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49. Novara







Albrecht Adam - Field Marshal Radetzky and his staff at the Battle of Novara on March 23, 1849 (by Albrecht Adam)- attribuzione: Public Domain






Nel regno di Carlo Alberto con la batosta finale





Così si arriva al re Carlo Alberto, agli anni 30 e 40, poi il 48 così importante per il Piemonte. In questi anni i Didier della prima linea sono impegnati nel servizio militare, girano da una piazzaforte all'altra da un incarico all'alto. Mentre Gabriele il rappresentante della seconda linea si mette in aspettativa. Nessuno di loro prenderà parte alla prima guerra di indipendenza che scoppia nel 1848.

Morte del conte Carlo Francesco Saverio





Il conte Carlo Francesco Saverio è morto e gli succede il figlio primogenito, il conte Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo Carlo

Il conte Giuseppe Maria Bartolomeo Carlo e la morte a due mesi di Giuseppe Alessio Saverio





Questi costernato dalla morte a pochi mesi dell'unico figlio Giuseppe Alessio Saverio sin dal 1815, condurrà una vita sociale poco densa, che sarà anche limitata perché cominciano a mancare le sostanze. C'è la casa di Torino e quella costosissima di Rivalta della quale tenterà di disfarsene nel 1845. Il conte pranza ancora alle 4 come un vecchio gentiluomo di campagna.






La dimora dei Didier diventa, dopo Torino e con Torino Rivalta di Torino



Rivalta di Torino era feudo della famiglia Orsini da tempi remoti, ed è nota per il castello degli orsini, per diverse eleganti magioni di alcune famiglie nobili e aristocratiche, che piombavano nel tessuto rurale della zona. La popolazione infatti era povera e per la maggior parte dedita alle attività agricole. I Didier venivano da fuori, perciò saranno stati una curiosità per l'aristocrazia locale. Ma il cavaliere Gabriele mise su famiglia a Rivalta e anche il conte Giuseppe Saverio, come suo figlio il conte Carlo. Non abbiamo spinto la nostra indagine abbastanza a fondo per conoscere quale impatto ebbe la famiglia Didier a Rivalta, ma possiamo con una certa sicurezza affermare che vivevano abbastanza isolati e non lasciarono in questa città tracce abbastanza profonde. Piuttosto resta da vedere il loro ruolo nella costruzione della cappella sorta nel luogo della antica chiesa abaziale che venne demolita nel 1813. I Didier condividevano il complesso monastico con altre famiglie, perciò non erano sconosciuti al tessuto sociale del borgo. Il più illustre di questi Didier fu il primogenito del cavaliere Gabriele, Francesco, che come sacerdote e frate cappuccino assunse il nome del padre, diventando Padre Gabriele da Rivalta, così è noto nella missione in Africa che compì, sia come sacerdote, che come diplomatico console Britannico di SM la regina Vittoria d'Inghilterra, sia come esploratore e visitatore nell vicino oriente Arabo.

Possiamo immaginare che la famiglia del cavaliere Gabriele sia stata una famiglia di buoni parrocchiani che frequentavano le funzioni religiose, e che probabilmente non si lamentò come altre del borgo del suono delle campane che facevano a detta loro chiasso. Ma quali erano i rapporti con le altre famiglie aristocratiche del borgo? Il cavalier Mosca, il cavalier Guaita, la contessa Cotti e il sacerdote Marietti, il signor Carlevaris, e l'avvocato Bossi? Tutte famiglie che possedevano belle magioni e l'avvocato Bossi in particolare vantava un giardino con parco. Senz'altro ci fu una certa frequentazione ma non è dato di conoscere gli umori di questi personaggi che arricchivano la vita sociale di allora.

La chiesa parrocchiale dei SS Pietro e Andrea, in Rivalta di Torino





La chiesa parrocchiale di SS Pietro e Andrea in Rivalta di Torino

La chiesa parrocchiale sotto il titolo dei Santissimi Pietro e Andre in Rivalta è stata il centro religioso della famiglia Didier a partire dagli inizi dell'ottocento. Quì venivano registrati nascite, battesimi e morti. Dei matrimoni dobbiamo solo registrarne uno, l'unico in Rivalta di Torino, quello nel 1822 tra Gabriele e Caterina Demargherita Varrone.

Battesimi

1815

Anno millesimo octingentesimo decimo quinto 24. Didier Joseph Alexius Xaverius filius DD Comitij Josephi, et Clara Pastoris iug: Didier natus die vigesima Septembris anno 1815 solemniter baptizatus fuit die sequenti a Revw.do D. Alexio Pastoris Sacerdote Ciliani ex licentia Parochi Matrina fuit D. Aloysia Borbonese nata Ogero* per Margaritam Bermau natam Romolo procuratricem.

1824

Didier Franciscus Maria Felix floysius filius Illmi Equitis Gabrielis, et Domina Catharinae Demargherita-Varrone jug. natus die - vigesimaquinta Februarii 1824. eodem die baptizatus fuit ab Ad. R.D. Demargherita, adhibita sola Matrina Benedicta Demargherita.

1829

Didier Aloysia Maria Carola Gabriela Beneventa filia Ill.morum Equitis Gabrielis, et Catharinae Demargherita, nata die quartadecima Julii 1829. Domi ob prudens periculum baptizata ab Ad. R.D. Marietti V.e C.o die decima septima eiusdem mensis suppletae fuerunt coram . ab eodem R.D. Marietti, assistentibus D.D. Aloysia Nerini, et filoysia Didier.

1834

1834 Anno Domini Millesimo Octingentesimo Trigesimo Quarto Didier Joseph Maria Aloysius Emmanuel filius Illmorum Equitis Gabriele, dux lagionis Pedemontis, et Catharinae Demargherita, iug. natus, et baptizatus die vigesima tertia Martii 1834. a me Ar. infrto . Catrini fuere D.us Joseph Bionda, et Illma Aloysia Didier uxor Ill.mi Equitis Josephi.



1838

Atto n.26 Didier Antonio Giuseppe L'anno del Signore mille ottocento trent'otto ed alli quattordici del mese di Giugno alle ore nove mattina nella Parrocchia de SS. Ap. Pietro, ed Andrea Comune di Rivalta, E' stato presentato alla Chiesa un fanciullo di sesso maschile nato li tredici del mese di Giugno alle ore undici di Sera nel distretto della parrocchia figlio del Ill. sig. Cavag. Gabriele Didier Della Motta di professione Capitano nelle Regie Armate domiciliato in Rivalta e di Mad. Catterina Demargharita di professione benestante domiciliata in Rivalta coniugi Didier cui fu amministrato il Battesimo dal Sac.de Giacinto Marietti Vice.to e sono stati imposti li nomi di Giuseppe Anto. Maria essendo stati padrino Giorgio Didier di professione studente domiciliato in Rivalta e madrina Ill.ma Contessa Luigia Didier di professione benestante domiciliata in Rivalta. L'indicazione della nascita con richiesta del Battesimo fu fatta dal padre del neonato

1841

Atto n.2 . Didier Carola L'anno del Signore mille ottocento quarantuno ed alli sei del mese di Gennaio alle ore cinque sera nella Parrocchia de' SS. Ap. Pietro ed Andrea. Comune di Rivalta. E' stato presentato alla chiesa un fanciullo di sesso femminile nato li sei del mese di Gennaio alle ore due pomeridiane nel distretto di questa parrocchia figlio dell'Illmo sig.r Cav re. Gabriele Didier della Motta. di professione militare domiciliato in Rivalta. dell'Illesm Sig.ra Catterina Demargharita Varrone di professione Benestante domiciliata in Rivalta coniugi Didier della Motta. cui fu amministrato il battesimo da me arcip. Righetti (?) e sono stati imposti li nomi di Carola Maria Benedetta Rosalia essendo stato il padrino il Sig.re. Giorgio Didier Della Motta di professione studente domiciliato in Risalta e madrina la sig.ra madamigella Giuseppa item Didier di professione figlia di famiglia domiciliata in Rivalta l'indicazione della nascita con richiesta del Battesimo e' stata fatta dal Sig.re padre Della neonata.

1843

Didier Giovanni L'anno del Signore mille ottocento quarantatre ed alli 2 del mese di Novembre alle ore quattro pomeridiane nella Parrocchia dei SS. Pietro ed Andrea Comune di Rivalta E' stato presentato alla chiesa un fanciullo di sesso maschile nato li due del mese di Novembre stesso giorno alle ore una di mattina nel distretto della Parrocchia figlio dell'Ill.mo sig. Cav. Gabriele Didier di professione capitano domiciliato in Rivalta e di Mad. Catterina Demargherita di professione benestante domiciliata in Rivalta coniugi Didier cui fu amministrato il Battesimo dal Signor Marietti Giacinto Vicecurato e sono stati imposti li nomi di Giovanni Morizio Luigi Maria essendo stati padrino il Sig. Morizio Didier di professione studente domiciliato in Rivalta e madrina Damigella Luigia Didier di professione domiciliata in Rivalta.

