue preparato speciale per la conservazione del cuoio in genere e delle suole delle scarpe in ispecie e per rendere impermeabili le scarpe stesse) Conte Didier della Motta cavaliere ereditario titolo ereditato dal padre il conte Maurizio. Prende il nome di Antonio dalla famiglia della moglie del padre, Maurizio, i Viberti, dal padrino Antonio Viberti, medico di reggimento, domiciliato in Savona. Alla sua morte il titolo comitale passa al cugino primo Dionigi Didier della Motta figlio di Giuseppe, per estinzione di linea. 1 Amalia Gioacchina Carola Maria (nata a Rivalta . il 18 Aprile 1885). 2 Irene Giuseppa Luisa (nata a Genova il 14 Gennaio 1889, morta a Torino il 14 Giugno 1916) a 27 anni. Detta La Contessina Didier della Motta.






Giulia Weber





Giulia Weber: Cenni biografici

Consorte di Antonio al quale darà due figlie, entrambe morte giovani, apparteneva a una famiglia di commercianti e importatori dal cognome Bavarese ma dell'Italia meridionale.






Antonio: qui regnano legge e ordine.





Antonio come ufficiale di Pubblica Sicurezza fu in Genova e in Torino e anche in Napoli, sempre seguito dalla consorte Giulia.
Il battesimo della loro bambina Amalia Gioacchina, nel 1885, fu anche il penultimo atto fatto a Rivalta riguardante un Didier. L'ultimo sarà la registrazione del decesso della zia di Antonio. Ma il battesimo avverrà nella casa di Rivalta, la ex abbazia, dalla quale Antonio e Giulia andranno via poco dopo per non ritornarci più. E il decesso di Carola Maria Benedetta Rosalia nel 1922 non avverrà in casa propria, essendo ormai la proprietà di Rivalta passata come pensionato alle suore di San Giuseppe e dal 1909 sede dei Fratelli delle scuole Cristiane che ebbero anche metà della tomba di famiglia dei Didier.

Gli studi di Antonio e la sua attività di archivista





Antonio risulta nell'annuario scolastico Universitario di Torino 1878-79 immatricolato in Farmacia nel semplice corso di abilitazione. La sua matricola è la numero 17 e risulta come Didier della Motta conte Antonio. Questo significa che Antoinio veniva già titolato conte mentre era ancora vivente Il padre Maurizio e il nonno Gabriele.

Ma già nel 1878-79 lo troviamo in Giurisprudenza, senza menzione di titolo. Frequenterà questa facoltà fino al 1884, IV anno, quindi completando il corso.

Nel 1909 lo troviamo impiegato agli archivi come archivista di 2a classe , promosso in 1 classe per merito, con L. 8300 di stipendio.






La dimora di Antonio e Giulia in Torino, l'alloggio di Corso Vittorio Emanuele III 64





Fonte: Google Street View

Fonte: Google Street View

Alloggio di Corso Vittorio Emanuele 64 in Torino

In questo alloggio Antonio e Giulia fissarono la loro residenza in Torino e qui vi crebbero la figlia, la contessina Irene. Da questo stesso portone partì li funerale della contessina, tragicamente morta a 27 anni.

Il conte Antonio brevetta un lucido per rendere impermeabile il cuoio





Il conte Antonio brevetta nel 1920 a Firenze un preparato per rendere impermeabile il cuoio.

(ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO-Brevetti Marchi-Fascicolo 19213-Data Deposito 2/02/1920-Titolare:Didier Della Motta Antonio e Rocca Umberto –Mandatario: A. Mannucci - Firenze - Descrizione: DR Contraddistingue preparato speciale per la conservazione del cuoio in genere e delle suole delle scarpe in ispecie e per rendere impermeabili le scarpe stesse)

I viaggi di Giulia





Giulia Weber

Giulia amava moltissimo viaggiare e risiedette a Napoli con il marito per diverso tempo, amava in particolare Anzio e il lago di Garda






Giulia ad Anzio





Giulia ad Anzio






Il lido di Anzio con Giulia.





