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41. Con quali mezzi Vittorio Amedeo acquisì lo stile e il titolo di conte della Motta
Barry Lyndon (1975) - 'Lady Lyndon' scene
Vittorio Amedeo, il primo conte della Motta
Arriviamo al 1791 quando Vittorio Amedeo, che del suo è impiegato come Censore nell'Università degli studi, forse pensa, "ma adesso che la famiglia è nobile, non ci vorrà un feudo? Un predicato? Giusto per differenziarla dagli altri Didier, perché in Savoia di Didier ce ne sono un sacco e una sporta".
Il momento è propizio, molti Savoiardi si sono uniti ai rivoluzionari, il re deve varare provvedimenti drastici, cerca più sicurezza e fedeltà intorno a se . Vittorio Amedeo si dà da fare, chissà che non sia la volta buona. Cerca e compera una terra di nuovo acquisto nel Novarese.
E' uscito un bando, il re Vittorio Amedeo III ha un cronico bisogno di soldi e mette in vendita terre feudali che suo nonno aveva conquistato nella guerra precedente, feudi Austriaci che erano appartenute alla Lombardia.
Sono solo 5000 livres (90000 livres era il valore del feudo di Hurtières accensito a Jacques Didier, il fratello del padre di Vittorio Amedeo, il commendatore Bartolomeo, e la contessa Luisa Didier in Plaisant moglie del figlio di Vittorio Amedeo
pagherà 16000 livres nel 1797 per acquistare delle terre del regio Demanio alla Venaria). Vittorio Amedeo acquista il feudo, forse un poco risentito perché con tutta
la faticaccia fatta per le Costituzioni Universitarie il re Carlo Emanuele III non l'aveva fatto conte, come accadeva per i personaggi
importanti che avevano avuto meriti.
Ma un feudo può portare la signoria, un titolo come barone che va bene lo stesso.
Il re Vittorio Amedeo III scorpora dal feudo una terra e costituisce, forse un po a sorpresa o perché Vittorio Amedeo ci brigava sopra da tempo,
una nuova minuscola contea, quella de La Motta.
Vittorio Amedeo viene infeudato e investito del luogo della Motta, con il titolo comitale, per maschi e 1 femmina. Inizia così la storia del predicato, poi cognomizzato, della Motta, località che si trova nella provincia di Novara, presso San Pietro Mosezzo.
Predicato che nasce all'ombra della paura della Rivoluzione, da un nuovo feudo senza storia né tradizioni.
Chissà se Vittorio Amedeo aveva in mente, all'atto della scelta della terra dalla quale sarebbe scaturito il predicato, la ben più gloriosa e antica storia dei Didier de la Motte, famiglia fondatrice dell'Abazia di La Motte Saint Antoine, nel Delfinato.
Storia di un feudo senza storia (che però un poco di storia ce l'ha)
Ricaviamo alcune notazioni tratte da Guasco.
Il feudo di San Pietro Mosezzo in provincia di Novara anticamente chiamato San Pietro in Selva e ancora prima
Asiago si trovava nel comitato di Pombia. Ildegarda figlia di Goffredi di San Pietro Mosezzo sposa Bernardo del fu Ascherio di Mosezzo vivente nel maggio del 916
e i discendenti assumono i titoli di signori di Casaleggio, di San Pietro e di Turbero
Feudo ex spagnolo, ex austriaco
Il feudo o comitato smembrato e creato ex nuovo è molto piccolo, sembra facesse 5 famiglia abitanti. Situato in pianura e lambito dalla
roggia o corso d'acqua. E' una terra dove si semina il riso, un paese difficile da integrare nel regno di Sardegna perché guarda più
alla Lombardia austriaca ed ex spagnola che ne è il centro di riferimento.
Section Forty-two
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42. Nel regno del Terrore
One Nation, One King (2018)
Vittorio Amedeo, reinvestito da Carlo Emanuele IV per maschi primi nati. Ma la Rivoluzione è già nel regno
Siamo sempre nel 1791, Vittorio Amedeo non sembra usare il nuovo titolo feudale. Per un paio di anni sarà ancora il Commendatore, Senatore Vittorio Amedeo.
Nel 1797 il nuovo sovrano, Carlo Emanuele IV, in affannato, epilettico malaticcio,
provato dalla Rivoluzione Francese e dalla condanna a morte nel 1793 del cognato Luigi XVI re di Francia, in cerca di appoggi sicuri a corte e in qualunque luogo dove trovarli, con i rivoluzionari in casa, lo reinveste del titolo comitale.