1846

Didier Felice ° L'anno del Signore mille ottocento quarantasei ed alli nove del mese di Giugno alle ore dieci mattina nella Parrocchia de' SS. Ap. Pietro ed Andrea Comune di Rivalta E' stato presentato alla chiesa un fanciullo di sesso maschile nato li nove del mese di Giugno alle ore due mattina nel distretto della Parrocchia figlio del sig. Cav, Gabriele Didier di professione domiciliato in Rivalta . e di Madama Catterina Demargherita di professione benestante domiciliata in Rivalta, coniugi Didier Cui fu amministrato il Battesimo dal sig. Marietti Giacinto Vicecurato e sono stati imposti li nomi di Felice Gabriele Maria essendo stati padrino domiciliato e madrina Gabriela Didier della Motta ‘di professione domiciliata in padrino rappresentato Emanuelle Didier della Motta. - Notizie annotate di fianco all'atto Il quattordici sette 1873 contrasse matrimonio con Vay Margherita reg. uff. civile Torino due ottobre 1873.

1849

Didier Luigi L'anno del Signore mille ottocento quarantanove ed alli ventinove del mese di Aprile alle ore nove mattina nella Parrocchia SS. Ap. Pietro ed Andrea Comune di Rivalta E' stato presentato alla chiesa un fanciullo di sesso maschile nato li tredici del mese di Aprile alle ore dieci di sera nel distretto della Parrocchia figlio del Sig. Cav. Didier Della Motta di professione benestante domiciliato in Rivalta e di Mad. Catterina Demargarita di professione benestante domiciliata in Rivalta coniugi Didier Cui fu amministrato il Battesimo dal sig. don Giacinto Marietti Vicecurato e sono stati imposti li nomi di Luigi Giuseppe Maria essendo stati padrino Giuseppe Didier Della Motta di professione benestante domiciliato in Rivalta e madrina Sig.ra Matilde Pateri di professione benestante domiciliata in Torino rappresentata da Giuseppa Didier Della Motta.

1885

Didier Della Motta Amalia Gioachina Carola Maria L'anno del Signore mille ottocento ottantacinque ed alli venticinque del mese di Aprile e' stato presentato alla chiesa un fanciullo di sesso femminile nato li diciotto del mese di Aprile alle ore tre pomeridiane nel distretto della Parrocchia figlia di Didier Dela Motta Conte Antonio del vivente Conte Maurizio nativo di Torino e di Giulia Weber del fu Enrico nativa di Torino domiciliati in Rivalta Cui fu amministrato il Battesimo da don Do Andrea padrino Didier Conte Maurizio fu Gabriele di Genova madrina Amalia Zacchi nata Weber di Torino rappresentata da Carole Didier fu Gabriele di Rivalta.



Matrimoni

1822

Didier Demargherita I11mus D. Eques Gabriel Maria Gaetunus Josephus Victorius della Motta V.ti Illmi Equitis Joseph Taurinensis, et Dna Maria Catharina Demargherita Varrone q. Dni Jurisconsulti filoysii Bugellarum, Ripalta degens, praem. ex dispone unica denunciatione, caeteris q. servatis, ex speciali mei infr.ti delegne Matrimonium contraxerunt coram A.d.R.D. Francisco Demargherita die trigesima prima Agusti 1822. praesentibus testibus Josepho Demargherita, et Petro Demargherita

Morti

1802


1815

Didie' infans - i ioseph alexius filius DD. iosephi, et Clarae Pastoris iug: Didier Duorum mensium obiit die ultima novembris anno 1815, et die seguenti Sepultus fuit.

1884

1884, due Novembre Parrocchia San Pietro e fndrea Comune di Rivalta alle Ore Mezzodi' in casa propria munito de' Sacramenti e Ben. Pap. e' morto Didier Della Motta Cav. Gabriele d'anni ottantadue nativo di Riv. Torino domiciliato in Rivalta Figlio di fu Giuseppe e della fu Luigia Mestiatis Vedovo di Cattarina Demargherita il cadavere e' sepolto nel cimitero di Rivalta due dello stesso mese Do Andrea Arciprete

1886

L'anno del Signore mille ottocento ottantasei il cinque del mese di Giugno nella parrocchia di SS, Piatro e Andrea Comune di Rivalta alle ore cinque pomeriggio in casa propria munito de sacramenti e Ben. Pap. e' morto Didier della Motta Conte Morizio d'anni cinquantacinque nativo a Genova domiciliato in Rivalta figlio del fu Gabriele e della fu Cattarina Demargherita - maritato con Gioachina Viberti e' stato sepolto in Rivalta il giorno sei dello stesso mese. Do Andrea arciprete

1922

Atto n.34 Didier della Motta Carolina L'anno del Signore mille novecento ventidue il trenta del mese di Novembre nella parrocchia di SS. Pietro e Andrea Comune di Rivalta alle ore tre e mezzo pomeridiane in casa Pigai munita de' sacramenti e' morta Didier della Motta Carolina di anni ottantadue nativa di Rivalta domiciliata in Rivalta figlia del fu Gabriele ea della fu Caterina Demargherita seppellita nel cimitero di questo Comune il giorno due del mese di dicembre.






Carlo Alberto di Savoia-Carignano, re di Sardegna


Carlo Alberto di Savoia Carignano

Carlo Alberto di Savoia-Carignano nome completo Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano nacque a Torino il 2 ottobre 1798 e morì a Oporto il 28 luglio 1849. Re di Sardegna dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849 trascorse in Francia il periodo napoleonico ed ebbe una educazione liberale. Principe di Carignano nel 1821 concesse e poi ritirò la Costituzione di Spagna, chiesta dai congiurati rivoluzionari. Partecipò alla spedizione legittimista contro i liberali spagnoli del 1823 essendosi dichiarato Conservatore. Diventò re nel 1831 alla morte dello zio Carlo Felice che non aveva eredi. Come re appoggiò vari movimenti legittimisti d'Europa, ma nel 1848 aderì all'idea di un'Italia federata guidata dal papa e libera dagli Asburgo. Concesse, quello stesso anno,lo Statuto, la carta costituzionale che sarebbe rimasta in vigore fino al 1947. con Pio IX e Ferdinando II delle Due Sicilie che poi lo abbandonarono si coalizzò mettendosi a capo di quelle forze che spinsero alla prima guerra di indipendenza. Sconfitto definitivamente a Novara nel 1849 abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele. Morì in esilio in Portogallo nella città di oporto Oporto a pochi mesi dall'abdicazione. Il tentativo di liberare l'Italia settentrionale dall'Austria andrebbe inquadrato nell'espansionismo tipico Sabaudo che aveva guidato già il suo antenato Vittorio Amedeo II. Sostanzialmente l'obbiettivo di Carlo Alberto avrebbe dovuto essere un forte aumento territoriale a sfavore dell'Austria eun suo stabile dominio nella Lombardia che era da sempre nei piani dei Savoia settecentenschi. Progetto che travalicò nella mente e negli entusiasmi dei molti patrioti in uno più amplio. Carlo Alberto non ebbe la capacità di guidare il suo esercito in battaglia in modo vittorioso, egli come i suoi generali mancavano di tecnica militare e di pratica, ma fu un uomo intriso di cavalleria e anche interessato al sapere.


Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Alberto_di_Savoia






Il re Carlo Alberto rifiuta i servigi di Giuseppe Garibaldi, e perde la guerra.


La disfatta catastrofica e prevedibile dei piemontesi che hanno mosso guerra all'Austria avviene a Novara, con Carlo Alberto che rifiuta l'aiuto di Garibaldi (che partecipa tuttavia alla guerra con pochi volontari), e si butta in una campagna alla vecchia maniera, con i suoi bei Corazzieri e l'Artiglieria di assedio, cercando comunque di non colpire troppo gli Austriaci di Radetcky. E' il tempo in cui sui Sardo-Piemontesi sconfitti viene composta la famosissima marcia di Radetcky






Johann Josef Wenzel Anton Franz Karl Graf Radetzky von Radetz





Johann Josef Wenzel Anton Franz Karl Graf Radetzky von Radetz

Josef Radetzky, nome completo Johann Josef Wenzel Anton Franz Karl Graf Radetzky von Radetz in tedesco, mentre in ceco è Jan Josef Václav hrabě Radecký z Radče nacque a Sedlčany il 2 novembre 1766 e morì a Milano il 5 gennaio 1858. Feldmaresciallo austriaco, appartenente alla nobiltà di Boemia, fu per molti anni governatore del Lombardo-Veneto. Per cinquanta anni al servizio dell'esercito Austriaco lo comandò durante la prima guerra d'indipendenza italiana.



Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Josef_Radetzky

Tentativi di liberare il Meridione e l'alternativa democratica

Allonsanfàn (1974) Bruno Cirino in Allonsanfàn (1974) - Fonte: https://www.imdb.com/title/tt0069690/mediaviewer/rm2889630208/?ref_=tt_md_10

Allonsanfàn (1974) - Fonte: https://images.mubicdn.net/images/film/9454/cache-11531-1481133061/image-w1280.jpg?size=1200x

Il Tentativo di Pisacane: una possibile alternativa democratica per liberare il Meridione

Gladstone aveva definito il governo Borbonico nel Mezzogiorno d'Italia "negazione di Dio eretta a sistema di governo". Concretamente i Borboni avevano e stavano attuando una politica anti brittanica, volendo liberarsi dagli Inglesi che controllavano alcune delle risorse fondamentali del loro regno. Come le zolfatare delle quali lo zolfo serviva come elemento per la preparazione della polvere da sparo delle loro cartucce e munizioni. Ma altre ancora erano le divergenze con i Borboni, il timore che essi mirassero ad una alleanza con lo zar di Russia. Il che avrebbe portato alla creazione di un vero e proprio baluardo dell'Impero Russo in Sicilia e per gli Inglesi un continuo contrasto con i Russi nel Mediterraneo, del quale senz'altro volevano rimanere gli incontrastati padroni.