Le due figlie della coppia Antonio Giulia





Amalia, la più grande, con Irene nata da pochi mesi, l'immagine è tratta da una fotografia d'epoca. Pochi giorni dopo aver festeggiato il suo compleanno, l'anno stesso 1889 della fotografia la piccola Amalia morirà.






Il re Umberto I, il generale Bava spara alla folla e lui gli dà una medaglia





Umberto I

Umberto I di Savoia nome completo Umberto Rainerio Carlo Vittorio Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio di Savoia nacque a Torino il 14 marzo 1844 e morì a Monza il 29 luglio 1900. Re d'Italia dal 1878 al 1900 era figlio del primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II. Sua madre Maria Adelaide d'Austria, regina del Regno di Sardegna, morì nel 1855. Sul regno di Umberto I ci furono opinioni e sentimenti contrastanti. Da una parte si ricorda positivamente per aver fronteggiato l'epidemia di colera a Napoli nel 1884 dove soccorse personalmente gli ammalati, più concretamente per aver promulgato il codice Zanardelli innovativo di alcuni principi del codice penale il principale dei quali fu l'abolizione della pena di morte. Ma il suo conservatorismo rigido che durante il suo regno andò inasprendosi, lo scandalo della Banca Romana che lo vide coinvolto, e di più ancora la repressione dei moti popolari del 1898 con l'alta onorificenza con cui decorò il generale Bava Beccaris dopo una così sanguinosa azione a Milano gettano un'aurea tutt altro che positiva sul personaggio. D'altra parte nel suo regno di 22 anni fu oggetto di ben tre attentati. Da lui prende il nome l'architettura e lo stile Umbertino sviluppatosi durante il suo regno. In sostanza si dimostrò un sovrano non sensibile ai cambiamenti sociali che bussavano alle porte e che le classi più povere come quella dei lavoratori, richiedevano, e questo non lo fece per paura di turbare l'ordine sociale e le classi borghesi.
Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_I_di_Savoia






La Belle Epoque





A cab stand on Madison Square Park, circa 1900 - Library of Congress. - Fonte:https://images.prismic.io/nyhs-prod/7a753ff9-1a0e-4bf7-b7f4-67095fc63200_180_1900c-cab-stand-madison-square.jpg?auto=compress,format&rect=0,133,998,450&w=2880&h=1300

Corrispondente all'epoca umbertina la Belle Epoque era bella solo per i ricchi o comunque per chi era abbastanza agiato.






Il Titanic un simbolo della Belle Epoque





The Titanic beginning a day of sea trials -2 April 1912 File:RMS Titanic sea trials April 2, 1912 (cropped).jpg - This media is available in the holdings of the National Archives and Records Administration, cataloged under the National Archives Identifier (NAID) 218517803. This work is in the public domain in its country of origin and other countries and areas where the copyright term is the author's life plus 70 years or fewer.



















































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58. Due conti per un titolo





Facciata principale della Esposizione Internazionale di Macinazione e Panificazione di Milano - 1887 - Incisione Estratta da Rivista d'epoca del 1887






Giuseppe, il figlio di Gabriele e il titolo di conte della Motta





Giuseppe, capitano, si fregia altrettanto di tale titolo. Giuseppe lavora per il ministero degli Interni, ha sposato una Langhi-Guadiana, una piccola nobile milanese, non come Antonio, che ha sposato una Weber, cognome bavarese ma discendenza meridionale.






Giuseppe e Antonietta Langhi di Guadiana






Giuseppe impiegato Ministeriale





Giuseppe Cenni biografici

Giuseppe Antonio Maria (nato a Rìvalta il 13 Giugno 1838) Capitano contabile (1888, 11 Ottobre) aiutante contabile Panificio Messina 1874, panificio Piacenza 1891 .Panificio Udine 8 marzo1883 . 1893 Capitano contabile (annuario di Piacenza) 1898 (Annuario Militare) Con R. decreto del 21 dicembre 1893 : Didier Della Motta Giuseppe, capitano contabile panificio Piacenza, collocato a riposo a sua domanda per anzianità di servizio e per età dal 16..)( Gazzetta ufficiale del regno d'Italia - Parte 3 - Pagina 2397 Con R. decreto del 19 giugno 1898: - Didier Dalla Motta cav. Giuseppe, id. id. Torino …cessano, per ragiono di età, di appartenere alla riserva, por ragioni di età, conservando il grado con la relativa uniforme. ) ufficiale di riserva. Sposa Antonietta Langhì Guadiana. (Annuario del municipio di Torino Volume 9 - Pagina 236