Carlo Emanuele IV
Carlo Emanuele IV
Carlo Emanuele IV di Savoia, detto l'Esiliato nacque a Torino il 24 maggio 1751 e morì a Roma il 6 ottobre 1819. Re di Sardegna e duca di Savoia dal 1796 al 1802 si mostrò psicologicamente fragile e tormentato dagli effetti provocati dalla Rivoluzione Francese. In particolare nel 1793 venne condannato a morte suo cognato Luigi XVI di Francia, seguito di lì a poco dalla cognata Maria Antonietta. L'esercito Rivoluzionario Francese repubblicano occupò gli stati del padre. ed egli, malaticcio ed epilettico cercò conforto nella fede diventando membro del terzo ordine di San Domenico. Morto Vittorio Amedeo III, suo padre, Carlo Emanuele salì al trono cercando di regnare su quel poco che restava del regno, ma la situazione si rivelò da subito drammatica. Il padre aveva perso parte del Piemonte meridionale, lo stato aveva le casse vuote. Un esercito debole e disorganizzato era il risultato di una politica militare errata, ben diversa da quella di Vittorio Amedeo II che ne aveva fatto le glorie. Inoltre l'esercito repubblicano Francese si era imposto militarmente in ogni precedente scontro. Nel popolo covava la rivolta, e due congiure furono poste in atto contro di lui, una nel 1796 e l'altra nel 1798. Se le congiure furono sventate e puniti con la condanna a morte i colpevoli, Carlo Emanuele IV aveva poco da gioire. Infatti i Francesi con Napoleone lo costrinsero a tutta una serie di umiliazioni fino alla cessione dei rimanenti territori. Il 6 dicembre 1798 Carlo Emanuele IV manteneva solo la sua sovranità sulla Sardegna. Il Piemonte divenne regione militare francese e Carlo Emanuele IV e sua moglie abbandonarono di notte Torino rifugiandosi prima a Parma poi a Firenze da dove nel febbraio del 1799 per ragioni di sicurezza si ritirarono in Sardegna aprendo i porti alla flotta Inglese che protesse l'Isola.
1797 in Piemonte, fine dei feudi
Siamo alla fine della feudalità, che verrà abolita appena 4 mesi dopo, il 29 luglio 1797 dallo stesso Sovrano (In Francia lo era stata già dal 1789), ma anche la monarchia traballa, il re momentaneamente fugge in esilio.
I Didier con Vittorio Amedeo sono arrivati alla nobiltà feudale quando ormai era allo spirare.
Sono entrati di soppiatto nel consorzio dei nobili doc, ma adesso,
con i Francesi, la republique, l'albero della libertà piazzato in Piazza Castello al centro di Torino,
il traguardo comincia a diventare un fardello.
Section Forty-three
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43. Il mondo nuovo (ma non è l'America)
La Révolution française - 1989
“odio eterno alla tirannide, amore eterno alla libertà, all'eguaglianza e alla virtù”
Vittorio Amedeo, uno con il codino ma non un nobile refrattario
Vittorio Amedeo, l'ex conte della Motta, tornerà a essere, da uomo di ingegno qual è, quello che era sempre stato, il Senatore e Censore Vittorio Amedeo.
Nel periodo dell'occupazione Francese i nobili si dividono in tre categorie. Quelli refrattari e accanitamente legati alla Monarchia, che rifiutano
ogni collaborazione con il nuovo regime (E molti di loro andranno in esilio o emigreranno per servire negli eserciti della coalizione.
Nel futuro, con la restaurazione della monarchia Carlo Felice avrà da rimproverare
chi fedele non lo era stato, e in particolare non perdonando alla città di Torino un voltafaccia così rapido come avvenne ai tempi della
Rivoluzione).
Un secondo tipo di nobili, moderato, che accetta il compromesso ma che si considera ancora legato all'antica monarchia, e nobili
di questo tipo furono ad esempio Prospero Balbo che diventerà poi rettore dell'Università, e Vittorio Amedeo Didier.
Il terzo tipo di
nobili accetterà senza esitazione il nuovo Governo alleandosi a questo.
Il governo provvisorio Piemontese
Il Governo Provvisorio Piemontese
Con l'armistizio di Cherasco il 28 aprile 1796 Vittorio Amedeo III di Savoia dovette cedere alla Francia Nizza e Savoia, consegnando anche tutte le fortezze, che divennero presidi militari francesi. Il re restava sul trono ma era solo tollerato e inevitabilmente prima o poi avrebbe dovuto lasciarlo, senonché la morte lo colse pochi mesi dopo. Suo figlio Carlo Emanuele IV era considera ambiguo e il direttorio tollererà sempre meno le sue posizioni, sebbene una vera e propria antipatia esplose dopo la campagna di Napoleone in Egitto. Per la verità anche nel breve periodo dell'occupazione Austro-Russa Carlo Emanuele IV non venne tollerato neppure dagli alleati della coalizione, appena lo Zar di Russia lasciò Torino, Carlo Emanuele IV non poté rientravi in quanto non tollerato dagli Austriaci. Il 9 dicembre 1798 a Carlo Emanuele IV ancora in Torino sul trono venne richiesto dai Francesi di onorare il trattato di alleanza contro il regno delle Due Sicilie in guerra contro la repubblica Romana. Il re rifiutò e il Direttorio non perse l'occasione: ordinò al generale Joubert di deporlo. Carlo Emanuele IV contrattò, in cambio di una via di fuga offrì di abdicare. La monarchia venne dichiarata decaduta e venne costituito un governo provvisorio con 15 membri. I ministeri creati furono 5 Interni, Giustizia, Finanze, Lavori Pubblici, e Guerra. Questi furono posti sotto il controllo dell'ex ambasciatore francese divenuto Commissario civile. Rimosse le vecchie Intendenze provinciali, queste furono sostituiti con Direzioni finanziarie poste sotto la sorveglianza di commissari locali. Si introdusse la Guardia Nazionale e altre tipiche istituzioni rivoluzionarie, mentre l'ex esercito del regno venne prontamente integrato in quello francese. I Savoia fuggirono in Sardegna.