La spedizione di Pisacane, esempio di generoso altruismo verso la sua patria Italiana, servì con il clamore che fece, a riportare alla luce la "questione napoletana". Pisacane pur fallendo aveva dimostrato al mondo che esisteva una possibilità di dare una soluzione democratica nonché popolare a tale questione. Non per niente quando sarà la volta di Garibaldi, il tentativo riuscirà in pieno e solo il buon senso del generale che non aveva pare altro progetto, consegnò il regno conquistato alla Corona Sabauda. Questo non permise la creazione di uno stato democratico e popolare nel Mezzogiorno. E' però da dire che uno stato simile sarebbe stato fortemente contrastato all'interno, essendo, come lo è tuttora, parte della classe dirigente meridionale decisamente immatura per uno stato democratico. Questo poi sarebbe stato affidato come sempre ai molti spiriti illuminati che cercavano realmente un progresso per la gente del Mezzogiorno.

Il duca Carlo Pisacane e il suo generoso tentativo di dare una soluzione e, o almeno una speranza democratica popolare alla "Questione Napoletana"





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Il duca e patriota Italiano Carlo Pisacane

Carlo Pisacane, duca di San Giovanni nacque a Napoli il 22 agosto 1818 e morì a Sanza il 2 luglio 1857.

Rivoluzionario e patriota italiano, il duca fu un fervido socialista libertario dall'indirizzo politico federalista prudhoniano. Prese parte all'insurrezione che porterà alla creazione effimera della Repubblica Romana e che lo vide legato a Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi, Goffredo Mameli e Giuseppe Garibaldi. Guidò poi il fallimentare tentativo di rivolta nel Regno delle Due Sicilie. Sbarcato a Sapri venne fermato a Sanza, sempre nel Salernitano dove venne trucidato dai contadini istigati dai Borbonici.

Per approfondire vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Pisacane

Giuseppe Mazzini



Giuseppe Mazzini

Giuseppe Mazzini nacque a Genova il 22 giugno 1805 e morì a Pisa il 10 marzo 1872.

Patriota, politico, filosofo e giornalista, è considerato uno dei personaggi cardine del patriottismo Risorgimentale - Come tale a lui si deve un contributo decisivo nella nascita dello Stato unitario italiano. Fu costretto alla latitanza e all'esilio dalle molteplici condanne dei tribunali italiani Le sue teorie sono fondamentali per i moderni movimenti Europei nei quali come da lui teorizzato la democrazia deve essere affermata attraverso la forma dello Stato repubblicano. Questa affermazione per l'Italia avverrà solo nel 1948.

Per approfondire vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Mazzini

Italian statesman Giuseppe Mazzin - Fonte: Sconosciuto - PD image hosted on Life.com: http://www.life.com/image/50691446 - 1 gennaio 1860 - Pubblico dominio






Che cosa pensava Gabriele, da monarchico cavouriano moderato, dell'impresa del colonnello e duca Pisacane?



Ecco il pensiero e le considerazioni di Gabriele sull'impresa di Pisacane in data 1853.



"Stamane dai giornali ho appreso che il colonnello Pisacane è morto tentando in accordo con i liberali, di portare una rivolta nel Regno delle Due Sicilie. Di lui sapevo solo che era un Maziniano. C'è sempre il Mazzini dietro questo parlare di rivolte, e la sua idea di repubblica così nefanda per la libertà d'Italia, la quale sola può avvenire per intervento della nostra Monarchia. Sventurato idealista il colonnello Pisacane, eppure non era digiuno di scienza militare tale da sconsigliare una simile impresa. Egli ha radunato alcuni suoi fedeli, Mazziniani come lui, e questi senza indugio si sono gettati nell'iperbolica impresa di portare la ribellione nel Regno de Borboni."

"Da quanto è possibile sapere è dapprima sbarcato nell'isola di Ponza, dove era un forte con guarnigione che non ha fatto resistenza nell'arrendersi ed egli riuscì finanche a sventolare il tricolore. Qui ha reclutato galeotti dopo averli liberati, e soldati disertori. Con questi begli elementi ha proseguito in veliero alla volta della terraferma. Immagino che il suo gruppetto fosse pronto allo sbando, che avessero intuito l'impossibilità dell'impresa data la carenza di rinforzi, e che infine si fossero trovati soli nel centro del territorio Borbonico con animo di non sapere più dove andare. E' quanto accade sempre in menti che non ragionano più con le loro teste ma solo con le idee del Mazzini."

" Che se fossero stati militari veri e ben organizzati sotto il saldo vessillo della Monarchia Sabauda, questo per l'inizio non sarebbe mai dico mai potuto accadere. Ma il gruppetto degli insorti arrivò a Sarpi ove scambiò qualche fucilata coi Borboni, e dove ristette per qualche giorno finché l'esercito o la polizia dei Borboni li circondò poi attaccandoli a fondo. Spiace che così pavide menti, intendo non già dei galeotti evasi ma dei votati al martirio Maziniano, non abbiano avuto scampo. Pisacane, egli stesso ne morì, ucciso a quanto si dice, dai forconi dei contadini che lo avevano scambiato per brigante, in questo ben istruiti dai seguaci dei Borboni. Il peggio era che in questa sciagurata impresa venivano coinvolti i Mazziniani liberali che, quelli del luogo, promessi aiuti a parole poi non ne fecero nulla, quelli che dovevano muoversi in soccorso del Pisacane non si mossero per tempo, avendone perso i contatti. Infine la più bestiale delle cose, i Mazziniani avevano in mente una rivolta in pari tempo anche nella nostra Genova e altre in Piemonte. Con quale orrore apprendo questo, da noi moderati del Cavour esecrato e che anche il Garibaldi non accetterebbe, parlandosi di rivoluzione e rivolte senza ne capo ne coda. Non si ottiene la vittoria e l'Italia con la rivolta, la rivoluzione, la mancanza di ordine. Non si ottiene con queste condizioni che sono e saranno sempre esecrabili. Bensì la otterremo con la salda mano e l'autorità del nostro sovrano, Vittorio Emanuele II. Così si potrà fare questa benedetta Italia Una"

















































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50. !860







Battaglia_di_San_Martino_Affresco_002.JPG: Giuseppe Vizzotto Alberti (1862-1931) derivative work: Ligabo (talk) - Battaglia_di_San_Martino_Affresco_002.JPG - attribuzioni : Pubblico dominio


Museo Torre di San Martino della Battaglia. Particolare dell'affresco raffigurante i combattimenti nei pressi dell'arco di Adriano a Santa Maria Capua Vetere, durante la Battaglia del Volturno del 1860.






Gabriele, in aspettativa non può rientrare nell'esercito





I Didier partecipano in modo marginale nella storia Risorgimentale, più con il ramo cadetto del cavaliere Gabriele.

Gabriele prima del 48' aveva chiesto e ottenuto di essere messo in aspettativa, a causa della numerosa prole. Inutilmente cercherà di rientrare nei ranghi per "salvare il trono in pericolo e il paese", come scrive nella supplica a Carlo Alberto.






Gabriele e la consorte Caterina Demargherita Varrone






Gabriele Gaetano Giuseppe Vittorio





Gabriele Maria Gaetano Cenni biografici

4 conte della Motta VIII GABRIELE MARIA GAETANO GIUSEPPE VITTORIO (nato a Torino S. Giovanni il 24 Marzo 1802; - a Rivalta il 2 Novembre 1884) cavaliere. Cadetto nel Corpo Reale d'Artiglieria il 26 Ottobre 1814. Sottotenente Provinciale in servizio alternativo nella Brigata Saluzzo il 30 Settembre 1817 e in servizio permanente il 1 Gennaio 1819. Sottotenente in servizio alternativo Gennaio 1821. Suo ruolo matricolare nel secondo reggimento Brigata Piemonte: Tenente di 2.a Classe in servizio permanente il 25 settembre 1821; Tenente effettivo idem il 13 febbraio 1823; Tale dei Granatieri d'ordinanza il 19 Gennaio 1829; Capitano d'ordinanza il 24 Dicembre 1831. Collocato in aspettativa il 31 Dicembre 1836. Sposa a Rivalta il 31 Agosto 1822 Maria Caterina Demargherita Varrone, figlia del giureconsulto Luigi (nata a Ponderano, morta a Torino a 70 anni nell'aprile 1875).






Maria Caterina Demargherita Varrone





Maria Caterina Demargherita Varrone: Cenni biografici

Nata a Ponderano e figlia del giureconsulto Luigi, originario di Biella, apparteneva ad un ramo dei Demargherita, famiglia borghese, imparentata con i Varrone.