Antonietta Langhi di Guadiana





Antonietta Langhi Guadiana Cenni biografici

... Una controversia Giudiziaria

Turin (Commune) - 1911 - GIURISDIZIONE attuale ATTRICE O CONVENUTA - Atto introduttivo del giudizio S L'ATTO DELLA CAUSA al 30 giugno 1911 La ... PARTE AVVERSARIA OGGETTO DELLA CONTROVERSIA Langhi di Guadiana Antonietta in Didier della Motta,)

figli:
Angelino (morto a domicilio 1879 tra il 23 febbraio e il 1 marzo a Udine a 9 giorni) 1 Gabriele (nato a Padova il 10 Agosto 1876, morto a Torino il 20 Febbraio 1907) detto Gabrielino, impiegato ferroviario. (padre presunto di Felice Didier della Motta, figlio naturale riconosciuto di Elena Didier della Motta cugina del detto Gabriele. 2 Dionigi (IX)






Antonietta e Giuseppe










Antonietta, la contessa Langhi di Guadiana





Antonietta Langhi Guadiana, o meglio e più esattamente come si titolava lei la contessa Antonietta Langhi di Guadiana si spostò molte volte di casa seguendo il marito militare, visse in diversi città d'Italia, da Messina a Udine a Torino. E in Udine nacque il figlio Dionigi l'ultimo Didier della Motta. Antonietta era orgogliosa di appartenere ad un'insigne famiglia nobile di Novara che vantava memorie dal XVI secolo e che passarono con il loro quarti nobiliari le prove per essere ammessi di giustizia nell'ordine militare di Malta. Antonietta al pari del marito ebbe rapporti piuttosto burrascosi con Antonio e Giulia, la quale non aveva il minimo straccio di nobiltà.
Antonietta e Giulia inoltre erano di carattere totalmente opposto e Antonietta si sentiva un po sottostimata dall'avere un marito, chiamato scherzosamente, panettiere per via della sua mansione di capitano contabile nelle panetterie dell'esercito, ma che era pur sempre un impiegato del Ministero degli Interni.
Antonietta amava il lusso, alla pari della sua rivale, Giulia, ma per entrambi le ristrettezze economiche pesavano. Antonietta era del suo una milanese doc, amava Milano dove era sempre rimpianta dalle sue amiche che spesso le scrivevano accorate lettere. Era sopratutto al momento del matrimonio che avevano patito più la sua mancanza e la sua lontananza. Aveva anche ammiratori e teneva tra i suoi ricordi la foto inviate del suo sincero amico. Insomma era una donna piuttosto attiva e una milanese con i tipici atteggiamenti di un tempo.






Un titolo faceva sempre impressione e serviva per la carriera





E poi il titolo di conte per un impiegato del ministero degli Interni, che lavora alla panificazione, è considerato all'epoca una buona decorazione. Anche se l'avita dimora di Rivalta è persa e ci si riduce a vivere in alloggi d'affitto. Infine per la legittimità: non era forse l'investitura per maschi e 1 femmina?

Contestazioni sul riconoscimento del titolo di conte a Giuseppe.





Tuttavia il titolo di conte portato da Giuseppe non viene menzionato negli atti ufficiali dell'esercito o del ministero degli Interni dove era impiegato con il grado di capitano. Non appare neppure nelle pubblicazioni del Libro d'oro della nobiltà Italiana.

E in effetti in vari Regi decreti, come nel regio decreto del 19 giugno 1898, dove viene nominato ufficiale di riserva, è detto: Didier della Motta cav Giuseppe. Quindi gli è riconosciuto il solo titolo di cavaliere, che spetta ai rami cadetti.