Per approfondire vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/repubblica_Piemontese
Barthelemy Joubert
Barthélemy Catherine Joubert nacque a Pont-de-Vaux il 14 aprile 1769 e morì a Novi Ligure il 15 agosto 1799. Generale francese, prese parte, perdendovi la vita, alla battaglia di Novi. Figlio di un avvocato si arruolò a 15 ed ebbe una folgorante carriera, già nel 1792 era tenente, e prese parte alla prima campagna d'Italia, dove venne ferito e fatto prigioniero al Colle di Tenda. Rilasciato, si distinse nel 1794 a Dego, dove era nell' avanguardia del generale Masséna. Per questo venne nominato generale di brigata. Dopo una serie di battaglie e di vittorie arrivò la nomina a comandante in capo dell'Armata d'Olanda, poi dirottato sul reno e infine nuovamente in Italia. In forte contrasto con il Direttorio si dimise nel 1799, ma venne richiamato. Al comando delle forze francesi in Italia sostituì il generale Moreau che tuttavia volle accanto. Gli Austro-Russi lo attaccarono a Novi Ligue il 15 agosto 1799, e Joubert venne colpito dal nemico nelle prime fasi della battagli. Moreau stesso lo sostituì al comando.
Vittorio Amedeo, un collaborazionista a metà con il Governo Rivoluzionario
Non inviso ai rivoluzionari e men che mai ai giacobini, il vecchio cortigiano, soppressi i titoli e gli appellativi nobiliari, sa giostrarsi abbastanza bene con i nuovi padroni, tanto che è chiamato dai Rivoluzionari nel governo dell'Università, come se nulla fosse stato.
Non è un nobile refrattario, c'è da giurare odio alla Monarchia? Parigi val bene una messa, e continuare a gestire l'Università fa parte della sua vita.
E poi anche il Buonarroti, quell'irriducibile giacobino Italiano le manda sonetti in modo anonimo.
Filippo Buonarroti
Filippo Giuseppe Maria Ludovico Buonarroti nacque a Pisa il 11 novembre 1761 e morì a Parigi il 16 settembre 1837. Rivoluzionario e politico italiano naturalizzato francese, è considerato uno tra i più importanti rivoluzionari del primo Ottocento. Discendeva dalla famiglia di Michelagelo Buonarroti. Giacobino quando i giacobini erano un'autorità molto rispettata, fu esponente del primo socialismo
«Si strappino i confini delle proprietà, si riconducano tutti i beni in un unico patrimonio comune, e la patria - unica signora, madre dolcissima per tutti - somministri in misura eguale ai diletti e liberi suoi figli il vitto, l'educazione e il lavoro» (Filippo Buonarroti, Cospirazione per l'uguaglianza, 1828)
redassero con Babeuf l'Atto insurrezionale della Congiura degli Eguali. Scrisse l'Analyse de la doctrine de Babeuf, il testo venne diffuso a Parigi un mese prima circa che la congiura venisse scoperta. I congiurati avevano intenzione di divulgare il più possibile la dottrina egualitaria, nell'intento di dimostrare che la dottrina di Babeuf non era pericolosa, anzi era il logico coronamento dei concetti trattati dagli scrittori illuministi. L'Analyse de la doctrine de Babeuf era un testo sobrio e moderato ma provocò un grande scalpore. Le asserzioni principali fatte dagli Eguali riguardavano la proprietà comune delle terre, la comunità dei lavori, dei beni e quella dei godimenti. Erano altresì menzionate l'organizzazione collettiva dell'esistenza, la necessaria riunione di tutte le ricchezza nella repubblica. Si chiedeva di fare lavorare tutti i cittadini validi, ciascuno secondo le sue capacità e le sue attuali abitudini. Ancora si chiedeva di utilizzare i lavori avvicinando quelli complementari uno all'altro, imprimendo un nuovo indirizzo a quelli risultavano solo il prodotto dell'attuale ingorgo della ricchezza. Si chiedeva inoltre di raccogliere continuamente nei pubblici depositi tutti i prodotti della terra e dell'industria. Il 10 maggio 1796 la congiura venne scoperta. Buonarroti e Babeuf con gli altri rivoluzionari vennero arrestati. L'Alta corte di giustizia di Vendòme, si pronunciò il 25 maggio 1797, condannò a morte Babeuf e Darthé. Buonarroti ed altri sette congiurati vennero condannati alla deportazione a vita.