Gabriele capitano dei Granatieri Reali










Caterina Demargherita Varrone, la figlia di di un giureconsulto.





Caterina Demargherita Varrone era figlia del giureconsulto Luigi. Dedicò alla famiglia tutta la sua vita, la coppia infatti ebbe molti figli. I Demargherita, anche de Margherita, erano di Biella. Non si può affermare con sicurezza, ma un ramo dei Varrone pare venissero da Cuneo, ed ebbero Patenti di nobiltà delle Duchesse Bianca e Jolanda, con la conferma di Carlo Emanuele I come appare nei consegnamenti del 1613. Di loro si ricorda il dottor Carlo Massimiliano, da Cuneo; Prefetto di Cuneo (1642, 18 febbraio; patenti 60, 37 v). Questa antica famiglia decurionale de populo di Cuneo, presente nell'elenco del 1535; nella Corona Reale sono detti di origine vercellese. Nel blasonario Subalpino, poderosa raccolta di Armi che si deve all'ingegno del compianto Federico Bona, si fa notare la somiglianza della loro arma con quella dei Varrone di Ponderano, ramo della famiglia alla quale Caterina apparteneva, in relazione alla loro origine vercellese citata in Corona Reale.






Gabriele, va fino a Parma per farsi fare il ritratto dal conte Calvi.





Gabriele, già anziano, ritratto tratto dalla foto scattata dal conte Calvi.

La fotografia era ancora giovane ma aveva trovato un grande pubblico di estimatori, sopratutto quando i nuovi procedimenti la resero poco costosa e alla portata di quasi tutti. Il conte Calvi era di Parma ed era un pioniere della fotografia. Aristocratico discendente da una antica e illustre famiglia nobile, fotografava una quantità di soggetti differenti, sopratutto della Parma bene. Ma era molto selettivo, se venivi da fuori e non eri un buon garibaldino come lo era lui, era difficile che ti aprisse le porte del suo studio. Era un personaggio straordinario come questa epoca di pionierismo e progresso scientifico ne produsse molti. Gabriele lo conosceva e andò da lui per farsi fotografare.

La passione per la fotografia: Il conte Guido Calvi.





Guido Calvi - Camera Oscura 1839-1920, di Romano Rosati, Parma - Guido Calvi (1827-1906), fotografo parmigiano. -1 gennaio 1860 - Pubblico dominio

Il conte Guido Calvi

Guido Calvi nacque a Parma il 16 febbraio 1827 morì a San Martino Sinzano il 29 luglio 1906- E' stato un aristocratico e fotografo italiano, figlio di Gaetano dei conti Calvi di Coenzo e della marchesa Giuseppa Bergonzi-Pallavicino. E' ricordato come un pioniere della fotografia a Parma. Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Parma, nel 1855 pubblicò su La Palestra (giornale di scienze, lettere e arti) una serie di articoli di carattere tecnico sulla fotografia. Ci troviamo agli inizi della fotografia e gli articoli trattavano: Nozioni generali sulla fotografia e sulla sua influenza sulle arti e sulle scienze, Fotografia sulla lastra metallica o Daguerrotipia, Fotografia sulla carta o Talbotipia.

A Parma il suo studio ebbe subito un grande successo, tanto che la duchessa Luisa Maria cercò più volte di ottenere un ritratto, vedendosi però opporre "l'intrasportabilità delle attrezzature". La vera ragione è da ricercare nelle idee liberali di Calvi. essendo un ardente patriota finì in carcere per alcuni giorni a causa di una risposta malevola al duca Carlo III. Fu amico di diversi artisti, in particolare del pittore Francesco Scaramuzza.

Citiamo:Fotografi e fotografia a Parma
Fotografi e fotografia a Parma 1839-1876
Roberto Spocci

L’interesse di Guido Calvi per la fotografia è documentato già dal 1854 allorché richiede, allegando una copia del periodico, all’Ispezione Generale della Reale Gendarmeria il permesso di associarsi a La Lumière. Revue de la Photographie, permesso che gli sarà accordato dalla Segreteria Intima di Gabinetto con nota del 25 novembre 1854.; in ASPr, Segreteria Intima di Gabinetto, b. 282. Interesse che concorda con l’indicazione che Gianni Capelli, poi ripresa da Italo Zannier, diede per l’apertura dello studio del Calvi. Questi uomo eclettico, buon cavallerizzo e suonatore di violino, usava firmare la cronaca teatrale ne “L’Annotatore”. Lo studio del Calvi sito in borgo Riolo 21 venne rilevato dapprima da Achille Rusca nel luglio del 1865 per poi essere ceduto a Vernizzi e C.

Per approfondire vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Calvi_(fotografo)

Vista di Genova, la città dove abitava Gabriele con Caterina Demargherita, quando lui era militare e dove nacque il figlio Maurizio e vi abitò con Giacchina Vibertis e poi il loro figlio Antonio con Giulia Weber





Veduta di Genova, in odore di burrasca, del "pittore-reporter" svizzero Carlo Bossoli (Lugano 1815 - Torino 1884), colta, sempre dalle alture della città nel 1872. - Fonte:https://www.museidigenova.it/sites/default/files/2020-06/bossoli---veduta-di-genova.jpg






La spada di cavaliere dell'Ordine di Santi Maurizio e Lazzaro.





La spada di cavaliere dell'Ordine Mauriziano. Questa arma era portata dal cavaliere Gabriele quando indossava l'uniforme dell'Ordine intorno agli anni 1840. Era più un'arma decorativa che una vera e propria spada da guerra.






La spada Albertina.





La spada Albertina simile a questa apparteneva al cavaliere Gabriele, ed era una vera e propria arma da guerra.

Al momento dell'unificazione del 1861, le armi regolamentari del Regno di Sardegna furono utilizzate come modello per l'armamento del neonato Regio Esercito Italiano. Forse il più iconico dei modelli sardi che erano in uso durante questo periodo turbolento chiamato Risorgimento era l'elegante Spada degli ufficiali di fanteria modello 1833.

Soprannominata Albertina in onore del re Carlo Alberto I, questa era una delle quattro spade regolamentari introdotte di recente il 25 giugno 1833. In questo periodo furono introdotte una serie di nuove direttive, in parte per riorganizzare la vasta gamma di equipaggiamenti dell'esercito ma anche per evitare che i portafogli degli ufficiali debbano “stare al passo con le capricciose innovazioni della moda”.

Era un'arma ben considerata che sembrava soddisfare le esigenze della maggior parte degli ufficiali e sarebbe rimasta in servizio con la fanteria per oltre due decenni con solo piccoli adattamenti necessari. Il modello usato da Gabriele qui illustrato era talvolta indicato in letteratura come la spada per abito lungo. Questo perché il regolamento del 1833 introdusse un'uniforme primaria per gli ufficiali di fanteria che includeva una tunica con due lunghi code sul retro, da cui il "vestito lungo". La spada venne anche usata come di ordinanza dagli ufficiali di cavalleria e data anche ai Carabinieri Reali.