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L'Esposizione Internazionale della Macinazione e Panificazione a Milano nel 1887





Esposizione Internazionale della Macinazione e Panificazione di Milano 1887 - Vestibolo principale - Disegno dal vivo di A. Calreti

Giuseppe all'Esposizione del 1887

Giuseppe come impiegato del ministero dell'Interno visitò l'esposizione di Milano del 1887. Con la sua tessera rilasciatagli dal ministero per gli impiegati entrò nella palazzina allestita in stile eclettico e prese visione dei macchinari e delle procedure del periodo per aggiornarsi. Giuseppe conosceva bene Milano, sua moglie aveva molte amicizie nella città dove la coppia aveva l'abitazione.

L'esposizione inaugurata nel maggio del 1887 alla presenza del Re, filantropi e cooperatori trovarono un'occasione per rilanciare l'idea del valore dei forni sociali. All'interno dell'esposizione non si sentiva parlare d'altro perché questo argomento ebbe largo spazio al suo interno, diverse sezioni furono dedica alle istituzioni sullo schema di Don Rinaldo Anelli un nobile e sacerdote Rosminiano che aveva scelto di stare dalla parte dei poveri, partecipando a un sistema di cooperativa sociali, ex garibaldino e cattolico, condannava lo sciopero come ribellione civile. Si interessò di perfezionarne i forni. Vennero considerati una polifonia di aspetti, che viaggiarono da quello sociale a quello economico, tecnico e amministrativo. Anelli fu presente e durante la manifestazione diede pratiche dimostrazioni al sovrano dei pregi del suo forno brevettato nonché della fragranza della panificazione. Vero anche gli organizzatori accanto alle novità dell'Industria dettero rilievo all'ordinamento amministrativo dei forni. Venne premiato il manuale di Ausano Labadini che esponeva un più razionale sistema contabile. Ma di lì a poco si ebbero i moti del pane di Milano. Prima la lega delle cooperative poteva solo censire circa 20 forni sociali attivi

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59. Nell'Italia di Vittorio Emanuele III





L'ultimo giorno del Re -docufilm - https://www.pixcube.it/pixcube/l-ultimo-giorno-del-re-umberto-i-assassinato-a-monza-1900-29-luglio






Il regno di Vittorio Emanuele III e il trono "io qui non ci volevo stare"





L'assassinio di Umberto I porterà al trono Vittorio Emanuele III, che regalerà all'Italia due guerre mondiali e a se stesso la dittatura fascista.

Condanna di Bresci





Il suo regno comincerà con la condanna dell'anarchico Bresci, straordinariamente mite se paragonata a quella di Giovanni Passannate che pagò con una spietata prigionia che lo portò alla follia il suo tentativo di omicidio contro lo stesso Umberto I. Ma Bresci aveva gli appoggi e gli agganci giusti e questo conta(va) molto. Dopotutto siamo (eravamo)in Italia.






Vittorio Emanuele III, non sa neppure che i Didier esistono





Vittorio Emanuele III

Vittorio Emanuele III di Savoia nome completo Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia nacque a Napoli il 11 novembre 1869 e morì ad Alessandria d'Egitto il 28 dicembre 1947. Re d'Italia dal 1900 al 1946, Imperatore d'Etiopia dal 1936 al 1943, Re di Albania dal 1939 al 1943. Il 9 maggio 1946 abdicò in favore del figlio Umberto II. Vittorio Emanuele III era figlio di Umberto I di Savoia e di Margherita di Savoia, e a voler sottolineare l'unità nazionale gli venne concesso subito il titolo di Principe di Napoli. Regnò per 46 anni e vide due guerre mondiali. Sotto il suo regno venne introdotto il suffragio universale maschile nel 1912, mentre quello femminile solo nel 1945. Tra il 1900 e il 1922 vide il declino dello stato liberale e la nascita prima dello stato fascista dove l'Italia raggiunse i massimi confini territoriali con la conquista della Libia e dell'Etiopia. Accettò lo stato fascista senza replicare e allo stesso modo promulgò le leggi razziali. Il suo tardivo tentativo di salvare la monarchia nel 1946 fallì. Non voleva fare il re, ma ritrovandosi sul trono governò in modo piuttosto debole e con poche valide iniziative che potessero fare dell'Italia un paese moderno a vocazione industriale come poi nel dopoguerra avvenne con la Repubblica


Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Emanuele_III_di_Savoia






Oh mia Patria sì bella e perduta!