Jean Victor Moreau
Jean Victor Marie Moreau nacque a Morlaix il 4 febbraio 1763 e morì a Laun il 2 settembre 1813. Generale francese, ottenendo numerose vittorie nel periodo delle guerre della rivoluzione, raggiungendo fama e prestigio tra i generali della repubblica. Napoleone Bonaparte lo ebbe come rivale sia politico che come condottiero, infatti Moreau era considerato un genio militare tra i generali della repubblica. Coinvolto nel 1802 in una congiura contro il Primo console venne arrestato, processato ed esiliato- Al servizio dello zar di Russia Alessandro. Alla battaglia di Dresda, combattendo contro i suoi compatrioti, rimase ferito a morte. Ai tempi della Campagna d'Egitto il Direttorio dovette ricorrere a lui in assenza di Napoleone. Moreau in Italia cercò di fermare l'avvanzata del generale russo Suvarov. Il 22 aprile 1799 venne nominato comandante dell'Armata d'Italia Essendo il Bonaparte impegnato nella Campagna d'Egitto, ma a Cassano d'Adda il 27 aprile 1799 veniva battuto dal Suvorov. Grazie a questa vittoria gli Austro-Russi di Suvorov poterono occupare Milano due giorni dopo. Arretrato sul Ticino si riportò verso Torino, ritardando così il congiungimento con l'armata del generale MacDonald che stava risalendo da Napoli per dargli man forte. Sivarov attaccò MacDonald sul fiume Trebbia sconfiggendolo il 19 giugno. Morea per questo errore tattico venne sostituito nel comando da Jubert il 6 luglio. ma accettò di restare accanto a Joubert
Vittorio Amedeo: quando uno ti vuole male non c'è Rivoluzione che tenga
Solo che qualcuno vuole togliersi un paio di sassolini dalle scarpe, pesa l'astio mai sopito di certe censure all'insegnamento che Vittorio Amedeo aveva posto ai tempi regi ascoltando le lamentele della Chiesa e del Papa.
Così in paga ora viene fatto dichiarare non gradito alla repubblica e se la passa davvero male. Isolato, trattato come un appestato, nelle sue passeggiate per Torino non viene avvicinato da nessuno.
Vittorio Amedeo Didier resta a Torino, continua a portare il codino e si aspetta il ritorno del re.
Gaspare Morardo: Un sostenitore di Vittorio Amedeo Didier
Gaspare Morardo Poligrafo nacque a Oneglia nel 1738 e morì a Torino nel 1817. Religioso dallo spirito libero e tenace è stato una autore poliedrico, polemista aspro. Il suo intento come dimostra il tenore dei suoi scritti è quello di demolire gli edifici dell'ipocrisia e dell'avidità, che ponevano il fondamento antico sulla complicità gerarchica e sul fanatismo del popolo. La sua nuova filosofia, teofilantropica invece si basava sul piano religioso e repubblicano e su quello politico. Autore prolificò alimentò una messe di pubblicazioni alternative, ora in forma di libri ora in articoli. In essi espose il punto di vista di un laico accanito, devoto alla causa annessionistica, inarrestabile nella polemica antipapale, ostinatamente attestato su posizioni di radicale rinnovamento.
Morado era un padre Scolpio con il compito di educare i giovani, ma con la rivoluzione francese si mostrò giacobino fervente. Nel periodo dell'occupazione del Piemonte si distinse per scritti violenti e sempre polemici, sono opere senza unità di pensiero ma che testimoniano i tempi drammatici.
Innocenzo Maurizio Baudisson: una rivalità rivoluzionaria con Vittorio Amedeo Didier
Innocenzo Maurizio Baudisson
Innocenzo Maurizio Baudisson nacque a Torino il 19 novembre 1737 dall'avvocato Bernardino e da Maria Bogino, sorella del ministro. Sacerdote, conseguì la laurea in teologia e la laurea in leggi.
Nominato professore di istituzioni canoniche nell'università di Torino nel 1768 mantenne la cattedra fino al 1793. In quell'anno venne sospeso dall'insegnamento. Baudisson continuò a tenere lezioni nella casa delle Missioni dei Santi Martiri.