Un diagramma esploso della prima forma dell'elsa L'elsa della spada è facilmente riconoscibile ed era realizzata in ottone dorato o bronzo (e talvolta placcato in argento). Ha un puntale prominente a forma di cilindro affusolato che attraversa una protezione a conchiglia prima di arricciarsi per unirsi a un pomolo sferico per mezzo di una vite, questa vite è la chiave per smontare la spada. Un terminale a forma di "sigillo di cera" sovrasta il pomello e occasionalmente si può trovare decorato con stemmi, iniziali e altre personalizzazioni. Le impugnature sono tutte con anima in legno ed erano fittamente avvolte con filo d'argento o di ottone dorato, mentre un grande anello per le dita sporge verso l'alto dalla guardia, correndo lungo l'impugnatura prima di curvarsi per incontrare l'elsa. Questo anello era abbastanza grande da accogliere una o due dita, offrendo teoricamente allo spadaccino un maggiore controllo della punta della spada. Sebbene la lama di regolazione lunga 81,5 cm fosse concepita per essere rigida, a un filo e "piatta" con una sezione trasversale triangolare, le sue incarnazioni hanno finito per includere una notevole varietà di tipi di lama: con dorso a tubo, sgusciata, a filo singolo, a doppio taglio, sottili, robusti e persino spade piccole e altre lame del 1700. Inoltre, nonostante gli articoli indichino chiaramente che la lama dell'Albertina dovrebbe essere dritta, si possono incontrare anche lame curve sebbene queste siano tra le forme di realizzazione più rare. Qualunque fosse il tipo di lama, la sua connessione con l'elsa doveva essere sempre nascosta per mezzo di una rondella di feltro rossa, il colore rosso era associato alla componente di fanteria dell'esercito, ed è quello portato da Gabriele. Il sano appetito che i sardi (e gli ufficiali italiani) avevano per personalizzare le proprie spade si estendeva anche a considerazioni minori come il posizionamento di un nodo della spada (o dragona) o se averne uno. Anche gli uomini arruolati si unirono a questo fiuto per l'indipendenza, con i sottufficiali, se il loro salario lo permettesse, potendo modificare i manici e le impugnature delle loro spade "per renderle più simili a quelle degli ufficiali". In alcuni casi, la commissione da parte degli ufficiali di spade con caratteristiche non regolamentari era attivamente incoraggiata dagli ufficiali in comando, forse come esercizio di spirito di corpo. Una versione successiva con un fodero d'acciaio Una versione successiva con un fodero d'acciaio Il fodero dell'Albertina è stato più o meno lasciato intatto ed è piuttosto utile in quanto può essere utilizzato per restringere la data di fabbricazione della sua spada. Inizialmente era realizzato in pelle nera, verniciato e fornito con un medaglione e una cappa in ottone dorato e un borchia allungata a forma di ala. Nel 1843 questo perno fu rimosso e sostituito con due anelli di sospensione fissati al fodero per mezzo di raccordi in ottone dorato. Il fodero in cuoio fu ritenuto del tutto inadatto nel 1846 e il 6 aprile di quell'anno fu rimosso dal servizio con una versione in acciaio molto più robusta portata al suo posto. Questo era completamente dipinto di nero a eccezione dei suoi supporti in ottone che dovevano essere lasciati dorati. I foderi in acciaio degli ufficiali di grado superiore non erano verniciati e lucidati con una finitura brillante. Ed era questo il trattamento di finitura della spada di Gabriele. L'anno 1846 vide anche una modifica all'elsa del Modello con l'abbandono degli abbondanti avvolgimenti di filo metallico dell'impugnatura a favore di un rivestimento in lamiera (in realtà due manicotti conici che si incontrano al centro sopra l'anima in legno). Ma questa modifica non appare nella spada di Gabriele che ci permette una datazione anteriore al 1846. Questa modifica includeva e incorporava un design a coste e motivi impressi che rispecchiavano il precedente filo ritorto. Spesso, queste ultime impugnature erano leggermente ridotte in termini di dimensioni e peso, con il pomo sferico in particolare notevolmente più piccolo. La costruzione di The Later Grip Per quanto riguarda le decorazioni, le Albertine erano abbellite quasi quanto la ricchezza del loro proprietario consentiva, e questo era particolarmente vero per gli uomini di rango superiore. Abbondano lame generosamente azzurrate e dorate, incisioni a freddo, dediche e motti e dispositivi decorati per l'elsa. Con un così alto grado di personalizzazione, è facile capire perché è raro trovare due Albertine che abbiano esattamente lo stesso aspetto. Nel 1855, una sciabola a punta troncata sostituì ufficialmente l'Albertina, ma continuò a rimanere in servizio con alcuni ufficiali per molti anni per motivi sentimentali o finanziari.

Questo articolo è tratto da:

https://www.fordemilitaryantiques.com/articles/2019/3/22/the-1833-model-sword-albertina






Vittorio Emanuele II di Savoia Carignano





Vittorio Emanuele II

Vittorio Emanuele II di Savoia nome completo Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia nacque a Torino il 14 marzo 1820 e morì a Roma il 9 gennaio 1878. Re di Sardegna prima e poi Re d'Italia dal 1861 al 1878. È ricordato come Re galantuomo, perché salito al trono non abrogò lo Statuto Albertino promulgato da suo padre Carlo Alberto. Insieme a Camillo Benso Conte di Cavour suo presidente del consiglio fu protagonista del Risorgimento che si concluse con la proclamazione del Regno D'Italia., e per questo è anche ricordato come Padre della Patria. Nella realtà fu uomo che amava considerarsi un grande condottiero, mentre dal punto di vista militare non lo era affatto, di questo se ne rese conto sopratutto nella terza guerra di Indipendenza dove preferì delegare il comando ai suoi generali. Cavour era sempre preoccupato che non ne seguisse i consigli, e ce lo descrive come un uomo meschino ma la cosa va presa con dubbi poiché tra i due erano spesso i litigi. Tuttavia fuori dal costrutto del falso patriottismo Risorgimentale . Vittorio Emanuele II non sembra avere particolari pregi o doti da farlo eccellere come condottiero o politico. Conservò lo Statuto concesso dal padre per un certo opportunismo, in quanto non disturbava l'Austria e serviva a non dare motivi di sommossa nel suo regno, mettendolo al riparo dalle turbolente correnti interne.

Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia





Grabriele un ufficiale proveniente dall'artiglieria



Nell'Accademia Reale si insegnava: “a montare a cavallo; correre al saraceno; all’anello ed alla testa dei mostri; la danza; l’armeggiare, il volteggiare, il maneggio delle armi; gli esercizi militari; la matematica; il disegno”.
Ma l'Accademia era stata un circolo chiuso riservato solo ai nobili, anche di altre nazioni.
Gli ufficiali borghesi erano stati ospitati in gran numero nel corpo di artiglieria. Questo provocava una certa rivalità con il resto dell'esercito dominato sempre dalla nobiltà.

L'Artiglieria non è più solo per gli ufficiali borghesi


Ma ai tempi di Gabriele l'artiglieria e la sua scuola non presenta più distinzione tra nobili e borghesi, anche se i nobili preferiscono la cavalleria e secondariamente la fanteria.
Dal XVIII secolo gli ufficiali cominciano ad essere anche borghesi. La proporzione tra nobili e borghesi resta alta a favore dei primi, circa il doppio rispetto ai borghesi e tra i nobili 1/3 sono cadetti, gli altri titolati.

Cambia il modo di considerare la carriera militare


A essere mutato era sopratutto il modo con cui era considerata la carriera militare. Non più solamente come antichi ideali da conservare, ma anche come opportunità di studi e apprendimento scientifici e anche letterari.






Gabriele non viene riammesso nell'esercito regolare





Gabriele non verrà più ammesso a combattere nell'esercito regolare. La sua supplica al re Carlo Alberto nella prima guerra d'Indipendenza sarà inascoltata. Dovrà stare in panchina mentre si combatte, nonostante le sue competenze tecniche apprese alla scuola militare in gioventù. Solo con la 2 guerra d'indipendenza otterrà il comando di volontari, ma nella guardia nazionale.






Gabriele: suo figlio Maurizio nasce a Genova





Gabriele sposato a Rivalta nel 1822 con Caterina Demargherita, a Rivalta fisserà la sua residenza e a Rivalta nasceranno quasi tutti i figli. Ma è a Genova che nascerà il terzo figlio della coppia, Maurizio, che in seguito sarà conte. A Genova abiterà anche il nipote di Gabriele, Antonio , anche lui sarà conte.

Gabriele, suo servizio nella Guardia Nazionale




Rappresentazione evocativa del cavaliere Gabriele nella Guardia Nazionale

Il cavaliere Gabriele nella guardia Nazionale. Può un uomo che ha fatto il militare e poi ha chiesto l'aspettativa, restare a guardare la famiglia ormai cresciuta mentre intorno a lui si scatenano i lampi di guerra? Non lo può, tanto più che questa volta l'Italia unita si fa davvero, e con il Grande Fratello Napoleone III e con il re Vittorio Emanuele II. Gabriele anche se non è più un giovanotto finalmente riesce a riprendere servizio in un reparto militare, la Guardia Nazionale e con il suo grado di capitano. Oggi non si riuscirebbe a capire perché Gabriele si sia gettato in un rischio simili, anche se non è in un reparto di prima linea, ma il pensiero di allora era diverso, l'attaccamento alla Monarchia e un grande e una grande genuina passione per fare l'Italia unita sotto Vittorio Emanuele II per allora possono bastare.






Garibaldi, eroe dei due Mondi





Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei Due Mondi

Giuseppe Maria Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807 e morì a Caprera, 2 giugno 1882. Generale, patriota, condottiero e scrittore italiano è stato uno dei personaggi storici più celebrati della sua epoca. Chiamato: «eroe dei due mondi» per le imprese militari compiute sia in Europa, sia in America meridionale. E' il principale eroe nazionale italiano del XX secolo. Ufficiale di navi mercantili, poi capitano di lungo corso. La spedizione dei Mille resta la sua impresa più famosa, per effetto di questa il Regno delle Due Sicilie venne annesso al Regno d'Italia. Massone iniziò alla Massoneria la figlia Teresita, e per qualche tempo fu Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. Repubblicano e anticlericale, scrisse prevalentemente memorie od opere di politica, pubblicò anche romanzi e poesie. Insieme a Garibaldi vengono ricordati il re Vittorio Emanuele II e Camillo Benso conte di Cavour come la triade che portò all'unità d'Italia. Un altro fautore dell'Unità fu Giuseppe Mazzini ma questi era visto dai tre come un terrorista e il suo limpido pensiero non venne preso mai in considerazione se non inizialmente da Garibaldi.


Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Garibaldi














Section Fifty-one

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51.Il conte Maurizio













Pietro Aldi (1852 - 1888) – painter (Italian) Born in Manciano (Grosseto). Died in Manciano (Grosseto). Details of artist on Google Art Project - OwHgh-E0I0tFAA at Google Cultural Institute maximum zoom level - Pubblico dominio










Maurizio, sotto il comando di Garibaldi





Il figlio del cavaliere Gabriele, Maurizio, combatte nel Regio esercito e sotto il comando del generale Garibaldi quando questi serviva il re di Sardegna, e poi nelle battute finali della campagna dei Mille , come vero e proprio Garibaldino, ufficiale di stato maggiore. E' anche uno degli ultimi Didier ad abitare a Rivalta di Torino, dove sarà seppellito nella tomba di famiglia all'inizio del cimitero nel 1886.