Ma quale era il rapporto di questo ramo della famiglia diventato Italiano con la Savoia? In quella terra ci avevano vissuto per secoli, e visti i movimenti umani e di popoli non sappiamo prima da dove venissero e o se fossero savoiardi autoctoni, della qual cosa dubitiamo.

Dopo essere venuto in Italia Bartolomeo riceveva la visita del fratello Jacques e dei parenti che vivevano in Piemonte. Si recava anche in Savoia per affari. E al ritorno portava con se molti ricordi. Certamente la Savoia rimarrà nei pensieri di questi Didier e ancora Felice Gabriele, il nonno materno di Felice figlio di Elena troverò lavoro proprio in Savoia nelle ferrovie. E in Savoia nascerà la sorella di Elena. Insomma la Savoia resterà ancora per molto tempo in questa famiglia come un qualche cosa di nostalgico, d'importante per la sua identità, come l'orgoglio di essere oriundi Savoiardi. Gabriele ricordava che "La nostra origine è la Savoia" e "Noi siamo Savoiardi". Naturalmente questo comportava anche il solito dileggio attribuito ai Savoiardi: "Sei un mulo savoiardo!" Per dire quanto fossero testoni. Ma è un modi di dire perché non è che i Savoiardi siano testoni, semmai più riflessivi e meno impulsivi, come spesso è per la gente di montagna, ma questo varia da persona a persona.

Il 24 marzo 1860 la Savoia passò definitivamente alla Francia, e bisogna dire che ci aveva messo un po di secoli per celebrare il lieto evento. Da quel momento era una terra straniera per l'Italia.

Se la Savoia resterà come un'impronta nei Didier italiani fino al 900 bisogna specificare che Saint Jean de Maurienne era la più quotata nelle memorie famigliari. Poco ricordata e derelitta sulle sue splendide montagne dell'Arves era Saint Sorlin d'Arves. I ricordi Bartolomeo li portava da Saint Jean de Maurienne anche se poi sappiamo ha viaggiato a Chambery per varie cause, e negli atti è ben ricordato e ben specificato il nobile Barthelemy Didier. Sopratutto per la causa dell'eredità del fratello che lo vide insieme alla cognata vedova.

Senza dubbio i Didier contribuirono nel loro piccolo a fare l'Unità d'Italia, alla quale idea ci credevano veramente ed erano pieni di entusiasmo, da Gabriele al figlio Maurizio, e non pare videro mai questa Italia come malfatta, semmai mal governata.

Italianissimi fin dai tempi di Vittorio Amedeo, essi furono di origine o nascita Savoiardi e italiani per onori e titoli.

Quanto incise la cultura Savoiarda sul ramo della famiglia? Senza dubbio moltissimo. Non era solo il ricordo sempre presente dell'origine, ma anche la lingua francese che serviva da cemento con la radice antica. Nel Piemonte parlarono un perfetto piemontese di corte e il piemontese lo parlavano volentieri e moto bene, come il Francese. L'Arpitano era parlato da Bartolomeo come il francese e in parte il piemontese, ma non durò a lungo, e già con Gabriele se ne hanno solo delle tracce.

Ritorno alle ombre





Dai tempi del secolo XVIII i Savoia , avevano avuto sempre a che fare con i Didier, e questi li avevano incontrati di persona. Vittorio Emanuele III sarà il primo e non ultimo dei Savoia davanti al quale i Didier non compariranno in una udienza neppure pubblica. Nonostante il titolo e il cognome resteranno da adesso dei veri sconosciuti per le teste coronate.






Antonio, muore senza discendenza.





La situazione del doppio titolo o dei due conti si conclude con la morte del conte Antonio che aveva avuto per figlia la contessina Irene, premorta a lui nel 1916 a 27 anni di età.