Ispirato a un giurisdizionalismo regalista il suo insegnamento era abbastanza in linea con lo stesso giurisdizionalismo che si era andato affermando nell'università di Torino tipico della seconda metà del settecento e che si distingueva dalle correnti più tipicamente filogianseniste. Ebbe qualche amicizia tra i giansenisti piemontesi ma sembra fosse legato alla corrente regalista. Nei suoi scritti ammette l'origine divina del potere sovrano che è inalienabile e imperscrittibili, ad essi aspetta sulla chiesa lo Jus protectionis, ciò il diritto di proteggerla, ponendola in condizione di subordinazione. Sull'autorità e infallibilità pontificia Baudisson segue le opinioni prevalenti nella facoltà teologica torinese, di indistinta equidistanza tra le tendenze gallicane e la tradizione ortodossa. In pratica ne risulterebbe un semi-conciliarismo e semi-antinfallibilismo neppure troppo evidente. Il Papa ha l'autorità giurisdizionale ma deve però rispettare le singole chiese particolari con i loro diritti. Baudisson, sull'assenso o meno da darsi all'insegnamento su quelle materie che sono pertinenti alla fede da parte del potere pontificio, ci parla di un obsequium mentis senza però essere incisivo.
Non stupisce che con il collega Agostino Bono Baudisson venisse rimosso dall'insegnamento il 20 ottobre 1797 con un decreto da Carlo Emanuele IV. I suoi insegnamenti andavano contro quel curialismo di fondo che animerà tutta la politica di questo sovrano. Ma proprio la rimozione dall'insegnamento Universitario, cosa che fu sia per il Baudisson che per il Bono motivo di un profondo astio, servì a entrambi per spalancare le porte alla sua nomina da parte del generale Joubert, come membro di quel governo provvisorio che vide luce in Piemonte il 19 dicembre 1798, stante la fuga della corte da Torino.
Come presidente del governo provvisorio nel gennaio del 1799 essendo l'anniversario della liberazione del Piemonte e quello della decapitazione di Luigi XVI Baudisson si lasciò andare a una esaltazione di questi avvenimenti. Il discorso che ai piedi dell'albero della libertà eretto nella centrale piazza Nazionale, già piazza Castello a Torino, proprio in vista dell'ex palazzo reale, ebbe toni di schietto elogio per il nuovo ordine instaurato. Parlò di una nuova giocosissima luce balenata sulla faccia dei popoli tutti, grazie al rovesciamento dei troni. All'atto della votazione dell'unione del Piemonte alla Francia Baudisson e Bono cercarono di guadagnarsi i consensi dei collegi universitari e quello della nuova Guardia Nazionale, già sospetta di essere invece favorevole al partito dell'unione alla repubblica Cisalpina. Il governo provvisorio venne sciolto dal Musset il 3 aprile 1799, proprio in conseguenza del plebiscito.
Occupato il Piemonte dagli Austro-Russi, Baudisson finì in carcere. Il 15 giugno venne arrestato e rinchiuso nel Collegio dei nobili, poi venne trasferito nel castello di Vigevano. Liberato solo al ritorno dei Francesi il Berthier in data 23 giugno 1800 lo nominò membro della commissione incaricata di provvedere all'amministrazione del Piemonte finché fosse organizzato il suo governo. Il generale Jourdan riformerà poi la commissione di governo, dalla quale Baudisson venne estromesso. Chiamato a far parte della consulta di 30 membri che era stata creata con la commissione, il 24 dicembre venne chiamato a far parte dei 17 membri del consiglio di governo che era stato stabilito presso la commissione esecutiva in luogo della disciolta consulta. Questi organi in vista dell'annessione del Piemonte alla Francia, vennero soppressi. Baudisson su invito del generale Jourdai si recò a Parigi con altri notabili piemontesi per ringraziare Napoleone della decisione di riunire alla Francia il Piemonte. Questi inviati inoltre esposero a Napoleone lo stato dell'amministrazione in Piemonte. Divenuto quest'ultimo la 27ª divisione militare della Francia, Baudisson venne poi eletto membro del Consiglio generale del compartimento del Po essendo il Piemonte diventato la 27a divisione della Francia. Ancora Baudisson venne chiamato il 12 gennaio 1803 a fare parte della commissione straordinaria che Chatbommière aveva istituito al fine di indagare sull'amministrazione dell'ateneo.
Prima che la commissione portasse a termine il suo compito (4 marzo) Baudisson fu, con O. Falletti di Barolo e C. Saluzzo, nominato membro del giurì della Pubblica Istruzione in sostituzione di Giraud, Braida e Botta. Le responsabilità di Baudisson nella costituzione e il suo operato nella Commissione e nel rinnovamento del consiglio della Pubblica Istruzione, del quale Baudisson fu nominato membro in sostituzione di Giraud, Braida e Botta, ricevette le critiche più feroci da parte di Gaspare Morardo che mise in dubbio le sue capacità professionali e colpì anche la sua famiglia. Queste critiche prese con le dovute cautele data la foga del Morardo, non ci paiono del tutto infondate, anche se Baudisson si mostrò abilissimo nel sapere affermasi nel periodo rivoluzionario e napoleonico. Il fatto di essere stato tacciato di Giansenismo di impronta giurisdizionalistica e riformatrice ha una valenza fintanto che Baudisson arrivava a limitare il suo pensiero alla sfera devozionale. Ma travalicata questa e dovendosi pronunciare a riguardo della sfera politica e di quella sociale, quando cioè avrebbe chiamato in causa il governo con eventuali proposte regolatrici il suo pensiero prende decisamente questa seconda direzione.