Maurizio e la consorte Gioacchina Vibertis






Maurizio Didier della Motta





Maurizio Cenni biografici

5 conte della Motta IX MAURIZIO (nato a Genova nel 1832; morto a Rivalta il 5 Giugno 1886) tenente dei corpo del treno. Sposa Gioacchina, del dottor Felice Vibertis. Conte della Motta, titolo di Conte ricevuto per eredità dal padre Gabriele cavaliere ereditario alla sua morte il titolo passa al figlio . 1 Maria Gabriele Gioacchino (X)






Caterina Vibertis





Gioacchina Vibertis Cenni biografici

Figlia del dottor Felice Vibertis di Rivoli. Il dottor Vibertis era un apprezzato chirurgo di corte.






Il conte Maurizio, una carriera militare tra Regno di Sardegna, Esercito meridionale e Regno D'Italia





Il conte Maurizio non era uomo da stare con le mani in mano. Sepolto nella tomba di Rivalta con il padre Gabriele, ebbe una lunga carriera militare e partecipò come volontario Garibaldino all'Impresa dei Mille, militando nelle file dell'Esercito Meridionalre.






Caterina Vibertis, una fans di Garibaldi





Figlia del dottor Felice Vibertis, un medico di corte distaccato a Rivoli che compare nei calendari Generali come nel 1828, Caterina era una fans dell'Italia unita, desiderava che si facesse, ma non ne sapeva le conseguenze dovute a cattivi governi che seguirono.

Caterina Vibertis da giovane età circa 20 anni.

Vista di Genova, la città dove nacque Maurizio e dove abitò con la consorte Gioacchina Vibertis.





Carlo Bossoli - Il porto di Genova dai Terrazzi di marmo - Date 1850 - public domain - Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Il_porto_di_Genova_dai_Terrazzi_di_marmo.jpg






Garibaldi, un grande generale. In Italia non ce ne sono stati altri dai tempi della Condotta





Pare strano che Garibaldi, personalità dalle qualità indiscutibili, e unico genio militare italiano, sia ancora considerato proprio da alcuni Italiani niente più che un brigante.






Il treno di artiglieria


Quinto Cenni - 1879-98 - Artiglieria- Da sinistra a destra : Ufficiale, sottufficiali e soldati di Artiglieria in tenuta di marcia,l'Appuntato al centro appartiene alle compagnie del Treno.


Il Treno di Artiglieria

Maurizio era capitano del Treno di Artiglieria durante la campagna della seconda guerra d'indipendenza, sotto il comando del generale Garibaldi. Questo reparto si formò espandendo l'unità dei Carabinieri genovesi che formò la 1ª compagnia Bersaglieri dalla quale nacque il 30 maggio del 1859 la batteria d'artiglieria e il reparto treno. Questo corpo era destinato al traino di artiglieria, cioè tutto il complesso dei carriaggi per trasportare i pezzi di artiglieria, munizioni e attrezzature per poter utilizzare appunto i cannoni.






Battaglia di San Fermo


Paolo Barbotti (1821 - 1867) - Morte di Pedotti a San Fermo, 1861 - Secolo: XIX - Fonte: collezioni.museicivici.pavia.it/risorgimento/risorgimento/opere/img/077.jpg


Notizie Storiche: Nel pieno della battaglia Giuseppe Pedotti, colpito a morte, viene sorretto dai commilitoni. Nel 1861 il soggetto del premio Frank, che la Civica Scuola di Pittura bandiva ogni anno con tema storico, è un recente episodio che ha per protagonista il patriota pavese. A Pedotti sarà intitolata nel 1884 una loggia massonica cittadina.

La battaglia di San Fermo

Dopo la battaglia di Montebello il 20 maggio, gli austriaci erano schierati al di là del Po in territorio piemontese. Il 30 maggio attaccavano i Piemontesi alla battaglia di Palestro, poco oltre Vercelli, ancora in Piemonte. Solo il 4 giugno gli Austriaci passato il Ticino si impegnarono nella battaglia di Magenta. Garibaldi non appoggiava l'avanzata franco-piemontese ma il suo obbiettivo era spaventare gli austriaci tanto da costringerli a impegnare truppe in un fronte secondario. E questo obbiettivo lo raggiunse. Gli austriaci avrebbero dovuto temere le sollevazioni cittadine, come ai tempi delle Cinque giornate di Milano, o delle Dieci giornate di Brescia. Raggiunta Cavallasca Garibaldi fissò qui il proprio quartier generale. Poi assaltò le posizioni austriache a San Fermo, dove riportò una netta vittoria. I Cacciatori delle Alpi persero il loro capitano, Carlo De Cristoforis che aveva guidato l'attacco nell'abitato di San Fermo. Gli Austriaci si mostrarono prudenti ne ripiegarono su Monza, ricordando la rivolta di 11 anni prima dove forze austriache equivalenti erano state costrette alla resa alla resa. Lecco rimase perciò sguarnita di truppe austriache, e i deputati municipali votavano un documento di adesione al Regno di Sardegna.






Garibaldi a Como, difficoltà di tenere la città


Agguato operato dai Cacciatori delle Alpi a Seriate, giugno 1859, litografia, ridotto - pubblicato nel 1861 - Source Self-scanned - Author stampatore Rossetti -Permission: PD-Old - copyright: This work is in the public domain in its country of origin and other countries and areas where the copyright term is the author's life plus 70 years or fewer.

Agguato dei Cacciatori delle Alpi a Serate

Garibaldi a Como

Il 27 maggio Garibaldi fece il suo ingresso in Como, festeggiato dalla cittadinanza. L'annessione al Regno di Sardegna della Provincia di Como (Como, Lecco, Varese) verrà proclamata il giorno seguente, e il Visconti Venosta, in qualità di commissario regio, prendeva possesso della provincia. Tuttavia gli Austriaci non avevano ancora varcato il Ticino ne i franco-piemonesi li avevano sconfitti o a loro vota passato il Ticino. I cacciatori non avevano ancora potuto condurre una campagna regolare scendendo nella pianura come ala sinistra dell'armate principale. Per questo motivo la situazione era ancora da normalizzare e incerta. A Laveno distante da Como 45 km, Garibaldi cercò senza successo di espugnare una piccola fortezza Austriaca- Quattro battelli a vapore della Navigazione Lariana fuggiti per sottrarsi alla requisizione degli Austriaci verso l'alto lago e poi rientrati a Cernobbio carichi di volontari armati raccolti nei paesi rivieraschi si consegnarono al Visconti Venosa, imbarcatosi su questi Garibaldi giunse il 29 maggio giunse a Lecco.

A Monza gli Austriaci ottennero consistenti rinforzi, l'effettivo del maresciallo Urban parrò da due brigate all'intero I corpo d'armata austriaco, cioè cinque brigate appena giunte dalla Boemia e una brigata a Bergamo di riserva. Con queste forze gli Austriaci tentarono di riconquistare le posizioni in precedenza perdute. Gli Austriaci al comando dell'Urban da Monza e raggiunsero Varese, rimasta indifesa dal ripiegamento di Garibaldi. Vistosi negare la richiesta di un cospicuo riscatto il 30 maggio 1859 l'Urban bombardò la città prima di rioccuparla. E qui vi furono anche alcuni episodi di saccheggio.

Garibaldi intanto rifece il cammino a ritroso, sopra Varese, gli Austriaci lo avvistarono ma mentre bivaccava con la brigata a Robarello, sulla strada fra Varese e Como il 1 giugno ricevette la richiesta di soccorso da parte di Como che temeva di fare la stessa fine di Varese bombardata. Così Garibaldi continuò la sua marcia e per la seconda volta entrò in Como che lo ricevette a porte sbarrate e in un silenzio da sepolcro. La divisione dell'Urban venne precipitosamente richiamata dal Gyulai verso sud, su Gallarate che raggiunse il 3 giugno, nel tentativo di contrastare il passaggio dei grosso franco-piemontese sulla sponda lombarda del Ticino, che avveniva fra Turbigo e Sesto Calende. Ma la notte del 2 giugno i francesi gettata una testa di ponte a Turbigo e gli Austriaci, non essendoci ancora l'Urban con la sua divisione non riuscirono a spezzarla. I francesi di Napoleone III passarono il fiume obbligando poi gli Austriaci alla battaglia di Magenta che si concluse favorevolmente per i francesi e portò alla liberazione di Milano. I Cacciatori da allora condussero una campagna regolare, agendo da ala sinistra dei franco-piemontesi, che si dirigeva sulla pianura. Tutte le città della fascia prealpina lombarda attendevano la liberazione mentre agli Austriaci non rimaneva che ripiegare sulle fortezze del Quadrilatero. Imbarcati i Cacciatori nel porto di Como a bordo della flottiglia di battelli a vapore della Navigazione Lariana questi giunsero a Lecco il 6 giugno. Garibaldi proseguì la sua avanzata fino a entrare a Bergamo l'8 giugno e poi liberare anche Brescia il 14 dello stesso mese.