Le speranze spente di Antonio e Giulia, morte della contessina Irene





E qui possiamo dire che fu una vera sventura, perché la contessina Irene Didier della Motta talentuosa e ben voluta, sarebbe stata una buona rappresentante della famiglia.

La contessina Irene, esibizione e complimenti dalla principessa Maria Letizia Bonaparte





Ricordiamo la sua esibizione davanti alla principessa Maria Letizia Bonaparte, duchessa di Savoia, dove suonò e mimò Neve, e ne ricevette i complimenti.






La contessina Irene Didier della Motta





La contessina Irene. Cenni biografici

Irene Giuseppa Luisa (nata a Genova il 14 Gennaio 1889, morta a Torino il 14 Giugno 1916) a 27 anni. Detta La contessina Didier della Motta.

La contessina Irene Didier della Motta.







Maria Letizia Bonaparte





Maria Letizia Bonaparte

Maria Letizia Bonaparte il cui nome completo è Marie Letitia Eugenie Catherine Adelaide Bonaparte nacque a Parigi il 20 dicembre 1866 e morì a Moncalieri il 25 ottobre 1926. Principessa francese della famiglia Bonaparte ebbe per consorte di Amedeo di Savoia (1845-1890).
https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Letizia_Bonaparte



















































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60.z orizzonti di gloria





PATHS OF GLORY -Trailer - Directed by Stanley Kubrick - United States, 1957 - https://mubi.com/films/paths-of-glory





La guerra del 14-18. Assenti dall' inutile macello





La guerra del 14-18 vede l'Italia entrare in conflitto dopo lunga meditazione, passata dalla triplice intesa a quello della triplice alleanza, secondo la solita politica di Casa Savoia che però questa volta concluderanno la guerra sotto la stessa bandiera con gli alleati con cui l'avevano iniziata.

Se non si considera il repentino voltafaccia di passare, allo scoppiare della guerra, dalla Triplice Intesa della Germania Austria Italia, alla Triplice alleanza, quella con Francia e Inghilterra.

Ma allora di chi è stata la colpa?





A lungo si potrebbe discutere di chi sia stata la colpa di questa guerra. Si il militarismo Tedesco era importante ma le spinte nazionalistiche e militari di altre nazioni erano alla pari. Basti pensare alla violenta aggressione che voleva e di fatto attuò l'Italia contro l'Istria, Trento e Trieste, rivendicandone l'italianità della popolazione. Non a caso alcuni storici hanno notato alcune analogie di questa aggressione con quella della Russia di oggi contro l'Ucraina e ne vedono sostanzialmente le stesse ragioni. Ma allora nessuno sanzionava l'Italia che aveva nell'Inghilterra e nella Francia due formidabili Grandi fratelli.

Ci sarebbe voluto un Hery Kissinger, ma allora non era disponibile. Kissinger, nonostante le non poche colpe di aver favorito discutibili Golpe in Sud America, avrebbe chiesto di mettere in campo la politica e non solo la forza militare, mania di mostrare i muscoli che piace particolarmente agli U.S.A oggi nella guerra in Ucraina. Il suo "Non si può continuare a combattere senza un vero obiettivo condiviso da più Paesi." è valido più che mai. E di Putin, sul quale vengono stampate sciocchezze ogni giorno, quasi quante su papa Francesco, Putin che viene fatto passare ora per Hitler, ora per demente, quando invece è semplicemente un autocrate. Kissinger ha onestamente scritto di lui: "L‘ho trovato un intelligente analista della situazione internazionale dal punto di vista russo: che rimarrà tale e che dovrà essere considerato quando la guerra finirà”."

Kissinger, con incredibile lucidità nonostante sia praticamente un centenario, ha fatto notare che è l'invasione dell'Ucraina che va sconfitta, non la Russia come stato ed entità storica.Anzi: Mosca deve essere integrata per Kissinger nel tessuto europeo nel quale è cresciuta e si è evoluta per cinquecento anni. “Dovrebbe essere la missione della diplomazia occidentale e di quella russa di tornare al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo. La Russia deve svolgere un ruolo importante”. Poiché è meglio una Russia Europea che non una Russia Asiatica. Questo secondo noi anche per le grandi risorse che l'Europa verrebbe a perdere.