Per approndire vedi:
di Giuseppe Locorotondo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)
in:Treccani.it
https://www.treccani.it/enciclopedia/innocenzo-maurizio-baudisson_%28Dizionario-Biografico%29/
Section Forty-four
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44....e quello dell'Aquila Imperiale
Jacques-Louis David - kb.dk pic - Public Domain
Bonaparte has an orange cloak, the crispin (cuff) of his gauntlet is embroidered, the horse is piebald, black and white, and the tack is complete and includes a standing martingale. The girth around the horse's belly is a dark faded red. The officer holding a sabre in the background is obscured by the horse's tail. Napoleon's face appears youthful.
Vittorio Amedeo: apprezzato da Napoleone
Napoleone ripesca il vecchio Vittorio Amedeo e lo rimette alla guida dell'Università, facendolo sottorettore.
E chissà cosa avrà pensato l'Imperatore leggendo le note della sua polizia su Vittorio Amedeo.
Rapporto della Polizia Imperiale degli inizi del 1806 Didier è definito
« extrémement agé, faible courtisan d‘une nullité absolue“ (ANF F2 I)...
Con Napoleone, che sarebbe vittima della Cancel Culture per aver reintrodotto la schiavitù,
il Piemonte è annesso alla Francia. E' 1802 quando i cittadini Piemontesi si risvegliano cittadini Francesi.
Nello stesso anno, in Piazza Carlina si piazza la ghigliottina, usata
nel periodo della rivoluzione Francese per ridurre il numero di nobili e monarchici, ma non usata in Piemonte.
In questo modo tra l'entusiasmo del boia ammirato dall'oggetto letale che arriva dalla Francia, adesso in Torino si eseguiranno le pene capitali,
precedentemente fatte in genere per impiccagione.
Arrivata in ritardo in Piemonte, questo strumento
di morte funzionerà fino alla fine dell'Impero, poi con la restaurazione si tornerà alla corda.
Napoleone Bonaparte Imperatore, ovvero Casare senza Waterloo
Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio il 15 agosto 1769 e morì a Longwood nell'Isola di Sant'Elena il 5 maggio 1821. Generale e politico francese fu Imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone I.
Console a vita dopo una brillate ascesa durante la rivoluzione, divenne sovrano assoluto della Francia. Il Senato lo proclamò Imperatore dei francesi il 18 maggio 1804 certificando per suo volere una situazione che era già nei fatti. Napoleone si auto-incoronò imperatore dei francesi e quindi incoronò imperatrice sua moglie Giuseppina di Beauharnais alla presenza del Papa. Nel Duomo di Milano volle essere incoronato re d'Italia il 26 maggio 1805 con una fastosa cerimonia, nella quale fu accompagnato dai suoi più fedeli collaboratori che aveva in Itala e dove disse: "Dio me l'ha data, guai a chi la tocca".
Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Napoleone_Bonaparte
Vittorio Amedeo e Prospero Balbo, innovazione e conservazione nell'Ateneo
Vittorio Amedeo lavora con il rettore, Prospero Balbo, nonostante gli anni e i tremendi acciacchi,
ma i suoi modi sono quelli del vecchio cortigiano, cerca un punto di accordo tra vecchia nobiltà,
che non gli è troppo ostile, i vecchi metodi d'insegnamento e i principi nuovi. Dopotutto la Riforma
di cui era stato il redattore è piaciuta anche a Napoleone.
Prospero Balbo, un rettore politicamente equilibrato
Prospero Balbo
Prospero Balbo, conte di Vinadio (Chieri, 1º luglio 1762 – Torino, 14 marzo 1837), è stato un intellettuale e politico italiano, sindaco di Torino, presidente perpetuo dell'Accademia delle Scienze di Torino, rettore dell'Università di Torino e ministro del regno di Sardegna
Torinese di nascita, prese parte all'Accademia delle Scienze dal 1783, anno della sua fondazione. Nel 1788 ne fu nominato segretario aggiunto e dal 25 novembre 1815 presidente perpetuo.
In qualità di politico, ebbe un ruolo di mediazione tra partito del legittimismo monarchico (conservatore) ed il partito filo-francese (innovatore).
Il 22 febbraio 1789, dopo un trascorso nella giunta comunale, divenne sindaco di Torino e si sposò con Enrichetta Tapparelli d'Azeglio (Torino 4 aprile 1772-marzo 1792) di appena diciassette anni. Da lei ebbe tre figli: il primo fu Cesare Balbo (21 novembre 1789), futuro primo ministro del regno di Sardegna, poi Ferdinando (27 gennaio 1791) e Paolina (4 marzo 1792).