La battaglia di Teponti


Battaglia di Treponti: Gli Austriaci scacciano gli assalitori Italiani

Il 14 giugno fuori da Brescia nei pressi del Chiese i 1400 volontari dell'avanguardia si scontò con 4000 austriaci posti a retroguardia della divisione di von Urban in quella che si chiamerà la battaglia di Treponti. Il combattimento durò circa 7 ore e gli austriaci rigettarono gli assalitori facendo 70 prigionieri continuando il loro ripiegamento






Si cerca di coprire il passo dello Stelvio


Copertura del passo dello Stelvio

L'esercito franco-sardo era ormai in grado di occupare l'intera fascia che copre dal Garda alla fortezza mantovana ragion per cui i Cacciatori, esaurito il compito di servire come ala destra. Garibaldi lasciò i regolari e con i suoi volontari giunto al Lago di Garda e catturò un vapore austriaco con il quale pensava di attraversarlo, ma valutata l'esiguità dei suoi uomini, appena una brigata constatò che non poteva chiudere la strada ad una eventuale discesa degli Austriaci da Riva del Garda ne quella dalle vicine valli, che potevano scendere dal passo del Tonale. D'altra parte gli accordi segreti tra Napoleone II e Vittorio Emanuele II considerando il Trentino parte integrante della Confederazione Germanica ne avevano stabilito l'inviolabile i confini. E in quel settore venne inviato il Cialdini con ben precisi ordini di rispettare i confini. Restava da coprire il passo dello Stelvio, e qui vennero inviati i Cacciatori.






Armistizio di Villafranca e fine della campagna


Fine della campagna

Garibaldi arrivò nella valle il 27 giugno con la sua brigata, inviò 1800 volontari di avanguardia al comando del tenente colonnello Medici. Tutto il versante occidentale della strada dello Stelvio, a partire da Bormio era liberato così dagli Austriaci, di cui veniva catturato anche un intero drappello. Ancora agli inizi di luglio si tentò un assalto agli Austriaci che difendevano le case cantoniere dello Stelvio, attraversando pendii rocciosi e un ghiacciaio. Ma l'11 luglio venne firmato l'Armistizio di Villafranca e le operazioni terminarono.

Maurizio combatte nell'Esercito meridionale



Maurizio militerà nelle file dell'Esercito meridionale sotto il comando del generale Giuseppe Garibaldi dove sarà aiutante di Stato Maggiore. Giuseppe Garibaldi chiamò così
l' armata che si costituì conseguentemente alla spedizione dei Mille. Furono circa 50.000 uomini volontari, gli ufficiali in genere indossavano la tipica camicia rossa Garibaldina, a modello dei Mille motivo per cui vennero definite camicie rosse. Con la proclamazione del regno d'Italia venne sciolto

Ne "Alla ricerca dei Garibaldini scomparsi", dove sono catalogati circa 30.000 garibaldini

Così compare nella sua scheda sotto Impresa dei Mille:

"Ha servito nell'Armata Sarda dal 1848 al 1854, poi dal 1859 al 1860. Campagna del 1859 e Campagna del 1860 sotto il comando del Generale Garibaldi"
Corpo del Treno dell'Armata meridionale - Stato Maggiore
Grado Luogotenente d'Istruzione (16 ottobre 1860)

L'Esercito meridionale è sciolto, ma non tutti i volontari vengono inglobati nell'esercito del Regno di Sardegna. Alcuni delle Camicie Rosse diventano temuto briganti



Volontari garibaldini - articolo del giornale - Le Monde illustré disegno di Garibaldini - Pubblico dominio File:Volontari veneti e carabinieri genovesi.JPG Creato: 1 gennaio 1860 - Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Esercito_meridionale#/media/File:Volontari_veneti_e_carabinieri_genovesi.JPG

Volontari Garibaldini

Sciolto definitivamente con Decreto del 1 febbraio 1861 il comando dei Volontari, lo stesso decreto dispose fosse traslocato in Piemonte. Anche l'Intendenza Generale fu trasferita a Torino. Nel Regio esercito furono ammessi alcuni generali garibaldini come Giacomo Medici, Enrico Cosenz, Nino Bixio, Stocco e Sirtori. Ma altri furono respinti, come Stefano Canzio, Luigi Castellazzo, Giovanni Battista Fauché. Altri vennero accettati con un grado inferiore. Il 18 aprile 1861, Garibaldi si levò in difesa del suo esercito e pronunciò un discorso alla Camera, accusando «la fredda e nemica mano di questo Ministero [Cavour]» di aver voluto provocare una «guerra fratricida». Questo discorso suscitò una violenta reazione in Cavour, che chiese invano a Rattazzi, presidente della Camera di richiamare all'ordine il generale. La seduta fu sospesa. Nei giorni successivi Nino Bixio tentò una riconciliazione ma pochi giorni dopo Cavour morì. Dei 50.000 volontari, secondo lo storico militare John Gooch, circa 5000 ufficiali garibaldini vennero inglobati nel Regio Esercito tra il 1861 e il marzo 1862. Alcuni volontari dell'esercito garibaldino divennero temuti briganti, l'esempio più noto è Carmine Crocco.

















































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52. Potare i rami secchi












Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo Carlo: l'estinzione del titolo nel 1862, ma anzi no





Il titolo di conte della Motta si estinguerà nel 1862 con la morte del Conte Barnaba Saverio Carlo, figlio del conte Carlo Francesco, lo stesso del giuramento del 1822.






Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo Carlo & Clara Pastoris di Casalrosso






Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo Carlo





3 conte della Motta
VIII GIUSEPPE MARIA BARNARA BARTOLOMEO CARLO (nato a Torino S. Maria l' 11 Giugno 1790, morto il 1 Ottobre 1862) sposa (Torino S. Maria il 3 Febbraio 1810) Clara Pastoris di Casalrosso, figlia del conte Carlo Luigi Severino e di Chiara Maria Rambaudi di Pietrafuoco. (alla sua morte sono eredi legittimi Rosalia Didier della Motta sposata Nerini e il cavaliere Gabriele Didier della Motta, figli di Vittorio Gaetano Giuseppe Bartolomeo che era fratello di Carlo Francesco Saverio, il 2 conte della Motta, padre del detto Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo- )
Sottotenente nel Reggimento Provinciale Vercelli (1815).






Clara Pastoris di Casalrosso





Clara Pastoris di Casalrosso. Cenni biografici

Clara Pastoris di Casalrosso, figlia del conte Carlo Luigi Severino Antonio e di Chiara Maria Rambaudi di Pietrafuoco. Sposa in Torino Santa Maria il 3 Febbraio 1810 Giuseppe Maria Barnaba Bartolomeo Carlo Didier, da cui:

1 Giuseppe Alessio Saverio (nato a Rivalta il 20 Settembre 1815; morto a Rivalta il 30 Novembre 1815)






La contessa Pastoris di Casalrosso





Clara dei conti Pastoris di Casalrosso in una immagine ambientata intorno agli anni 1815 quando ancora giovane perse Alessio Saverio, il suo unico figlio bambino.






Il titolo di conte della Motta passa a Gabriele





Il titolo di conte della Motta passerà al ramo cadetto del cavaliere Gabriele Didier della Motta, reso erede del conte insieme alla sorella Rosalia. Durato troppo poco per avere una storia, e non basato su un feudo di lunga data, il titolo di conte della Motta, dalla restaurazione in poi ebbe perciò una stabilizzazione di sole 3 generazioni quando venne portato nello stesso ramo in successione di padre in figlio fino al 1862.






La proprietà di Rivalta di Torino, verso un triste declino prima della fine





Wild Landscape
Rivalta di Torino

La ex Abazia di Rivalta di Torino, era appartenuta a Vittorio Amedeo Francesco che tuttavia la abitò come residenza estiva, anche per il freddo d' inverno come lamentavano gli ospiti. Passò in eredità all'ultimo conte della linea principale che abitò il piano terra lasciando il secondo piano al cavaliere Gabriele. Il conte tentò di sbarazzarsi della costosa e ingombrante proprietà, che era condivisa anche da due altre famiglie, proponendola come manicomio. Ma il progetto per la lontananza da Torino e per l'insalubrità dell'aria non andò in porto. Nella casa erano molto apprezzati i giardini che contenevano flora e piante esotiche e che si trasformavano allagandoli con l'acqua della vicina roggia in un bellissimo giardino acquatico popolato di piante esotiche importate.

La descrizione che ci dà il Casalis del monastero di Rivalta, dove era solito sostare





Il monastero già proprio dei cisterciensi, ed ora diviso tra varii possidenti, sorge fuori del villaggio a poca distanza dalla parrocchia. La civile sua porta di mezzo guarda maestrale: all'uscire da essa entrasi in un'allea deliziosa, formata da due file di fronzuti olmi, la cui mercè vi si respira negli estivi calori un'aria fresca e salubre ( 1 ).
( 1 ) Il prof. Casalis che sta dettando quest'opera, e suole passare in Rivalta alcuni mesi della bella stagione, riposa qualche momento dalle sue incessanti fatiche all'ombra di quelle annose piante, ed ivi ricorda talvolta i seguenti Carmi di un sommo vate:

Perchè que' nodi
Formar che tosto esser dovranno infranti?
Su quel sostegno riposar che vale
Solto il braccio deluso ecco si rompe? Per l'aspra della vita opaca valle
Solo e intrepido muovi, e di quel bene
Che a te da te verrà, muovii contento.