Quanto alla minaccia Nato che ha provocato direttamente l'invasione Russa dell'Ucraina: “l’Occidente è stato poco sensibile a offrire l’ingresso nella Nato all’Ucraina, perché questo significava che tutta l’area tra il muro di Berlino e il confine russo sarebbe stata riempita dalla Nato, inclusi i territori da cui nella storia sono state lanciate aggressioni contro la Russia”. Ci sarebbe molto da meditare su questo.

Umori e tono differenti, ma siccome chi vuole stare neutrale è tacciato da certi giornali di bieco pacifismo...
Ancora oggi la Storia si ripete.





In Italia gli umori sono molto differenti. Giollitti il primo ministro di allora e parte del governo è contrario alla guerra. Capisce bene che il Regno d'Italia è un paese povero e parecchio arretrato rispetto agli alleati e ai nemici. Ma ci sono molti studenti, i giornalisti, gli avvocati e le categorie abbienti che sono per la guerra. "Abbiamo da finire la guerra d'Indipendenza, Il trentino, l'Istria sono rimaste fuori". Per loro è una colossale occasione di ripetere i fasti espansionistici della Serenissima. I contadini, quelli che la guerra la faranno davvero e saranno mandati al macello nel modo più indiscriminato, in genere non la vogliono. Ma loro non contano niente

Il Regno d'Italia non è neutrale come la Svizzera, entra in guerra dopo che sono state accettate le sue pretese territoriali future.
Ma Lenin le scopre e le fa pubblicare, ovviamente per fare dispetto a questi "lerci capitalisti".





Dopo diversi mesi di meditazione il re e il governo scelgono per la guerra. Non prima di aver sottoscritto delle clausole segrete per la spartizione del bottino dopo l'eventuale vittoria. L'Italia chiedeva l'egemonia sui Balcani. Queste clausole furono trovate da Lenin in un cassetto della scrivania dello Zar e le fece pubblicate per dimostrare quanto erano approfittatori i capitalisti.





I signori ufficiali dell'esercito del Regno d'Italia, arretrato più che l'esercito dell'Imperatore d'Austria





Nell'esercito Italiano i signori ufficiali mangiano separati dalla truppa, si pagano i pranzi dove capita. Nell'esercito Tedesco gli ufficiali, che non sono signori come gli italiani, mangiano lo stesso rancio della truppa

La dichiarazione di guerra all'Impero Asburgico, Il proclama di Vittorio Emanuele II



Soldati di terra e di mare!


L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare, con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza; ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarla.

Soldati !

A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri.




Dal Gran Quartiere Generale, 24 maggio 1915.






L'assurda mattanza dove il popolo e la politica volevano che ti schierasti a ogni costo





Questa assurda mattanza costerà alla nazione molto di più che in perdite umane e di mezzi.
La vittoria sarà la base delle rivendicazioni del fascismo che grida ai quattro venti che l'Italia dalla pace non ha ottenuto niente.

Una vittoria chiara, la sola dell'Italia Unita, costata perdite enormi, ottenuta grazie all'ingente aiuto degli Alleati che spedirono sul nostro suolo decine di battaglioni sottratti a fronti altrettanto importanti, e conseguita dopo che per anni gli italiani avevano combattuto costantemente in attacco, senza contare le perdite che erano nulla per l'opinione di allora. L'offensiva Italiana si svolse in prevalenza su suolo straniero, fino alla ritirata sul Piave, dove lì eravamo in casa nostra e si difendeva realmente la patria.




Nessun Didier della Motta prende parte alla guerra 15-18



Nessuno di questa famiglia italiana prese parte al conflitto. Dionigi, di lui si dirà in seguito, è nelle liste di leva del distretto di Torino, ma non abbiamo notizie che fosse andato in guerra.

Meglio così, perché era una guerra folle. Nel mentre il nostro Marinetti poetava sui differenti suoni di mortai e cannoni, gli Austriaci sotto la guida dei Tedeschi controllavano che questi colpi andassero a segno.