Nel 1796, per volere di Vittorio Amedeo III, partì alla volta di Parigi in qualità di ambasciatore, mentre nel 1805 per volere di Napoleone fu nominato rettore dell'Università, ma con l'avvento della restaurazione, nel 1814 fu allontanato dalle cariche.
Fu richiamato da Vittorio Emanuele I con l'obiettivo di sistemare le finanze e nel 1819 fu ministro della Pubblica Istruzione, mentre tra il 1820 ed il 1821 fu ministro degli Interni, ma a seguito della bozza di costituzione che presentò al re l'11 marzo 1821 divenne nemico di Carlo Felice chiudendo così la sua carriera politica.
Morì nel 1837.
Per una biografia completa vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Prospero_Balbo
Vittorio Amedeo, cosa avrebbe pensato della "Buona Scuola"?
La così detta Buona Scuola di oggi, in Italia, che noi chiameremmo la Cattiva Scuola, una scuola classista e concepita
per i ricchi, forse piacerebbe al nostro Vittorio Amedeo perché se era pur vero che un sentimento generalizzato
tendeva all'istruzione per tutti, era altrettanto vero che la scuola restava una cosa per ricchi.
Ai tempi di Vittorio Amedeo la conquista del diritto allo studio da parte di tutti è al di là da venire
e il governo Napoleonico alla fine ha posto le basi per una scuola abbastanza classista. Con il nuovo sistema introdotto da Napoleone, le scuole elementari (scuole popolari) erano di competenza dei comuni locali.
Napoleone aveva relativamente scarso interesse per questo livello d'istruzione e non era veramente impegnato nell'istruzione di massa che sarebbe risultata da un sistema educativo nazionale.
Di conseguenza, le scuole religiose hanno dovuto condividere gran parte della responsabilità dell'istruzione elementare.
L'istruzione secondaria, tuttavia, costituisce l'istruzione di base per i futuri dirigenti della nazione, non solo per i membri dell'amministrazione e dell'esercito;
da qui il massimo interesse da parte di Napoleone.
Lo Stato deve interessarsi ai programmi presentati e il controllo sarebbe più facile se si istituisse un sistema di scuole secondarie sotto la direzione di un'autorità centrale.
Molte di queste scuole secondarie saranno istituite per iniziativa privata, anche impiegatizia, ma tutte devono essere sotto il controllo statale.
Rivolta ad alunni di età compresa tra 10 e 16 anni, devono dare un livello d'istruzione progettato per offrire agli studenti i livelli d'istruzione più elevati.
Un discorso simile a quello attuale. Un tempo, nel secondo dopoguerra, si arriverà a dire che lo studio è
per tutti e quindi la massa può studiare, non solo chi se lo può permettere. E questa è stata una conquista.
Fino a quando ai tempi di oggi con l'apprendistato si
toglie ai giovani tempo e l'unica possibilità che avranno nella vita di imparare delle
nozioni.
E quali materie studiare? Il Latino è importante e va studiato. Come il Greco, la Filosofia.
Passata l'euforia dell'istruzione di massa e del diritto allo studio la solita classe politica immatura ha preso a dire:
"Che senso ha studiare
il Latino?"
"Bisogna apprendere alla svelta un mestiere che quello serve nella vita." Per gli studenti gli anni da dedicare alle materie,
tempo prezioso per imparare, è stato sostituito per molti da quella vera decurtazione del sapere e della conoscenza come è l'apprendistato.
E i poveri insegnati? Ma si trasformiamoli in burocrati.
Per Vittorio Amedeo gli studenti devono studiare, conoscere il Latino, la scuola è un momento importante che non centra con il lavoro e l'occupazione futura,
deve essere il tempo in cui si assorbono le nozioni.
Naturalmente per Vittorio Amedeo l'istruzione non è di massa ma selettiva. Questo perché l'insegnamento è da impartirsi non su testi scritti, quindi lezioni tenute a voce non
permettono una grossa affluenza di alunni. E' un insegnamento che si accosta all'idea greca del ginnasio.
L'importanza dell'apprendimento non attraverso un testo scritto ma direttamente dal docente.
La figura dell'insegnante è quindi primaria e le nozioni che trasmette oralmente sono come una fonte
che sgorga pura alla quale lo studente deve abbeverarsi. Poco importa se questo deve comportare
un certo controllo dello Stato. Quelli erano i tempi dell'Assolutismo.
Niente DAD ai tempi di Vittorio Amedeo
Non esisteva la DAD, ma se fosse esistita sarebbe stata fortemente criticata da Vittorio Amedeo.
L'insegnamento dovrebbe essere svolto oralmente, in presenza. E se non è possibile per forza maggiore, la scuola si chiude.
Vittorio Amedeo: morte di un Cittadino francese che era italianissimo
Vittorio Amedeo muore da cittadino francese, dopo molte sofferenze, ma lavorando fino all'ultimo nella sua amata Università.