Quell'edifizio è magnifico, e dichiara l'opulenza dei monaci che lo abitavano: de' suoi vari appartamenti sono ora possessori il conte Didier, il cavaliere Gabriele Didier, il signor Bessone, le figlie ed eredi del notaio Balegno, uomo saggio e benefico che si rendette sommamente benemerito dei rivaltesi dai quali se ne serberà mai sempre grata la ri membranza. Agli appartamenti proprii del signor cavaliere Didier si ascende per un ampio, e maestoso scalone in marmo. Tra gli stessi proprietarii venne pure diviso il vasto attiguo giardino che è cinto di alta muraglia: esso potendosi irrigare colle acque di una bealera che gli scorrono dappresso , coltivasi a fiori nostrani, ed esotici, a piante fruttifere di più specie, ad ortaggi, ed in alcuni tratti anche a prato ed a campo Dacchè fu soppresso il monastero di Rivalta, si aumento considerevolmente il novero degli abitanti di questo paese; e causa di un tale aumento fu sopratutto l'alienazione degli estesissimi terreni, ch'eran posseduti dai monaci; i quali beni si divisero perciò in molte parti, che furono comprate per lo più da famiglie forestiere.


Oggi degli olmi lodati dall'insigne professore e abate Goffredo Casalis, non resta più nulla. Il monastero appare all'afa e sotto il sole cocente con le sue mura bianche, conservando quando non frequentato il suo stantio silenzio e la sua amena pace. E' stato trasformato in scuola e centro polifunzionale.

I canonici di Sant’Agostino ebbero in affidamento il monastero di Rivalta che passò dal 1254 ai Cistercensi. Si articolava intorno al chiostro, luogo di vita comune. Era dotato di spazi residenziali e di servizio alle attività dei monaci e di un parco con alberi secolari. L’abbazia sopravvisse tra alterne vicende fino al 1792 sempre retta dai Cistercensi. Nel 1731 il monastero viene chiuso per regio decreto e quindi i beni e le rendite passano al Regio Economato. Quando venne soppressa e venduta alla Compagnia di San Paolo. Diventò poi un pensionato delle suore di San Giuseppe e, dal 1909 al 1971, ospitò i Fratelli delle Scuole Cristiane. Nel 1971 fu ceduta al Comune di Rivalta.
Nel 1940 Le suore erano locate in via Olmeto 8 e via Cicerone 8 a Rivalta.

Nei lavori di trasformazione della cappella ottocentesca a sala polivalente, Nel 2003 durante i lavori alla cappella ottocentesca riattata a sala polivalente, lavori finanziati grazie a fondi europei, sono venuti alla luce i resti della chiesa abbaziale romanica, risalente al XII secolo e demolita nel 1813 contestualmente alla realizzazione della nuova cappella.
Grazie a un ulteriore cofinanziamento, questa volta della Compagnia di San Paolo, è stato possibile proseguire le indagini all’esterno del fabbricato e riscoprire tutte le strutture della chiesa antica. Per il declino dell'abbazia invece, si dovette aspettare il 1770, con la soppressione di quest'ultima, declassata a monastero, da papa Clemente XIV. Il Castello ebbe un analogo declino, quando nel 1787 gli ultimi Orsini rivaltesi non ebbero discendenza: Il Castello e le proprietà furono consegnate al ramo dei vicini cugini, i conti di Orbassano, fino al 1823, quando poi passò di proprietà a Cesare della Chiesa, conte di Benevello, rinomato pittore di corte che, fece ristrutturare il castello; sua figlia Bianca, contessa e moglie di Demetrio Piccono della Valle, vi fondò un ospedaletto di ricovero per anziani, ancor oggi titolato a lei.
A metà del XIX secolo Rivalta fu funestata da un’epidemia di colera e dal calo della produzione agricola a causa di nuovi parassiti (peronospora e fillossera).
Dopo l’unità d’Italia vi fu una ripresa economica con nuove opere e una significativa attività artigianale. Nella prima guerra mondiale Rivalta ebbe 28 caduti e ospitò anche profughi dalle terre invase durante il conflitto.






L'abate Goffredo Casalis, autore dell'imponente opera: "Dizionario Geografico Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna"





L'abate Goffredo Casalis

Goffredo Casalis nacque a Saluzzo il 9 luglio 1781 morì a Torino il 10 marzo 1856. E' stato abate e storico . Orfano di padre e di origini umili, fin da ragazzo venne accolto gratuitamente al seminario di Saluzzo. Nel seminario studiò fino all'ordinazione sacerdotale. Conseguì, non senza difficoltà, il dottorato in Belle Lettere presso l'Università di Torino.

E' noto per la sua monumentale e precisa opera il Dizionario, dove in ben XXVIII completato nel 1856 sono analizzate dal punto di vista geografico, statistici e commerciale gli stati di Sm. Il re di Sardegna.

per una biografia com0pleta vedi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Goffredo_Casalis

Ritratto di Goffredo Casalis (incisione, 1857)Andrea gil - Template: Dal libro Vita di Goffredo Casalis - Torino stamperia Reale 1857 - Ritratto di Goffredo casalis incisione - Crediti: CC BY-SA 3.0






La passione per i cavalli





Horses in a Stable - Richter, Edouard Frederic Wilhelm; Horses in a Stable; Moray Council Museums Service; Fonte: http://www.artuk.org/artworks/horses-in-a-stable-166193

"La scuderia di Rivalta ospitava dei buoni cavalli che i conti acquistavano di buon grado. La scuderia era proprietà del conte Carlo e prima del di lui padre che vi alloggiava cavalli di pregio solitamente acquistati sul mercato. Giunto a questo vi era l'equipaggio per il trasporto, ovvero alcune vetture ad uso personale."

Un landau, come quello sopra illustrato, permetteva di portare più persone e bagagli, meno costoso di una carrozza completamente chiusa era trainato da uno o al massimo due cavalli. Era adatto allo spostamento di più persone e bagagli per tratti non lunghi e più nella bella stagione che nell'inverno.

Le carrozze si disegnarono nel tempo vari modelli: completamente aperti (landau), scoperchiabili (cabriolet), chiusi a quattro posti con finestrini a vetri (berlina); leggeri a due ruote (tilbury). La Berlina era usata per rappresentanza, ed era stata la carrozza tipica della nobiltà e dell'aristocrazia, mentre una sua versione a due soli posti ma sempre chiusa era denominata"Coupe", e questa nel settecento in Francia raggiunse, come la sua sorella maggiore la Berlina, forme con decorazioni molto eleganti, essendo anche questa nel settecento appannaggio della nobiltà.

La cabriolet era una carrozza leggera da passeggio, per brevi tratti, munita di un tetto retraibile in tela. Il termine deriva da "capriolare, fare le capriole". Era trainata da un solo cavallo e le signore potevano usarla tenendo le redini corte in mano.

Un cabriolet fermo a Rivalta di Torino





Chi attendeva questa carrozza tipo cabriolet, davanti alla facciata delle casa di Rivalta di Torino dei Didier? Il conte o il cavaliere o la consorte del cavaliere? Non lo sapremo mai.

I doveri di un gentleman, aiutare le signore a montare a cavallo





Aiutare le signore a montare a cavallo era un dovere codificato dall'etichetta ottocentesca. Questo dovere naturalmente era riferito solo ai gentiluomini e alla donne aristocratiche, nessuno avrebbe aiutato una popolana a montare a cavallo, se mai lo avesse avuto, un cavallo.

Cavalcarono insieme





Le madame del tempo, benestanti di professione, facevano quando potevano delle passeggiate a cavallo o delle cavalcate per visionare il panorama. Se c'era compagnia era anche una ottima occasione per una chiacchierata. Anche in questo caso la differenza sociale con le popolane era marcata, queste non avevano tempo per cavalcate e si potevano piuttosto incontrare nei campi, al lavoro.






Si va in città o in visita o far compere, in carrozza.





Un classico dell'epoca è la dama, borghese benestante o aristocratica nobile o meno che va a fare le compere in città in carrozza. Non si tratta di spese alimentari, ma di andare a fare una vista ai negozi e poi per ricreazione visitare, preventivamente avvisati, parenti e amici.

La panoramica del paesaggio che avremo trovato: molti contadini nei campi a lavorare duro.





Ettore Tito - Women in the Rice Fields of Polesine (1885) - Fonte: https://www.wikiart.org/en/ettore-tito/women-in-the-rice-fields-of-polesine-1885 - Public Domain

Nikolay Kornilevich Pimonenko - Pittura, 1890-mo - Fonte:https://arthive.com/it/artists/2151~Nikolay_Kornilevich_Pimonenko/works/26003~Hay

E nelle borgate non è diverso.





Ettore Tito - Chioggia (1898) Fonte:https://www.wikiart.org/en/ettore-tito/life-in-chioggia-1898 -Public Domain