Il Jurnal de Paris gli dedica un trafiletto necrologio in prima pagina, la Nazione ringrazia il suo Cittadino.
Come era la Torino Rivoluzionaria e poi Imperiale?
Torino orfana della corte può sembrare come un lume spento perché
la corte fagocitava tutta l'attenzione su di sé fornendo i ritmi e le cerimonie
che ne scandivano il tempo. Era poi molto difficile nascondere la nostalgia
per l'andirivieni di aristocratici, letterati, ospiti stranieri, che avevano animato i suoi salotti, e che
nonostante l'entusiasmo dei Rivoluzionari non poteva che
ripetersi in un tono infinitamente minore.
E' questa Torino una città di soldati francesi che l'hanno
occupata e si stringono nella Cittadella, insolenti verso le vecchie istituzioni monarchiche, come insolenti
e arroganti sono i generali francesi che si susseguono nelle regge dei Savoia.
E i Torinesi? I nobili e gli aristocratici legati all'ancien regime parlano
poco e sono fortemente depressi. In pochi anni hanno visto la dissoluzione
del loro mondo, non solo quello fatto di privilegi ma anche dei loro riti
legati alla corte. Adesso tentano in sordina di contare ancora qualcosa.
La città nel complesso può apparire a qualche viaggiatore sporca e negletta, perché
la mancanza della corte Sabauda portava ad averne meno cura, ma non per questo
era meno viva.
Da parte dell'occupante francese Torino è una ormai pacifica ex capitale che
si appresta a diventare capoluogo dei una lontana provincia dell'Impero
Napoleonico.
Nel 1798 un plebiscito orientato dagli occupanti francesi ne sancì l'annessione alla Francia.
Il consiglio decurionale comunale fu sciolto e sostituito da una municipalità francese,
molte vie e piazze cambiarono nome, e venne introdotto l'uso dell'appellativo cittadino:
«... si aboliscono generalmente tutti i titoli, divise e distinzioni di nobiltà, si userà il solo titolo di cittadino...
Secondo gli ordini espressi il 19 messidoro dell'anno VIII della repubblica, l'articolo III»
Nel 1801 Ignazio Laugier è designato maire di Torino, sarà il primo a ricoprire questa carica mutuata dall'ordinamento Rivoluzionario
Francese. Il francese è diventata la lingua ufficiale, le vie vengono chiamate con nomi legati agli occupanti Francesi. Abbiamo quindi Rue del l'Arcole
che poi è via V. S. Francesco da Paola, Rue des Maçons già via Corte d'Appello, rur de la Cour Impériale già Palazzo reale,
o Place de la liberté che è Piazza Carlina, in quest'ultima i Francesi piazzano la ghigliottina.
Era una Torino senza lavoro o con un lavoro piuttosto ridotto da dove la popolazione andava altrove, la corte Sabauda
infatti fino ad allora aveva avuto un effetto trainante.
La popolazione diminuirà. Nel 1814 la città contava 65.548 abitanti contro gli 80.752 del 1799.
Ma Torino non può andare oltre i palazzi e le chiese che
l'avevano rappresentata con la dinastia Sabauda. Non subisce alcuna metamorfosi
né intellettuale né architettonica. Poche le opere nuove, segnatamente la sostituzione
del vecchio ponte di legno a 5 arcate della Porta del Po, 150 metri poderosi. Ecco quindi ancora comparire
il Palazzo reale e il suo contorno fatto di isole, come venivano chiamati i quartieri,
di edifici sacri e profani, di teatri e botteghe. Una città animata e tutt'altro
che morta anche se declassata e dipendente dal fulcro dell'Impero, cioè Parigi.
Una città ricca di biblioteche, con botteghe di artisti e qualche banchiere fortunato che
per i visitatori mette in mostra qualche sua collezione. E' il mondo della
borghesia che preme sui residui della nobiltà che vorrebbe ancora influenzare la vita sociale.
E poi la corte Sabauda non era stata sostituita
da quella del principe Camillo Borghese che si era portato a Palazzo Chiablese?
Anche questa aveva i suoi fasti.
Napoleone a cui la sorte non arrideva più, viene sconfitto in Russia poi a Lipsia,
Camillo Borghese il 27 aprite 1814 firmare a malincuore una convenzione, deve sgomberare subito i presidi francesi dalla città.
Le truppe austriache entrano l'8 maggio in una Torino liberata dai francesi tornati a casa rapidamente. La città sembra
sbigottita e vuota. Il 20 maggio 1814, il nuovo re Vittorio Emanuele I di Savoia si fa vedere ai Torinesi con un ingresso trionfale, e,
attraversando , ironia della sorte, il nuovo Ponte sul Po costruito dai francesi con i prigionieri spagnoli.
E il ponte viene immediatamente battezzato col nome del re.
L'epoca Napoleonica si chiudeva lasciando molte delusioni.